Anna Bagnato: dalla scienziata reggina, una nuova speranza per le donne

Nel Laboratorio di Modelli preclinici e nuovi agenti terapeutici dell’Istituto “Regina Elena” di Roma, un importante studio rivela il meccanismo che sottende alla chemioresistenza delle neoplasie dell’ovaio

di Roberto Messina

La scienza, per indagare e andare “oltre” la malattia. La ricerca, come leva per superare la sofferenza e per guarire. E la volontà, come vero, impagabile ed inesauribile stimolo.

La dottoressa Anna Bagnato

Sono probabilmente queste le considerazioni, i pensieri aforistici che ogni giorno si ripetono i ricercatori del Laboratorio di Modelli preclinici e nuovi agenti terapeutici dell’Istituto Nazionale Tumori “Regina Elena” di Roma, per il loro saldo obiettivo di studio: identificare le caratteristiche di crescita e progressione metastatica del tumore ovarico e la prospettiva di vincerne la resistenza ai farmaci, donando così nuova speranza ai circa 165.000 (!) nuovi casi di cancro alle ovaie che si registrano ogni anno nel mondo, e ai 5.000 della sola Italia.

Il trattamento medico ha fatto ultimamente passi da gigante per debellare questo pervicace e diffuso male. E’ vero. Ma un colpo ancor più decisivo viene adesso da un team tutto italiano, e con vertice calabrese: il gruppo di lavoro del citato Laboratorio, coordinato dalla dottoressa Anna Bagnato, romana adottiva, ma originaria di Reggio Calabria, responsabile dell’Unità di modelli preclinici e nuovi agenti terapeutici del “Regina Elena”.

“Non ho dubbi che, a determinare il successo raggiunto – spiega Anna Bagnato -, al di là dell’impegno, abbia contribuito la tenacia e la curiosità tutte particolari. Nella Ricerca, bisogna appunto essere principalmente tenaci. Ci vuole grinta e passione, poiché il sacrificio è enorme. E la determinazione deve essere pari”.

Nella città dello Stretto, dove è nata nel 1960, la dottoressa ha passato la giovinezza, diplomandosi al Liceo Classico “T. Campanella”. Poi, di corsa a Roma per la facoltà di Scienze Biologiche all’Università “La Sapienza”. Quindi tirocinio al “Regina Elena” e due anni di qualificatissimo perfezionamento negli Stati Uniti, al prestigioso “National Institute of Health” di Bethesda, Maryland, col prof. Kevin Catt, autorità mondiale. A Reggio, dove vive la sua nutrita parentela, torna spesso e volentieri, in ragione di “radici fortissime, amicizie care e impareggiabile clima, fisico e umano”.

Il team al lavoro

Ma torniamo alla ricerca sul cancro, ai preziosi studi di laboratorio. L’attenzione e la cura centrata sulla persona, sono i fattori che interessano in un modo o nell’altro tanti pazienti che dopo un’operazione e un ciclo di chemioterapia, si ritrovano a combattere con lo stesso male, recidivo per colpa di una resistenza che si sviluppa nei confronti dei chemioterapici, e che rende le cellule tumorali più aggressive.

Lo studio italiano coordinato dalla dottoressa Bagnato, finanziato dall’Airc (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e pubblicato su “Nature Communications”, ha svelato il meccanismo alla base della progressione metastatica e dell’insorgenza della chemioresistenza nel carcinoma dell’ovaio, che ora può essere superata bloccando il “recettore dell’endotelina 1”, un cosiddetto “marcatore” associato alla resistenza alla chemioterapia. Un nuovo farmaco, il macitentan, approvato dalle agenzie regolatorie per il trattamento dell’ipertensione polmonare, può bloccare l’azione dell’endotelina 1.

“Nel corso dello studio – spiega Anna Bagnato – abbiamo notato che nei carcinomi ovarici chemioresistenti si verifica un’aumentata funzionalità del recettore A dell’endotelina. Per cui, bloccando l’attività del recettore, si restituisce al farmaco chemioterapico la capacità di uccidere la cellula neoplastica”.

Con un team tutto al femminile impegnato contro il “killer silente” che viene solitamente diagnosticato solo in stadio avanzato, si è fatta dunque nuova luce, e si sono affacciate inedite, incoraggianti prospettive, non solo per la Ricerca, che non si è fermata durante la fase di emergenza dovuta alla pandemia, ma anche e soprattutto per la possibilità di nuovi approcci terapeutici per tante donne affette da questa patologia. La medicina italiana, si dimostra all’altezza, innovativa ed apripista nel cambiare le nuove prospettive della scienza e della cura.

A capo di quest’ennesima sfida per la vita, noi registriamo con orgoglio territoriale l’impegno di un’altra straordinaria figura di calabrese che con la sua professione ossequia l’intelligenza e, come detto, la proverbiale tenacia e capacità volitiva della Calabria migliore.

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