TONY BENNETT: LA VOCE CHE NON TRAMONTA

E’ originario di Podargoni, provincia di Reggio Calabria (nome vero Anthony Dominic Benedetto) il cantante novantaquattrenne, re dei “crooner”, popolarissimo negli Usa almeno quanto Dean Martin e Frank Sinatra che lo ritenne superiore a lui…

di Roberto Messina

Tony Bennett nel concerto al Chumash Casino Resort di Santa Ynez, California.
(foto Dwight McCann-Creative Commons)

“…Mio padre veniva dalla Calabria, da Podargoni, in provincia di Reggio Calabria. E’ morto che avevo 10 anni. Si diceva che cantasse dalla cima di un monte, riempiendo con la voce la valle sottostante. E’ stato un uomo straordinario. Devo a lui, se ho intrapreso la carriera di cantante…”.

Così Tony Bennett, “la voce che non tramonta mai”, una vita a New York, e tra gli artisti più seguiti al mondo, che negli ultimi ann,i richiamato dalle proprie radici, ha varcato più volte l’Oceano per esibirsi in Italia. Però, triste a dirsi, non è ancora stato nella terra natale dei genitori, la sua\nostra Calabria (Podargoni è un piccolo centro aspromontano ad una trentina di chilometri da Reggio Calabria, ai piedi del Monte Marrapà, sulla sponda sinistra del fiume Gallico) per quello che per lui – come ci ha dichiarato qualche tempo fa -: “rimane un sogno: ripercorrere un giorno le orme dei miei, il paese del sangue che è pure quello dei sogni.”  

Una delle ultime sue tappe italiane è stata l’incredibile, magica, emozionante e trionfale serata, all’Arena Santa Giuliana di Perugia (noi presenti, era il 2010, per realizzare questa esclusiva intervista) ad Umbria Jazz, dove poi è tornato ad esibirsi nel 2013 assieme a Lady Gaga) entusiasmando ed ammaliando un’immensa folla con la sua voce sinuosa e robusta lanciata negli standard di Judy Garland, Barbra Streisand, Ella Fitzgerald, reinterpretati con immensa classe, forza e pas­sione.

Tony Bennett con Lady Gaga
(foto di Marcen27, Wikimedia Commons)

Ora che il mondo dei concerti dal vivo sembra un vago, sbiadito e lontano ricordo, ci sembra bello e importante ricordare le suggestioni, l’entusiasmo, l’empatia di quella sera: la meravigliosa voce di Bennett e la musica che sussurrano alle orecchie e caricano il cuore; le sue movenze eleganti e il suo danzare armonioso a calamitare gli sguardi e riempire la scena; l’ondeggiare della folla in collettiva e reattiva vibrazione “simpatica” al ritmo del jazz; il fragore caldo e generoso degli applausi, come per una scarica di elettricità liberatoria.

E con ciò, bello riportare ai lettori di Calabria Mundi quanto allora rivelatoci dal grande Bennett in persona, in margine al concerto perugino, io di fronte a lui sprofondato su una poltrona del magnifico hotel Brufani, con aria sorniona da uomo di mondo. Parlando delle sue origini, il celebre vocalist mi ha inaspettatamente detto così: “Mi piace dichiararmi apertamente italiano. E calabrese. Mi disturba l’immagine stereotipa dell’Italia e di regioni come Calabria e Sicilia. Allo scrittore Mario Puzo, incontrato in aereo, ho rimproverato di aver diffuso solo i loro aspetti negativi: Sicilia e Calabria non sono solo il ‘Padrino’. Non si dimenticano secoli di civiltà, cui dovremmo invece riferirci nel nostro tempo di simboli infranti… Sono grato alla regione d’origine, e mi ritengo ‘Benedetto’ di nome e di fatto. Quando dipingo, mi firmo appunto ‘Benedetto’. Ho dipinto a Firenze, a Taormina. Il calore e il senso d’amicizia che trovo qui, è proprio qualcosa di speciale, che non provo e non trovo in nessun posto”.

Tony Bennett con Stevie Wonder
(foto di Pete Souza, Wikimedia Commons)

Le donne, non gli uomini, mi hanno insegnato a cantare – ha proseguito -. Hanno una naturale predisposizione alla lirica. Mia madre e le zie cantavano in casa, come nella migliore tradizione del Mezzogiorno. C’era anche mio fratello John, che ha avuto un buon successo”.

Bennett ha alle spalle una folgorante carriera. Oltre 50 milioni di dischi venduti nel mondo. Due dischi d’oro. 20 Grammy Awards. E riconoscimenti d’ogni tipo. La sua, è una voce davvero inconfondibile, che è al tempo stesso fascino, melodia, virtuosismo. Ma soprattutto sentimento, partecipazione: le doti tipiche del “crooner”, il cosiddetto “cantante confidenziale”. Netta è infatti, per lui, la preferenza per “canzoni che sollevano lo spirito più che prostrarlo”. Forse perché la sua vita non è stata facile, almeno da giovane emigrante in cerca di un posto al sole nel Nuovo Mondo.

