21 Dic “La Seranissima”, scommessa di un’agricoltura virtuosa e benefica
Tra le meravigliose colline, le terrazze e i “calanchi” attorno a Babolato (Cz), un’azienda-modello fortemente ispirata, e al tempo “non convenzionale”, per prodotti biologici di grande qualità. Un “sogno” materializzato, che può fare da esempio e traino per molti…
di Roberto Messina
C’è una storia che merita proprio di essere raccontata, in alto sulle colline argillose e le terrazze sabbiose di Badolato, tra i “calanchi” dello ionio catanzarese, in mezzo ad ulivi, vigneti e querceti secolari, in un tripudio di macchia mediterranea e di aranceti, mandorli, meli, peri e ogni altro ben di Dio.
In queste terre baciate dal sole e ricche di acque sorgive, in un microclima unico, paradiso della biodiversità, e ora, finalmente, anche del “biologico” vero e proprio, e di un’ agricoltura “non convenzionale” e tradizionale oltre che “consapevole”, ci lavora con insolita passione ed entusiasmo, una giovane coppia di belle speranze: Andrea Caminiti, badolatese di ritorno, figlio d’arte come vedremo, e la sua compagna Elisa, invece nordica, veneziana pura, con avi nientemeno impegnati nella storica produzione del pregevole vetro di Murano, un’eccellenza italiana e un unicum.
Si sono conosciuti a Roma per gli studi universitari alla facoltà di Cooperazione e sviluppo, e poi per una serie di esperienze lavorative nel settore. Concluso il percorso formativo, è maturata per loro la possibilità (oltre che la “necessità”) di avviare un progetto di cooperazione e sviluppo in Calabria, anziché nelle classiche mete “globali” in cui in genere operano le Organizzazioni non governative, le cosiddette in acronimo ONG.
La realtà locale, Badolato e l’area del medio Ionio calabrese, è in fondo assimilabile a quella di vari Sud del mondo, in cui mancano lavoro e prospettive, segnati dal grande esodo dei giovani, dallo spopolamento dei borghi e delle campagne, e varie altre doglianze…
Ma questo bel paese, con la sua affacciata spettacolare e il fitto agglomerato di case appoggiate e intersecate una sull’altra a formare un complesso reticolato di vicoli, a volte tanto stretti da consentire il passaggio di una sola persona, si è ultimamente ritagliato un suo specifico ruolo di meta culturale che ha attratto artisti, registi, attori, fotografi da ogni parte d’Italia, diventati suoi abitanti, con diversi che vi dimorano non solo per le vacanze, In particolare un gran successo sono state le varie edizioni del Festival “Tarantella Power” che ha fatto esibire qui grandi musicisti da ogni dove e concentrato sul borgo l’attenzione di migliaia di persone.
Le risorse non mancano. Clima, mare, campagna e soprattutto montagna poco o nulla antropizzati, coi magnifici borghi storici per tanto tempo lasciati in disparte ma carichi di grande fascino, le aree agricole fortunatamente ancora non massicciamente ed intensivamente sfruttate, sono la base da cui ripartire. Nello specifico, il patrimonio olivicolo esistente, sembra la risorsa da cui cominciare, perché più facilmente ottimizzabile.
Gli oliveti, sono qui coltura dominante, ma ancora incredibilmente non si riesce a trarne il giusto valore: l’olio prodotto, ha in genere un valore di mercato appena sufficiente a coprire i costi di produzione, questa è la condizione diffusa, tranne qualche rara eccezione.
La Calabria si porta dietro una pessima reputazione sulla qualità dell’olio di oliva, e ciò per ragioni storiche, con la gran parte di sua produzione per molto tempo destinata al cosiddetto “olio lampante” proveniente per lo più dalla Piana di Gioia Tauro. Accanto a ciò, pratiche produttive errate protrattesi fino ad oggi, col risultato di un olio talvolta non propriamente extravergine…
Ma gli alberi secolari ed i nuovi impianti di varietà autoctone e non, che punteggiano il paesaggio in quella meraviglia per l’occhio che è il repentino incontro tra mare e montagna, qui davvero di una bellezza e suggestione rare, potrebbero e dovrebbero dare invece luogo ad un prodotto di elevatissima qualità, tra l’altro facilmente ottenibile con l’adozione di migliori pratiche colturali, di raccolta e molitura.
