Antonio Biafora e “Hyle”: in Sila, natura e cucina che incantano

Sull’altopiano calabrese, in mezzo a boschi secolari, in una natura strepitosa intorno al comune di San Giovanni in Fiore, da non perdere un passaggio nel sorprendente ristorante-resort del giovane chef che conosce tutti i segreti degli ingredienti di tradizione locale e i loro sorprendenti accoppiamenti “contemporanei”

L’elegante interior dell’Hyle Restaurant
(foto Eugenio Avallone)

di Filippo Tronca

Licuordia di baccalà, stroncatura e verza. Tortello d’agnello, anguilla affumicata, arancia amara e ananzu selvatico. Animella di podolica, melanzana al sesamo e aglio. Quaglia, kombutcha di cipolla, salsa alla cacciatora e cicoria selvatica. La sacra ‘nduja che incontra nel suo riverbero affumicato la tostatura di un chicco di caffè, ad esaltare la delicata carne di faraona.

Si illumina di un senso nuovo, il termine, cibo per la mente, davanti ad uno dei tanti piatti, recenti o già d’antologia, creati dal giovane chef calabrese Antonio Biafora. Questo perché ad essere una festa per i cinque sensi, è anche il comprenderne con l’intelletto l’arte dell’accostamento e la sua segreta grammatica, l’incontro sorprendente di ingredienti della tradizione locale e, se necessario, da lontani meridiani. A dimostrare che come la storia, anche la cucina è sempre contemporanea, per dirla alla Benedetto Croce.

La spettacolare cantina dell’Hyle
(foto Eugenio Avallone)

E questa fucina di creatività è possibile che avvenga anche a San Giovanni in Fiore in Calabria, dal glorioso passato e che guarda al futuro dall’alto dei suoi mille metri, arroccato sul Monte Difesa, tra le foreste di argenteo pino laricio, abeti bianchi e faggi secolari, nel cuore del Parco nazionale della Sila, dove l’Appennino si incunea e degrada con lentezza tra il mar Tirreno e lo Jonio. Terra verde e superba, dove fondò la sua abbazia Gioacchino da Fiore, che visse nella fede dell’avvento di un’Età dello Spirito Santo, dove a regnare sarebbe stata la fratellanza, la pace e la contemplazione della verità e della bellezza.

E a modo suo, spirituale ed utopica può essere senza retorica definita l’idea di cucina che ispira ed appassiona Antonio Biafora, offerta nel suo nuovo locale “Hyle”, in Località Torre Garga, lungo la statale 107 Silana Crotonese, quattro lettere che celano un mondo, assieme al ristorante “Tavola 23” evoluzione del Biafora Restaurant e poi Resort e Spa, storica attività di famiglia capitanata dal padre Giuseppe, a sua volta evoluzione della piccola trattoria di nonno Antonio e nonna Serafina.

L’approccio alla professione – spiega lo chef – è avvenuto relativamente tardi, ma ho sempre dato una mano nell’attività di famiglia, visto che tra i fornelli e la reception ci sono nato. Frequentata l’università e dopo la laurea in Scienze turistiche, il mio obiettivo era quello di fare il direttore di albergo. Ma mio nonno mi ha fatto comprendere che ‘prima di comandare bisogna saper fare’, che occorre rimboccarsi le maniche, partire dal livello più basso, dalle mansioni più umili dell’azienda che hai l’ambizione di guidare. Ed è quello che ho fatto, scoprendo cammin facendo che tra le tante vite possibili, quella che mi doveva toccare in sorte, era quella della cucina”.

Tutt’intorno al ristorante di Biafora,
un tripudio di natura incontaminata
(foto Eugenio Avallone)

Sapeva del resto il fatto suo, nonno Antonio, emigrato di ritorno, che nella sua San Giovanni in Fiore decise di aprire un punto ristoro dove i principali avventori erano gli operai impegnati nel sanare le devastazioni lasciate nei paesi della Sila dalla seconda Guerra mondiale. Offrendo a chilometro zero, ben prima che questo termine diventasse un cliché, i conigli allevati nel recinto a un tiro di schioppo dal locale, presi da nonna Serafina all’occorrenza, conservando il sangue per preparare il condimento della pasta fatta in casa. Come pure dal pollaio arrivavano le uova ancora calde di covata, utilizzate per leggendarie frittate. E dall’orto tutte le verdure e le conserve.

