Sugo e camicia”: a Pisa la buona cucina calabrese è un must!

Il ristorante di Caterina Cacciatore e Pasquale Vangeli, madre e figlio, originari di Zungri (Vv), si è in poco tempo conquistato una bella clientela grazie a qualità, tradizione, dedizione e ricerca

di Roberto Messina

Passione ed esperienza che si coniugano con una visione imprenditoriale fresca, volta a valorizzare al massimo i prodotti del territorio, con uno sguardo che si apre, invitante, sulla terra d’origine: la Calabria”. Così si legge sul sito di “Sugo e camicia” il “Ristorantino calabrese” dal curioso nome e con questo esplicito sottotitolo “geografico”, alle porte di Pisa, dove Caterina Cacciatore e Pasquale Vangeli, madre e figlio originari di Zungri (Vv), si danno un bel da fare per tenere alta la loro idea di ristorante a gestione familiare autentica, concreta, tangibile, e incardinata su due valori chiave: ricerca e dedizione.

Da quasi un lustro, Caterina porta quotidianamente a sostegno di questo suo progetto i tanti “segreti” raccolti in venticinque anni d’esperienza “sul campo”. Il suo diletto Pasquale, contagiato da tanto entusiasmo incontenibile e dirompente, la segue passo passo, aggiungendo altri ingredienti fondamentali per una ricetta di sicuro successo: zero compromessi e accurata selezione di prodotti di qualità superiore.

“Less is more”, dicono gli anglosassoni. Uno slogan che si addice come un manifesto a questo ristorante in cui si pratica un’oculata ricerca di selezionati prodotti di altissima qualità, poi esaltati dalle varie declinazioni culinarie. In un mondo che viaggia a ritmi frenetici, “fare meno per fare di più”, significa accompagnare i clienti attraverso percorsi di gusto importanti, che abbracciano la forte e consolidata tradizione, ma che vanno anche verso nuovi sentieri, talvolta pure inesplorati.

Ho frequentato l’Accademia dello Chef Gualtiero Marchesi – racconta Pasquale – per inseguire meglio alcuni miei pensieri, e questo mi ha aiutato a trovare la mia strada: ricerca, sviluppo e innovazione”.

Ho fatto tanta gavetta partendo da una piccola cucina – spiega Caterina – fino a dirigere contesti davvero prestigiosi: da Zungri a Pisa, ‘Sugo e Camicia’ è un sogno guadagnato con amore e fatica”.

Un “sogno” materializzatosi e costruito amorevolmente per gli “altri”, con l’avvio di una preziosa e curata attività di cui c’è da essere grati. Un passaggio dal ristorante, a qualunque ora e in qualunque giorno, infatti, non tradisce mai, regala sempre un piacere, un appagamento, e una o più delizie del palato.

Gli antipasti favolosi: “curudicchìe”
e involtini di pancetta

Orgogliosamente “di giù”, come recita il claim “Ristorantino calabrese”, con il menù presentato e ogni volta dettagliatamente illustrato nel suo “perché”, dai due gentili conduttori, il percorso gastronomico si snoda in un caleidoscopio di magnifiche “offerte” in cui la regione d’origine con i suoi forti, decisi, e al tempo variegati sapori, fa da totale padrona. E ciò, mai banalmente, mai senza fondamento.

Ogni piatto, ogni pietanza, porta sempre la “firma”, la sapienza e l’impronta della mano esperta ed amorevole della signora Caterina, che ogni cosa che tocca, ogni ingrediente che utilizza, esalta e valorizza, senza però cambiarne i connotati di base e la sua “storia”. Così, un buon baccalà, insomma, rimane sostanzialmente un buon baccalà, secondo tradizione. Ma il risultato della sua precisa cottura nel pomodorino; l’accurata, millimetrica doratura al forno; l’uso lieve ed armonioso delle spezie, ne fanno un avvolgente, piccolo, grande capolavoro. E così, uguale, è per i ricchi primi piatti, per i favolosi antipasti, per i vari omaggi d’entrée della maison, a cominciare dalle “curudìcchie” le deliziose frittelle di patata, le polpettine di carne profumate, i bocconcini di mozzarella, gli involtini di pancetta e capicollo e via dicendo.

“Fileja”, la pasta fatta a mano

In pochissimo tempo, va detto anche questo, come segno non di “fortuna”, ma di effettiva capacità\qualità, “Sugo e camicia” si è conquistato un’affezionata clientela, che qui ritorna puntuale e soddisfatta anche per il magnifico rapporto qualità\prezzo, tutto a favore dell’avventore. Ma la sorpresa più grande, immaginiamo (e un po’ lo abbiamo anche personalmente verificato) è riservata a chi ci capita la prima volta, per caso o perché ha letto qualche buona recensione, oppure, e meglio, venuto per un convinto passaparola (che resta sempre il metodo più affidabile).

Restando alla “calabresità”, il ristorante (che comunque funziona altrettanto magnificamente per sostanziosi aperitivi) non si fa mancare niente: pasta tradizionale e fatta in casa, fileja, paccheri e ‘pasta china” in testa, salumi, formaggi, carni, parmigiana di melanzane, n’duja e cipolla di Tropea a volontà, poi, pasteggiando da cima a fondo con i migliori vini bruzi e chiudendo con varie delizie di dolciumi, tra cui i “baci” al bergamotto e liquirizia, il tartufo di Pizzo e tanti liquori sopraffini, nella produzione dei quali, gli amari soprattutto, la Calabria è ultimamente diventata protagonista maestra e leader.

Ma la cosa bella, è che se si volesse tacere questa pur giusta esplicitazione della sua convinta “regionalità”, rivendicata come imprescindibile humus e bagaglio di esperienza, abilità, cultura e sapienza a tavola; se per un momento si potesse discostare l’occhio dall’insegna del locale, dalle locandine poste alle pareti, dai peperoncini piccanti freschi rosso vivo messi “in automatico” accanto alle pietanze (per saziarsene, o solo per “fare la prova”), e ancora, dai loghi bruzi su parannanze, copricapo, e ahinoi, ora anche mascherine, la calabresità “sfuggirebbe” proprio. O meglio, si dilaterebbe. Si espanderebbe, come fa l’universo… E si renderebbe, così, nazionale, internazionale, mondiale. Diventando, da marchio di origine, il “must” universale che in effetti già è: cucina buona, sana, squisita, popolare e ricercata, sorprendente, per tutti i palati e per tutti i luoghi del mondo.

Un delizioso baccalà

Ma magari Pasquale e Caterina non volevano farla così complicata, e arrivare fino a tanto… O forse sì?!

Il locale che ospita il ristorante, è accogliente, comodo, ma di dimensioni ridotte, pure se dispone di un buon “dehors” per la bella stagione. Siamo perciò pronti a scommettere che con un esercizio più capiente, a Pisa come altrove, quel suo “must” potrebbe “esplodere”, generando numeri assai più significativi e maggiore soddisfazione per i loro magnifici, avventurosi ed energici “capitani di brigata”. 

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Ristorante “Sugo e camicia”, Via Chiassatello 1, Pisa – Tel. 347 4083049 – www.sugoecamicia.it