Michele Sangineto e l’arte liutaria di Leonardo

Originario di Albidona (Cs), con i suoi eccezionali strumenti ha dato vita alle idee musicali del genio di Vinci. I più grandi interpreti mondiali di musica celtica, come Alan Stivell e Derek Bell, hanno suonato le sue arpe e salteri

di Maurizio Lupis

Michele Sangineto nel suo studio a Monza
(foto Alessandro Erbetta)

 

Michele Sangineto, un grande della liuteria e non solo, nasce ad Albidona, in provincia di Cosenza, nel 1944. In giovane età consegue il diploma di Maestro d’arte a Castrovillari, con specializzazione in Ebanisteria. Nel 1973 gli viene offerto l’insegnamento all’Istituto Statale d’Arte di Monza, oggi liceo artistico “Nanni Valentini”, dove sarà docente di Ebanisteria e Laboratorio del linguaggio logico, per ben 36 anni. Con il passare del tempo si specializza nella costruzione di strumenti musicali della tradizione europea, acquisendo sempre maggiore riconoscimento internazionale: arpe celtiche, bardiche, arpe viggianesi, salteri a pizzico, a percussione e ad arco, vielle, organi portativi e altri strumenti tratti da dipinti, affreschi e schizzi di grandi maestri del Rinascimento.

Celebri sono gli strumenti da lui realizzati sui disegni di Leonardo da Vinci contenuti nel Codice Atlantico e nel II Codice di Madrid (da cui ha tratto la “piva a vento continuo”, l’organo di carta, la viola organist e altro ancora), mentre la lira da braccio è stata presa dalla descrizione del Vasari (“….strumento bizzarro a forma di teschio di cavallo, in parte in argento che suona a maggior tuba…”). Diverse sue opere sono state esposte in prestigiose mostre e luoghi importanti come il Royal College of Music di Londra, il Louvre di Parigi, la Galleria degli Uffizi, e poi a Vigo, Bruges, Brandenburgo.

Le sue arpe e i suoi salteri sono stati suonati e apprezzati da alcuni tra i più grandi interpreti mondiali di musica celtica, come Alan Stivell e Derek Bell. Nel 2000 con la moglie Paola e i due figli Caterina e Adriano, ha fondato il quartetto “Ensemble Sangineto”. Dal 1988 al 1991 ha organizzato a Monza quattro edizioni di “Suoni di antichi strumenti”, un festival musicale della tradizione medievale e popolare, cui hanno partecipato arpisti del calibro di Nicanor Zabaleta.

In abito d’epoca come
Leonardo Da Vinci
(foto Adriano Sangineto)

Nella sua casa-laboratorio a Monza, ospita una collezione di strumenti musicali della tradizione europea, e qui abbiamo avuto l’opportunità di intervistare questo straordinario esponente della liuteria italiana, un anno dopo averlo conosciuto in una delle sue straordinarie mostre nella “nostra” Catanzaro, dedicata ai cinque strumenti disegnati da Leonardo. Universalmente conosciuto come uno dei più grandi geni della storia, con la sua insaziabile curiosità e la sua passione per la conoscenza, il grande toscano, com’è noto, ha anticipato tante scoperte e invenzioni che hanno segnato l’evoluzione dell’umanità. Ma vien da chiedersi, chi era veramente l’uomo che stava dietro a questi capolavori artistici e a queste invenzioni rivoluzionarie? In questa intervista, cercheremo di approfondire il quesito, indagando la figura di questo grande personaggio ed esplorandone la vita, le opere e il pensiero, per comprendere meglio il suo straordinario contributo alla storia dell’arte e della scienza. Ciò, attraverso l’esperienza e la conoscenza specifiche di Michele Sangineto.

Cominciamo, maestro. Al di là del mito, rimane l’immagine di Leonardo uomo libero, che ha dedicato il suo ingegno ad una “vana” ricerca: svelare i misteri dell’universo. Qual è la cosa che più La attrae della sua imponente e leggendaria figura?

“Sono stato attratto da queste sue potenzialità, in quanto la sua comunicazione scrittografica per alcuni versi è rimasta indecifrabile, e i suoi disegni non sono per niente esplicativi. Ad esempio, su una pagina che oggi si trova nella Biblioteca Nazionale di Madrid (cd. Codice di Madrid) sono impressi strumenti musicali che solo una persona di esperienza può ‘decifrare’. Allora mi sono detto: beh, se Leonardo li ha disegnati, significa che questi strumenti potevano suonare. Ed è infatti molto probabile che venissero suonati in quell’epoca. Leonardo non aveva inventato questi strumenti, ma vi ha apportato modifiche, dandovi dignità, rendendoli esteticamente belli e interessanti, ma soprattutto funzionali”.

Strumenti disegnati da Leonardo
e arpa popolare (foto Paolo Sacchi)

A costruire il clavicordo è stato Lei, e da Giorgione ha poi tratto la claviarpa: la forma è quella di un’arpa, ma con la tastiera. Il Suo laboratorio è una macchina del tempo piena di strumenti di oltre 500 anni fa. Sappiamo che nella musica e nell’arte in genere, gli uomini si sono ispirati a qualcosa, oppure a qualcuno. C’è mai stata una musa ispiratrice nei Suoi lavori?