La grande sfida del nipote Antonio Biafora, è quella di mantenere quello spirito che gli scorre nel sangue, ma in forma nuova, creativa, aperta al futuro. Il piatto di Biafora, oramai alla plancia di comando del ristorante del resort, che ha dato l’abbrivio ad un nuovo ciclo, sono stati gli gnocchetti al limone, serviti con fonduta di caprino, funghi porcini e guanciale croccante.

Antonio Biafora (foto Eugenio Avallone)

La cucina cambia con me, la vivo come una continua evoluzione. Questo piatto oggi non lo rifarei, come anche il più recente, che per me domani è già il passato. Ma effettivamente ha rappresentato una svolta, l’inizio di un percorso. Da quando l’ho servito a tavola, i nostri tradizionali clienti hanno cominciato a guardarci in modo diverso. Avevamo dimostrato che in Sila si poteva fare qualcosa di nuovo rispetto alla classica pasta con i funghi e l’antipasto con salumi e formaggi. Utilizzando le nostre stesse materie prime, ma osando tecniche e accostamenti pensati non per stupire, ma perché capaci di offrire nuove esperienze e nuove emozioni a tavolai”.

Il percorso prosegue a smentire in buona parte le intemerate del grande filosofo della cucina Tullio Gregory, contro l’eccesso della creatività e i “cuochi fatui”; a difesa della tradizione e di un forse illusorio iperuranio identitario. Possiamo solo immaginare, perciò, la sorpresa dei medesimi ed affezionati avventori, allorquando lo chef Biafora ha proposto una sua interpretazione del ramen giapponese: fumante brodo di maiale, noodles di grano saraceno, uovo di quaglia in camicia, cipolla di Tropea e olio di nocciole. Piatto che per il locale di Biafora è valso lo scherzoso appellativo di “calabro-giapponese”.

Due piatti forti di Antonio Biafora:
Patate e porro; Acquerello caprino,

ginepro e polvere di porcini
(foto Eugenio Avallone)

Eppure, spiega Antonio: “la scelta di proporre questo piatto, non nasce certo da una infatuazione esotica fine a se stessa. Della cultura giapponese ammiro il rispetto che ha delle materie prime, le tecniche raffinatissime utilizzate per trasformarle. E in fondo il brodo il maiale, alla base del ramen, non è poi diverso da quello che mia nonna preparava già mezzo secolo fa…. Ma lo metteva in una ciotola di coccio, e non di legno come in Giappone. I noodles che utilizziamo, altro non sono che la nostra pasta ammassata di acqua e farina”.

“Innovazione che si sposa con la tradizione!”, esclama a questo punto il cronista. Ma Biafora è attraversato, intuiamo, da un brivido alla schiena. “E’ una supercazzola, diciamoci la verità: secondo me non esiste né la tradizione, né l’innovazione. Quello che oggi è nuovo, tra due anni sarà vecchio. Quello che un tempo è stata una innovazione, ora lo consideriamo tradizione. Non esiste un prima e dopo Cristo nella cucina. Ci siamo solo noi, che facciamo un percorso, qui ed ora, e ci può toccare in sorte di inventare la tradizione del futuro”.

Ed è questo, in sintesi, l’obiettivo che si prefigge Biafora nel suo nuovo ristorante, aperto, ironia della sorte, un mese prima dell’esplosione della pandemia di coronavirus, e subito chiuso per via del lockdown generalizzato. Hyle è il suo nome: parola greca elevata a dignità filosofica con particolare efficacia da Aristotele, a significare la materia prima informe e originaria, che permane nei mutamenti a cui tutti gli esseri tendono, per realizzare ciò che erano già in potenza. Il seme che diventa fiore, l’argilla che diventa statua, la farina che diventa pane. Il nome che i primi coloni greci diedero alla Sila coperta di foreste, perchè hyle letteralmente significa “selva”, “legna”, “legname” e i pini e la loro pece erano per loro materia prima preziosa. Da qui la lisca di pesce incisa sui tronchi per ricavare la pece liquida, utile per tener stagne le costruzioni navali e per molti altri impieghi.