Nella testa dei due giovani, nasce così l’idea del “Consorzio etico di agricoltori della Calabria ionica – Terra è Libertà”: un’iniziativa che si concretizza e si spinge avanti con l’intento di guidare un processo di sviluppo sulla scia della sostenibilità ambientale, oltre che dell’etica del lavoro e di un’agricoltura “non convenzionale”, o meglio naturale, non massiva, non intensiva, secondo tempi, cicli e orologio circadiani in armonia con quelli della terra, delle stagioni, della luce solare e delle fasi lunari.
Per i due, viene così presto l’atteso momento di “sporcarsi le mani” (di terra). La famiglia di Andrea, ha origini contadine, e dal papà Turi (tra i più vivaci animatori della vita culturale del paese, tra l’altro “inventore” della rassegna “Badolato Borgo Cinema” e poi di “Ciak si beve”) ha ereditato pure una precisa sua intellettualità e una decisa predisposizione alla “visionarietà” creativa e innovativa; e può comunque contare su una vasta porzione di terra che il nonno è riuscito a comprare con le “rimesse” da emigrante e la dura pratica contadina che ha fatto crescere rigogliosi e splendidi uliveti. Un’altra porzione, viene acquistata con l’aiuto delle famiglie, veneziana e calabrese, che credono nel progetto dei loro rampolli.
Nasce così l’Azienda agricola “Seranissima” (un gioco di parole, tra “Serano” la località dell’uliveto in cui insiste, e dove mettono casa e radici, e la “Serenissima Repubblica di Venezia” per le origini di Elisa). Più che un’azienda, si tratta della concretizzazione plastica di una scelta di vita, basata, come si accennava, su un modello di produzione neo-contadino, volto alla soddisfazione dei bisogni ed alla produzione diversificata di quanto più la terra riesce a dare: non solo olive, dunque, ma anche frutta, ortaggi, legname, pascoli (avicoli vari: conigli, capre e pecore; mucche e cavalli) e apicoltura. E’ poi, anche la loro dimora. E pure il parco giochi dei bimbi.
L’impresa è certificata in regime di agricoltura biologica, ma le pratiche sono più propriamente agro-ecologiche: basate, cioè, su un approccio che dalla tradizione contadina confluisce in varie pratiche sperimentali. Attualmente, per dirne una, si sta tentando (con ottimi risultati) di creare un sistema sinergico in cui oltre al lavoro umano, anche gli animali “partecipano” al suo funzionamento: le capre pascolano negli impervi margini, mantenendo pulite le zone in cui l’agricoltura, la semina e la raccolta non sarebbero possibili, ma in cui è necessario non ci sia vegetazione secca che in estate può costituire pericolo per la propagazione di incendi.
L’alternativa vorrebbe dire molte giornate di decespugliatore, con emissioni comunque inquinanti. O, ancora peggio, l’impiego di diserbanti. E’ su questo c’è un “niet” totale e ineludibile. Assai meglio, allora, “erbicidi naturali” come bovini, caprini, equini e ruminanti, lasciati in giro a fare uno splendido “lavoro”, e che sembrano tanto felici e appassionati nel farlo
Pecore, mucche e cavalli, pascolano così per gran parte dell’anno assolutamente liberi nell’uliveto che è naturalmente protetto e chiuso a valle, “assolvendo” precisamente, e quasi con l’obbedienza e la disciplina di un contingente militare, ai compiti di gestione dell’inerbimento e alla concimazione.
Ciò determina lo scarso utilizzo di trattori e simili nel coltivato, con gran beneficio del suolo e dell’ambiente circostante. Nella “Seranissima”, inoltre, non viene utilizzata alcuna sostanza di sintesi per la difesa fitosanitaria, e ne è garanzia non tanto la certificazione di azienda biologica, quanto il fatto che nell’uliveto, Elisa e Andrea ci vivono con i loro figli in tenera età, e ai loro figli ovviamente tengono… E poi, il fatto che le api che qui allevano con altrettanto amore, non sopravviverebbero se non ci fossero condizioni ottimali per il loro nutrimento e sviluppo.
