Raffaella Murdolo, da Cosenza in Oman per amore della musica

Manager della programmazione artistica e Educational della Royal Opera House, lo spettacolare centro culturale di Muscat, vanta un curriculum d’eccezione

Raffaella Murdolo nel
Teatro della Royal Opera House
di Muscat, Oman

Da sette anni trasferita con pieno entusiasmo e grandi soddisfazioni a Muscat, l’affascinante capitale del sultanato dell’Oman, Raffaella Murdolo, calabrese di Cosenza, è lì impegnata nel prestigioso e rilevante ruolo di “Artistic Programming Manager e Education and Community Outreach Manager” della “Royal Opera House”. Più noto con l’acronimo “Rohm”, è il celebre performing art center del quartiere Shaati Al-Qurm, costruito tra il 2007 e il 2011 su ordine del sultano Qaboos e del suo fervido ed ammirevole progetto di sviluppo culturale, artistico, e poi anche turistico, del Paese, con una lungimiranza “illuminata” apprezzata a livello globale.

È un enorme edificio di architettura araba moderna, con una capacità di circa 1.100 posti, ufficialmente inaugurato il 12 ottobre 2011 con una produzione della “Turandot”, l’incompiuta di Puccini con Plácido Domingo nelle (sempre meno rare) vesti di direttore d’orchestra. Il complesso, davvero magnifico, è costituito dal Teatro per i concerti, cui si affiancano l’auditorium, i giardini paesaggistici, il mercato culturale con negozi al dettaglio, e poi ristoranti di lusso e un centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche.

Qui Raffaella Murdolo ha quel che si dice un gran da fare, ricoprendo una mansione importante e anche “rara” in quanto donna occidentale e manager culturale ai vertici organizzativi di un’istituzione del mondo arabo. Diplomata in Pianoforte e in Musica vocale da Camera con il massimo dei voti al Conservatorio “S. Giacomantonio” di Cosenza, laureata al Dams, indirizzo Musica, all’Unical, ha frequentato nel 2008 il Master in Management per lo Spettacolo organizzato dalla SDA Bocconi School of Management in collaborazione con Accademia Teatro alla Scala e Piccolo Teatro di Milano.

Ma non sono solo musica, opera e canto, comunque, le sue passioni. C’è anche il buon cibo e la sua storia con le sue molteplici funzioni “vitali, identitarie e psico-sociali”, come lei stessa ama sottolineare. Nel 2021 frequenta, non a caso, il corso di scrittura gastronomica dell’Italian Food Accademy di Milano, con l’obiettivo dichiarato di scriverne, di indagare e raccontare quanto “sta intorno” al cibo, ciò che rende l’alimentazione imprescindibile ed esplicativo vettore e connettore fra culture, e specchio identitario dei popoli. Frequenta, quindi, e si perfeziona anche in questo, i corsi di scrittura della Scuola “Holden” di Torino e della “Belleville” di Milano.

Dal 2009 inizia a collaborare con fondazioni liriche sinfoniche, teatri di tradizione e festival, tra cui “Arena” di Verona, “Pergolesi Spontini” di Jesi, “Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo”, “Teatro Grande” di Brescia di cui è stata Segretario Artistico dal 2014 al 2016. Per il suo corposo curriculum viene regolarmente invitata nelle giurie di concorsi lirici internazionali e tiene corsi sul Management dello spettacolo per Università e Istituti di Alta Formazione.

Lo spettacolare Maidan della
Royal Opera House, il performing art center del quartiere

Shaati Al-Qurm di Muscat

Abbiamo incontrato Raffaella Murdolo nella “sua” Cosenza, il tempo breve di un thè allo storico “Renzelli”. Nei suoi occhi vispi e intelligenti, notiamo una punta di nostalgia. E anche nella sua voce c’è il riflesso e la gioiosa luce di chi riassapora il clima e l’ambiente natìo, ma con la cifra stilistica e l’eloquio sintetico e reattivo di chi è purtroppo di passaggio veloce. Dopo una sosta a Roma, infatti, è già prossima la sua ripartenza per la Penisola e per la capitale affacciata sul mar Arabico nel Golfo di Oman. Rinviamo, perciò, il nostro approfondimento. Ma intanto, ecco un suo primo profilo\ritratto abbastanza chiarificatore.