Tony Bennett (all’anagrafe “Anthony Dominick Benedetto”) è figlio di John Benedetto, un droghiere emigrato ad Astona Queens (NY), dove è nato nel 1926, e di Anna Suraci. E’ cresciuto dedicandosi al canto ed alla pittura, sua seconda passione (Rizzoli ha pubblicato “45 anni di paesaggi di Tony Bennett”).

Fu un mio professore di Manhattan – racconta – a spingermi alla musica. Nel 1949, dopo aver intrattenuto per tre anni le truppe americane in Germania, dopo un’audizione al ‘Greenwhich Village Inn’, Bob Hope mi invitò a cantare al ‘Paramount Theatre’: fu lui a ribattezzarmi Tony Bennett. L’anno seguente, con ‘Boulevard of broken dreams’, ebbe inizio la mia avventura, che grazie a Dio prosegue ininterrotta…

Copertine di album di Tony Bennett

Bennett ha colto il successo internazionale nel ‘62 con “I left my heart in San Francisco”, con due “Grammy”: disco dell’anno e miglior pezzo solista. Ecco, quindi, gli straordinari longplayng “The art of excellence”, con i classici della musica pop americana; “Bennett/Berlin”, vero testamento della carriera; l’appassionatissimo “Forty years: the artistry of Tony Bennett”: 87 brani in cronologia storica, su cui hanno influito nomi leggendari. Oltre Sinatra (che ha sempre considerato Bennett il suo cantante preferito e nutrito per lui un’ammirazione sconfinata): la Fitzgerald, Astaire e la Garland. Poi Tony commemora gli amici Sinatra ed Astaire con: “Perfectly Frank” e “Steppin’Out” (“Grammy” nel ‘92 e ’93).

“Duets II” è invece lo strepitoso album del 2011 con la Columbia Records, per l’ottantacinquesimo compleanno di Bennett. E’ il seguito dell’album del 2006 “Duets: An American Classic” e vince il Grammy Award for Best Traditional Pop Vocal Album nel 2012. A dialogare con il grande crooner, in duetti indimenticabili, tra gli altri: Lady Gaga, John Mayer, Amy Winehouse, Michael Bublè, Aretha Franklin, Norah Jones, Natalie Cole, Andrea Bocelli, Mariah Carey…

Vincitore come detto di vari Grammy Awards (di cui uno, alla carriera, nel 2001) e di 2 Emmy Awards, l’asso canoro oriundo calabrese è stato nominato NEA Jazz Master, ed è entrato a far parte del Kennedy Center Honors; nel ‘96 à “Italo-americano dell’anno” in presenza del Presidente Bill Clinton a Washington: un onore riservato a pochi, e giusto, perché oltre al cantante eccezionale, in Tony si riconoscono ricca umanità e proverbiale generosità (“frutto senz’altro della sua chiara origine meridionale italiana…” – scrivono i biografi).

Un’opera pittorica di Bennett ambientata in Toscana

Oltre che cantante, Bennett è anche un pittore intenso e appassionato (firma le sue opere come Anthony Benedetto, col su cognome di famiglia) che si è interessato all’arte sin da piccolo. Ha esposto i suoi lavori con successo nelle gallerie del mondo. Tre suoi dipinti fanno parte delle collezioni permanenti dei Musei Smithsonian di Washington, incluso il ritratto del suo amico Duke Ellington.

Poi è presente al Butler Institute of Art di Youngstown, al National Art Club di Manhattan e al Mariners Museum di Newport. Studente d’arte alla School of Industrials Arts di New York, ha continuato con studi privati e con insegnanti, sviluppando una sua tecnica e poetica particolari. Tra i molti proprietari di “Benedettos” sedotti dalla sua arte: Lady Gaga, Bill Clinton, Cary Grant, Frank Sinatra, Robert De Niro, e l’artista Robert Rauschenberg suo estimatore.

Oltre l’arte, Bennett ha dedicato tempo, passione, cuore e risorse alle questioni umanitarie, a cominciare dalla lotta contro la discriminazione razziale. Ha raccolto milioni di dollari per nobili cause, a cominciare dalla “Juvenile Diabetes Foundation” che ha istituito un fondo di ricerca a suo nome..

Il 2 giugno 2018, la città di San Francisco ha onorato Tony Bennett e il suo immenso e noto amore per la metropoli californiana (“I left my heart in San Francisco”, recita appunto la sua nota canzone) con una celebrazione speciale, l’intitolazione di una strada: l’insegna di “Tony Bennett Way” è stata così svelata all’interno dell’isolato 900 di Mason Street. Nel 2016, la stessa strada aveva accolto una statua di Bennett per il suo 90° compleanno.

All rights reserved (Riproduzione vietata) Foto in copertina, Tom Beetz – Creative Commons