Un giro nell’azienda equivale ad un ripasso di botanica e zoologia. Orto con mille varietà. Idem il frutteto. Le varie fasi di trattamento delle olive, di trasformazione dei prodotti della terra in confetture e conserve di gusto strepitoso e chiara salubrità. E poi, l’incontro “dal vivo” con gli animali, che stupisce, meraviglia, rasserena. Si dice, giustamente, che il loro “benessere” cozza con le loro condizioni di cattività. E che più sono liberi, meglio crescono, e meglio danno indietro agli umani quello di cui gli umani hanno bisogno: carne, latte, uova, proteine, vitamine, grassi buoni, zuccheri naturali, oltre naturalmente a quello che possono prendere dalla terra e dai suoi frutti.
Fateci un salto, allora, per constatare e rimanere stupefatti, oltre che dalle piante e dall’ambiente, dalla bellezza di capre e pecore in evidente gran salute, felici di scorrazzare mane e sera tra dirupi scoscesi e sentieri nascosti. Per assistere al “galoppo” della mucca pezzata “Atena”: bella, forte, agilissima, giovanilmente scatenata, e dallo sguardo dolce e sereno come in un cartone animato di Heidi. E così, galline e galli di razze varie: tondi, colorati, allegramente svolazzanti. E conigli dal pelo lucido e folto come un pelouche. Insomma, s’è capito, un quadretto da eden, un giardino delle meraviglie dove tutto, anche l’acqua (grazie a varie sorgive locali) è “nature”.
Il prodotto di punta, è comunque l’olio. L’extra vergine “Krysama”, derivato dalla spremitura di cultivar autoctone come “Carolea” e “Tonda” di Gerace, oltre le siciliane “Biancolilla”, “Nocellara” del Belice, “Nocellara Etnea” e “Nocellara Messinese”, e la toscana “Frantoio”. Sono varietà dal profilo organolettico molto particolare, che ben si integrano anche sul piano agronomico, in quanto si “aiutano” a vicenda mediante l’impollinazione incrociata.
Le varietà siciliane, stanno facendo molto parlare di loro, spesso sul podio nei premi nazionali ed internazionali. Il Frantoio e la Carolea sono componenti essenziali di oli Igp, Igt e Doc e dalle indiscusse peculiarità organolettiche. Una menzione particolare, merita la cultivar “Tonda” di Gerace, che oltre a risultare geneticamente distante da ogni altra varietà italiana, è presente in un areale di ridottissime dimensioni, e nell’azienda compone un patrimonio di numerosi alberi secolari. La peculiarità dell’olio prodotto da questa varietà, è la delicata armoniosità dei sentori erbacei, di mandorla e carciofo.
Nell’espletare raccolta e molitura, l’azienda di attiene a rigorosi principi essenziali (e anche qui, se non un “ripasso”, è una lezione di agricoltura e trasformazione). Per cominciare, i tempi: terminare la raccolta al principio dell’invaiatura, per ottenere un olio carico delle fenoliche che sono la base indiscussa della qualità. Il metodo: utilizzo di scuotitori da ramo, che permettono di ottenere frutti non danneggiati, in modo da non far scaturire processi ossidativi prima della molitura. Molitura entro pochissime ore in un frantoio di ultima tecnologia, che garantisce estrazione a freddo senza apporto di acqua in fase di gramolatura. Poi, nessuna filtrazione, solo decantaggio. E conservazione in cisterne di acciaio inox colmate di azoto, per garantire l’assenza di processi ossidativi.
La consistenza olivicola dell’azienda è di tre appezzamenti, per un totale di circa 15 ettari, posti rispettivamente a circa 100, 200, e 350 metri sul livello del mare, su terreno sabbioso-misto e terrazze intervallate da boschi e macchia mediterranea. Alberi secolari sono alternati a quelli di impianto ventennale. L’olio che ne esce, è un capolavoro. Provare per credere…
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