Prima richiesta scontata: un riassunto della tua carriera e dello “sbarco” in Oman…

“Lo studio del pianoforte e della musica sono stati decisivi, hanno indirizzato la mia formazione e il mio percorso professionale su una strada, per così dire, già tracciata: Conservatorio, Università e Master. Poi è venuta l’opportunità di collaborare con le Fondazioni liriche italiane e nel complesso quanto seducente mondo del Teatro. Nel 2011 ho iniziato a lavorare per l’ufficio Produzione della Fondazione Arena di Verona nella gestione degli artisti ospiti del Festival, in dialogo diretto con la Direzione Artistica. Lì ho conosciuto Umberto Fanni, già Direttore Artistico della Fondazione Arena, con il quale è nato un importante rapporto lavorativo che mi ha permesso di conoscere e rapportarmi con altre realtà e nuovi progetti, in primis con il Teatro Grande di Brescia e la Festa dell’Opera. Nel 2016 Fanni è stato nominato Direttore Generale della Royal Opera di Muscat, e pochi mesi dopo la sua nomina mi ha proposto l’incarico che occupo oggi: ‘Artistic Programming Manager’. Non posso negare che tuttavia, dire di sì non è stato facile, nonostante la proposta attrattiva e lusinghiera. L’Oman per me era all’epoca un Paese sconosciuto e lontano, non solo geograficamente, ma anche per una certa idea, appunto, di ‘distanza’ che l’occidente ha, e ci trasmette, del mondo arabo. A quasi sette anni, posso invece confermare decisamente che l’Oman e l’opportunità di lavorarci hanno costituito per me uno ‘sliding doors’, il momento topico della mia vita professionale e personale. Sono perciò felicissima della scelta fatta, che riconfermo, appunto, e alla quale sono decisamente grata”.

La Royal Opera House, un grande progetto impostosi a livello mondiale per la sua brillantezza, concretezza e “apertura”. Ha fatto conoscere al pubblico omanita la ricchezza dell’Opera italiana e non solo. E comunque è stata, ed è, una “sfida” non scontata. A riguardo, tutto liscio, o ci sono state difficoltà in questo percorso di sostanziale innovazione, e diciamo, di “contaminazione”?

“La sfida maggiore è stata riuscire a parlare il linguaggio comune del Teatro come elemento di unificazione e di crescita sociale. Non ci si pensa abbastanza, ma in occidente si parla spesso di Teatro come entertainment, come spazio in cui poter vivere un’esperienza piacevole, allietante, divertente, per lo più di svago. Per l’attività della Royal Opera House il Teatro è socialità, luogo di scambio e incontro culturale, di crescita e impegno sociale della comunità. Il programma di ‘omanizzazione’, cioè di progressivo inserimento degli omaniti nelle dinamiche quotidiane teatrali mediante training, è ora tra le rappresentazioni più evidenti di come una ‘sfida’ possa diventare fonte di stimolo e soddisfazione. Tra gli stessi miei colleghi che qui hanno intrapreso un percorso di formazione da iniziali estranei al mondo e alla prassi del Teatro, oggi ci sono validi collaboratori con cui confrontarsi e lavorare. Sentire parlare in maniera semplice e corrente di opera, di balletto, di interpreti, di direttori, essere consapevoli di aver generato una coscienza critica e aver diffuso il gusto musicale anche per le arie d’opera canticchiate in giro, vedere il pubblico commosso e rapito per ‘La Traviata’, oppure che ride sonoramente alle farse di Rossini, è il risultato di un percorso che si è effettivamente concretizzato. Per noi, la migliore soddisfazione possibile”.

Durante l’intervista a Cosenza

Il tuo incarico permette un’osservazione privilegiata sul mondo culturale, e diciamo, sull’immaginario collettivo omanita. Com’è evoluto grazie alla Royal Opera House, e quali nuove prospettive di relationships intravedi con le eccellenze italiane del settore?