Gli strumenti sono ibridi. Ho apportato modifiche agli strumenti come l’arpa e il salterio. Agli strumenti disegnati da Leonardo, ho dato la volumetria giusta, perché potessero suonare. Leonardo non ha costruito la viola organista, ne ha solo disegnato il meccanismo. La cassa armonica per lui era una cosa scontata, sono stato io a doverla rendere funzionante”.

Possiamo dunque dire, che Lei è stato negli anni l’unico a realizzare ciò che Leonardo aveva soltanto disegnato nei suoi famosi appunti?

La cosa sorprendente e che incuriosisce, è che questi miei strumenti suonino, nonostante siano dei prototipi, e questo mi riempie di gioia perché la fatica che ho fatto ha sortito qualcosa di buono. Ciò che mi dà soddisfazione, è per così dire, e mi si permetta di dire così, aver dato ulteriore ‘credibilità’ a Leonardo”.

Molte opere di Leonardo sono rimaste incompiute, perché il suo genio trovava sempre qualcos’altro cui dedicarsi… Cosa pensa di questa sua particolare caratteristica, che lo portava sovente ad interrompere la sua verve creativa per percorrere altri orizzonti?

“Secondo gli studiosi Leonardo non era mai soddisfatto di ciò che faceva. D’altronde, ogni bravo artista cerca sempre di migliorarsi. Accade anche nell’uomo comune, che cerca di portare innovazioni in ciò che fa. Leonardo, con la sua genialità, andava al di là, avendo la consapevolezza che quanto aveva fatto potesse essere presto superato. Insomma, per lui niente era mai abbastanza”.

Riportiamo l’attenzione su quei cinque straordinari strumenti che Leonardo ha messo su carta in quegli anni, e sui quali Lei ha lavorato. Quando ha deciso di intraprendere questo percorso difficile e impegnativo? Quale è stata la scintilla che l’ha portato a impegnarsi per dare vita a dei disegni così complicati?

“Ho iniziato con Piero di Cosimo, pittore fiorentino coevo di Leonardo. In uno dei suoi quadri, il ‘Perseo libera Andromeda’ ho visto la rappresentazione di due strumenti musicali, che esistono ancora oggi. Il disegno preparatorio di questi strumenti era di Leonardo, che li conosceva e che ha dato loro un’espressione pittorica e poetica, rendendoli esteticamente più belli.  Ha abbellito uno strumento con un collo di cigno che si torce dietro per mordersi la coda, a simboleggiare la continuità della vita secondo la mistica medievale. Nell’altro, ha unito due strumenti in un solo impianto, un flautino a tre buchi e un tamburin a corde, definito così dai francesi, e da noi invece chiamato ’buttafuoco’, formato da una cassa armonica a corde che vengono percosse per battere il tempo ed intonare la danza”.

La mostra di Sangineto
a Catanzaro nei saloni dell’ex Stac

Passiamo ora all’artista Sangineto visto da vicino, alla parte biografica ed emotiva. Chi era da bambino?

“Un ragazzo che viveva in un paesello dell’alto Ionio dove settant’anni fa non c’erano grandi aspettative, ma dove la vita, come in tutti i piccoli paesi, era ricca di affetti e di socialità, e ci si conosceva tutti. Ho vissuto in una famiglia che sentiva forte il desiderio di riscatto, la voglia di farci studiare e acquisire conoscenze per entrare nel mondo del lavoro e costruire un futuro migliore. Posso dire una famiglia eccezionale. Mio padre era il factotum del paese, sapeva fare un po’ di tutto: barbiere, orefice, mugnaio… e suonava anche la chitarra, e si accompagnava al canto durante le cerimonie nuziali. Mia madre era una donna molto energica, brava in cucina, sapeva leggere e scrivere e cucire a macchina, cosa non comune per quei tempi”.

Quando ha capito di avere questa grande passione per la musica ed in particolar modo per gli strumenti musicali?

“Non conosco la musica, ho smentito la teoria secondo la quale bisogna saper suonare per poter costruire degli strumenti… Ha prevalso il desiderio del bello, creare emozioni per me e gli altri. Avevo iniziato a dipingere e a scolpire, e come mio padre, mi piaceva cimentarmi in varie cose”.

Ma è proprio quello che ha fatto, ciò che desiderava fare nella vita? O ha scoperto questa passione nel corso degli anni?

Ho iniziato a costruire non perché fossero strumenti musicali, ma semplicemente oggetti che avrebbero in seguito occupato spazi in un modo diverso da quello che io avevo codificato nella mia mente. Quello che mi ha maggiormente attratto, è stato il loro aspetto, la loro morfologia. Ciò che ha reso entusiasmanti le mie creazioni, è poi stato scoprire che qualcuno li potesse suonare. Ecco perché oggi la mia risposta è: sì, probabilmente avrei fatto questo nella vita”.

All rights reserved (Riproduzione riservata) – Foto di copertina e in apertura, Alessandro Erbetta; a seguire, foto di Adriano Sangineto, Paolo Sacchi