Alcuni fornitori del ristorante “Hyle”
(foto Marco Varoli)

Quella lisca, non a caso è l’emblema del ristorante. In epoca latina, questa terra per la stessa ragione fu chiamata Silva, foresta, da cui l’attuale Sila. “Hyle è nato per un’esigenza tecnica – spiega Biafora -: la mia cucina stava diventando sempre più complessa, più di testa che di pancia, non adatta per un ristorante a servizio del resort. Così abbiamo deciso di diversificare: il ristorante del resort è diventato un bistrot di montagna, chiamato ‘Tavolo 23’, con uno stile di cucina più familiare che attribuisce però assoluta importanza alla qualità della materia prima. Esattamente la stessa che viene utilizzata in Hyle, ma con una lettura più contemporanea e con maggiore libertà di sperimentare. Di fatto due ristoranti, ma con una brigata unica che deve ogni giorno dividersi per interpretare in modo diverso gli stessi ingredienti. Tutto ciò, comporta un grande sforzo organizzativo, tenuto conto che in estate partecipiamo anche a molti eventi”.

Un locale avvolgente, Hyle, nel senso letterale de termine, ed intimo, con solo quattro tavoli. “Lo spazio è stato concepito per abbattere le barriera tradizionale tra sala e cucina: gli altri tre chef ed io prepariamo il piatto davanti ai clienti, per renderli partecipi almeno dell’ultima fase, quella della finitura. Viene poi illustrato, con dovizia di particolari, dalla tecnica adottata, agli ingredienti che lo compongono”. Altra barriera che viene abbattuta, è quella tra lo chef e il fornitore… In nome della filiera corta, e il fatto che sia ora un termine usurato, è da accogliere positivamente, perché significa che il rapporto stretto tra consumatore e produttore è una buona pratica che si sta pian piano affermando.

La “pesca” della superlativa trota silana
(foto Eugenio Avallone)

L’unico modo che abbiamo per essere credibili e sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico, è quello di rifornirsi di materie prime dal nostro territorio – conferma lo chef -. Nella mia cucina sarebbe folle, del resto, rinunciare agli straordinari formaggi della Sila. Che senso avrebbe farseli arrivare da altre regioni? Per la stessa ragione, l’azienda agricola di San Giovanni in Fiore dei signori Franco e Marianna, ci rifornisce tutti i volatili che entrano nel nostro menu: galline, quaglie, piccioni e faraone che vivono in spazi molto ampi e nel massimo benessere possibile, nutriti con gli scarti vegetali dello stesso orto da cui provengono le nostre verdure nate da semi autoctoni conservati e seminati ogni anno senza nessun utilizzo di sostanze chimiche. Le trote, le prendiamo nella vicina azienda Conte, la stessa che riforniva mio nonno. Pesci, caso forse unico, che riescono a sviluppare uno strato di grasso, importante per i piatti che realizziamo. C’è poi l’azienda agricola La Sorgente, gestita da tre fratelli, che ci garantisce fragole di straordinaria qualità, il cui sapore unico dipende dalle forti escursioni termiche”.

Tra le recenti letture preferite di Antonio Biafora c’è “Il perfezionista. Vita e morte di un grande chef”, dove Rudolph Chelminski racconta la storia di Bernard Loiseau, uno dei più celebri cuochi francesi, detentore delle ambitissime Tre stelle sulla Guida Michelin, morto suicida, forse perché vittima del demone della ricerca della perfezione sempre un passo più in là, che doveva correre nel mondo nevrotico e competitivo dell’haute cuisine. Un mondo lontano, rispetto a quello ben più a misura d’uomo in cui ha deciso di rimanere a vivere e lavorare Antonio Biafora. 

La Sila è casa mia, la mia terra. Provo un amore viscerale per i luoghi e le persone. Per me sarebbe inimmaginabile non poter andare a prendere le verdure da Franco e Marianna, dovermi separare dagli amici di sempre. Certo, fare impresa in un paese sulla Sila, è più complicato, raccolgo senz’altro meno di quello che potrei fare in altre parti del mondo. Ma che senso avrebbe andarsene, emigrare? Per me ha senso essere qui. Lungi dal voler atteggiarmi ad eroe e salvatore. Ma sento dentro di me una missione: dimostrare nel mio piccolo, e nella mia professione, che esiste una Calabria che sa far tesoro delle infinite ricchezze che ha, una Calabria molto diversa da quella che viene solitamente raccontata”.

“Hyle” – Località Torre Garga – Strada Statale 107 Silana Crotonese – 87055 San Giovanni in Fiore CS – Tel.0984 970722

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