“La presenza e la partecipazione attiva degli omaniti alle attività del Teatro è in continua crescita. In quasi tutte le produzioni della Royal Opera House, sono presenti artisti nel ruolo di comparse, ed è attivo un progetto di collaborazione con l’Opera Choir Group che prevede l’inserimento dei coristi omaniti nelle formazioni corali delle produzioni ospiti, come ad esempio il Teatro Carlo Felice di Genova, la Camerata Musicale di Parma, la Fondazione Arena di Verona. Ciò ha determinato una vicinanza con la tradizione corale italiana, che è fra le più importanti al mondo. Ovviamente, il periodo di formazione non è finito. Siamo in ‘corso d’opera’, mi verrebbe da dire… ma i risultati ad oggi sono già sorprendenti ed emozionanti. Tra occidentali si fa un gran parlare di Diplomazia Culturale, senza avere ben chiaro in cosa poi si possa concretizzare realmente. L’incontro tra diverse culture che condividono lo stesso spazio scenico e che nel tempo del Teatro abbattono le barriere socioculturali, credo costituisca il fattore rilevante. La Royal Opera House, ha inoltre un’importante e densa attività ‘Education e Outreach’ con l’obiettivo di realizzare progetti formativi per scuole e famiglie e, contestualmente, formare, avvicinare e sensibilizzare la comunità locale in primis, e la comunità tutta. Dopo i due lunghi e silenziosi anni di pandemia, la Royal Opera House presenta ora di nuovo una proposta ampia che comprende Opera, Balletto, Concerti, World Music, oltre la presenza di star e spettacoli del mondo arabo. Un cartellone fra i più prestigiosi e dinamici nel panorama internazionale. Poi ci sono gli ‘Open House’ in cui il Teatro si apre completamente ad attività per bambini e famiglie, con incontri e concerti dedicati alla formazione del pubblico quale spettatore attivo, con la promozione del Teatro come luogo di tutti e per tutti”.

In giro per l’Italia e per il mondo… Ma la Calabria resta casa tua.

“Assolutamente. E decisamente. E non solo per la famiglia, gli amici, gli affetti. Anche per molto altro: il cibo, il clima, la luce mediterranea, la mia formazione scolastica ed umana, il mio ‘radicamento’.”

Una cosa che modificheresti della regione?

“Difficile dirlo dall’estero, e troppo complesso per ridurlo in poche battute. Comunque, da un lato la oggettiva distanza dal ‘core business’ del Paese non consente ancora alla regione di avere un flusso continuo di scambi, contaminazione e interazioni. La logistica e il funzionamento delle infrastrutture, poi, non sono incoraggianti. Probabilmente questa è una delle ragioni per cui è più facile restare chiusi nella propria expertise e che allo stesso tempo ci sia una tendenza all’esterofilia molto forte, in cui spesso le professionalità estere si supportano anche a  discapito dei ‘figli naturali’. Sono invece tanti i musicisti e i cantanti d’opera calabresi che hanno raggiunto un importante livello di carriera internazionale e che sono per lo più ignorati in regione. Ecco, diciamo che l’auspicio è quello di poter osservare un processo di apertura che porti ad una maggiore consapevolezza nelle scelte”.

Parliamo un po’ dell’Oman. Si narra di una qualità della vita sorprendente…

“E’ uno degli stati arabi più aperti ed emancipati in termini di sicurezza e serenità. E c’è una natura stupefacente. Mare, montagne, deserto. Chi viene in Oman lascia il cuore.”

Non sei sola donna, qui, come si potrebbe erroneamente pensare, a ricoprire posti di lavori apicali.

“Esatto! Ce ne sono tantissime. E di tutte le nazionalità, omanite comprese, perfettamente integrate, considerate, rispettate e impegnate nel Governo, nel management e nei più vari settori dello sviluppo.”

Incontri “speciali”?

“Tantissimi. Placido Domingo, Valery Gergiev, Myung-Whun Chung, Roberto Alagna, Vittorio Grigolo, Zucchero, Chick Corea… E molti altri.”

Quello che non puoi dimenticare?

“Fra i tanti, ho avuto il grande privilegio di aver conosciuto Sonja Frisell, regista e storica assistente di Jean-Pierre Ponnelle.  Grande energia e amore per il Teatro che restano contagiosi a distanza di anni.”

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Foto di copertina, Claudio Mazzei – Foto, Archivio Raffaella Murdolo