Flavio Mancuso: la moda sostenibile, un presente con le radici nel passato…

Il pensiero e l’opera attiva di uno dei più apprezzati storici e creativi d’Italia, originario di Catanzaro, una vita da studioso, collezionista, mentor a Firenze con i marchi migliori del mondo

Flavio Mancuso

Nasce storico dell’arte e della moda, ma da creativo e designer ha subito e decisamente privilegiato il “vintage”, attratto dalla ricchezza e dalle potenziali numerose “vite” di abiti e accessori. Alla produzione massiva e delocalizzata di capi che generano impatti negativi sull’ambiente e sull’etica del lavoro, ha consapevolmente contrapposto ben altra “filosofia”. Flavio Mancuso crede, infatti, fortemente nel valore storico culturale e antropologico dei capi raccolti, e nell’importanza degli archivi per rendere fruibile una (la sua) incredibile collezione, e poterla trasformare accessibile fisicamente e virtualmente. È per questo che si è specializzato proprio in “Archivi della moda” nella più importante Fondazione italiana del settore, con la convinzione che: “la moda come l’arte, risulta oggi il primo segnale di libertà ed evoluzione culturale e sociale. A vari livelli estetici e qualitativi, è infatti ed effettivamente accessibile a tutti”.

Nato a Catanzaro, dove ha fatto gli studi classici e ben assorbito il genius loci, per lui la passione per l’arte, la storia e la moda sono stati un vaticinio, un segno inequivocabile, un solco tracciato. Giovanissimo ha iniziato a studiare e raccogliere testi e materiali su questi affascinanti argomenti, poi si è trasferito in Toscana dove si è prontamente laureato all’Università di Siena in Arte Contemporanea, approfondendo il tema della moda come espressione artistica per eccellenza, e cimentandosi in una tesi non casuale, dedicata ad un grande designer suo corregionale: Gianni Versace…

Stretch couture,
collection sostenibile
di Flavio Mancuso
in banda elastica riciclata

Ha iniziato a collaborare a Firenze e a Milano con Istituti di formazione universitaria e post-laurea, presentandosi di fatto come uno dei primi studiosi della moda contemporanea concepita come forma d’arte accessibile e “totale”. Non accontentandosi, poi, della sola teoria del “farsi” moda, ha deciso di passare decisamente alla “pratica”, e dopo un Master in Comunicazione, Marketing e Pubblicità nel capoluogo toscano, è approdato con giuste ambizioni nel settore calzaturiero, dove si è espresso al meglio come direttore creativo e marketing di varie aziende, non tralasciando il suo citato impegno nel reperimento e catalogazione di capi storici della moda e del costume, anche come “mood board” ispiratore della sua professione.

Nella pratica del design della calzatura e nella “teoria di vita”, Flavio considera suo maestro e guida spirituale, il più grande creatore di calzature di alta gamma di tutti i tempi, Pierre Yantourny, di cui diremo successivamente, e a cui ha dedicato approfonditi e inediti studi, con una grande e sorprendente riscoperta. La sua carriera conta oltre 20 anni di direzione di uno storico marchio fiorentino, con l’impegno deciso e incontenibile nel “traghettarlo” nel mondo sostenibile, impiegando nella produzione componenti vegani e a basso impatto ambientale. Una vera novità.

Contestualmente ha affiancato un’importante start-up della moda e del gioiello, in prima linea attivo nella ricerca materica, poi è tornato alla calzatura con la direzione creativa di una linea sostenibile e vegana, e vari altri significativi ed apprezzati progetti del genere. Al momento, tra le altre sua attività, il mentoring, la guida entusiasta di giovani imprenditori e imprenditrici che si occupano di sostenibilità.

Il progetto archivio della moda. È nato per due ragioni sostanziali. La prima, la passione per la moda, gli abiti storici e lo studio di come questi possano “prendere vita” su chi li indossa. A tal proposito, Flavio ama catturare gesti, comportamenti, sensazioni che le persone esprimono indossando un vestito. “L’abito – dice – racconta la vita, il modo di pensare, e talvolta anche le emozioni di chi lo indossa. È uno dei motivi ‘spirituali’ per cui amo collezionare capi e accessori storici”.

La seconda ragione è la volontà di esaltare l’alta artigianalità di chi ha realizzato i vari capi, di tenere in vita idee e progetti di stilisti e creatori, di non disperdere il know-how legato a questo universo: “ciò, non solo in riferimento al mutare dei tempi, quanto alla ricerca dei creativi nel dare soluzione ad una necessità o creare il bisogno di una nuova sensazione”.

Modelli di calzature
di Flavio Mancuso

L’heritage e la sostenibilità.  “Per affrontare il tema della sostenibilità del vintage – spiega Mancuso – occorre rispondere alla seguente domanda: perché il fast fashion non è sostenibile? Questo tipo di produzione presenta diversi aspetti negativi: produce quantità eccessive di rifiuti, inquina, sovente sfrutta i lavoratori, riduce la qualità del suolo, del cibo e dell’acqua del nostro pianeta. I capi risentono fortemente del prezzo basso, e finiscono per essere fatti con tessuti scadenti. La sostenibilità del vintage risiede allora nella scelta di un acquisto in meno, nell’allungare la vita a ciò che già c’è. Sta, inoltre, nella preferenza di un capo che è sovente di qualità, che ha una storia, che è stato selezionato con cura e per cui magari è stato amore a prima vista, e perciò ci se ne stancherà con meno facilità.  Niente è più green del prolungare la durata di utilizzo e del dare altre possibilità a un capo che qualcun altro non utilizza più. Pensato più in grande, significa anche meno vestiti nuovi da produrre… E meno sprechi e inquinamento. Non è un caso che anche le più importanti piattaforme online del lusso, oggi commercializzano convintamente capi o accessori di moda pre-loved. Un segno inequivocabile del cambiamento”.

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