05 Dic “La rosa di Stilo”, di Antonino Fontana
Dopo “Cane crudo” lo scrittore reggino presenta per Lastarìa edizioni un riuscito “noir” con una catena di omicidi inspiegabili nei territori della ‘ndrangheta, sulle trame oscure che portano all’esistenza di un virus doppio, dalla potenza micidiale…
di Angelo Cotronei
La Locride è terra bellissima, ma funestata da lunghe guerre tra cosche rivali. E “quella non è una zona qualunque”, tanto per chi muore, quanto per chi indaga. Lo sa bene il vice questore Celeste Iarìa, che all’indomani del ritrovamento del corpo di una donna dalla pelle olivastra, finita in mille pezzi sotto un cavalcavia, si ritrova a dover far luce sull’accaduto. E mentre qualcuno ipotizza un tragico incidente, un dettaglio attira subito il fiuto investigativo della protagonista: la donna aveva il tatuaggio di un teschio dentro una rosa, un disegno non casuale, ritrovato anni prima su un cadavere che fece molto discutere, perché al centro di un’oscura trama tra crimine e scienziati col pallino di esperimenti estremi.
Non ci sarebbe così tanta fretta di risolvere il caso, se non fosse per il fatto che poco tempo dopo i cadaveri diventano quattro, tra cui quello di un boss, trovato su un treno, protagonista della guerra tra famiglie che ha infiammato le terre calabresi e non solo fino a un anno prima. Sul treno che incrocia quello “maledetto” del boss, viaggiano il signor Tommaso Campanella, un anziano che torna a Stilo e che ha poco da perdere e molto da raccontare e ascoltare; e il dottor Rocco Sabinis, un rosicoltore con una missione delicata. A mettere sul giusto binario Iarìa e la sua squadra, è la soffiata: “Capsule gialle e blu…”, forse in possesso del boss ucciso, o tra le mani di gente che ha ben pochi scrupoli a servirsene per i propri progetti folli…
E’ un romanzo dal ritmo incalzante, questo ultimo di Antonino Fontana, che vi terrà sulle spine (nel senso più letterale del termine) e che, pagina dopo pagina, vi farà affezionare ad una protagonista totalmente fuori dalle convenzioni. Reggino, architetto prima a Milano e poi a Vienna, Fontana presto abbandona l’attività per dedicarsi alla propria libera ricerca artistica sulla natura e le sue rappresentazioni. Unus vestrum me traditurus est (Allemandi & C.) è uno dei risultati del linguaggio cognitivo universale di quel suo “periodo ermeneutico”.
Fontana ha vissuto in cento luoghi diversi, reali e letterari, negli ultimi anni è tornato a Reggio Calabria e oltre a scrivere si è specializzato nella progettazione di costruzioni d’acciaio. “Cane crudo” (Robin Edizioni, Torino, 2015) è il suo romanzo d’esordio. Da un anno vive e lavora a Roma e oltre a scrivere si occupa del refitting d’imbarcazioni da diporto.