14 Lug Stefano Mancuso, la rivoluzione delle piante
Per lo scienziato fisiologo, neurobiologo, etologo e saggista di successo, originario di Catanzaro e docente all’Università di Firenze, il futuro dell’uomo dipende da quello del mondo vegetale che ha pari “intelligenza” e “sensibilità” e merita quindi pari “diritti”
Insegnante di Arboricoltura generale e Etologia vegetale all’Università di Firenze. Membro dell’Accademia dei Georgofili e della Société internationale pour le signalement et le comportement des plantes. Fondatore edirettore del Laboratorio internazionale di Neurobiologia vegetale specializzato negli studi sulle piante, la loro “intelligenza”, “emotività” e “socialità”, Stefano Mancuso, nativo di Catanzaro, fisiologo vegetale e saggista di successo, è tra gli scienziati più importanti e seguiti al mondo. Lo abbiamo incontrato di recente, durante una sua seguitissima e applauditissima conferenza ad Arezzo, ospite di punta del cartellone “Science Lab”, organizzato da Fondazione Guido d’Arezzo e Associazione Lab, dove gli abbiamo fatto omaggio del libro “Dal mare felice” (Academ editore) dedicato al “suo” e al nostro Ionio catanzarese.
Uno dei più famosi studi di Mancuso (che ha tratto ispirazione da quelli di Washington Carver, Wales Bull, Harrison Blackley, e dai naturalisti Charles Darwin e Gregor Johann Mendel) ha fatto sorprendentemente osservare come durante l’evoluzione, le piante, sebbene prive di un cervello paragonabile a quello degli animali (ma non prive di cervello, come vedremo più avanti) e sebbene incapaci di spostarsi volontariamente, costrette all’inamovibilità orizzontale, hanno sviluppato un gran numero di soluzioni ai problemi che hanno via via incontrato, con ciò sottolineando come la “capacità di risolvere i problemi” sia un comprovato segno di intelligenza. Già nel 1880, in effetti, Charles Darwin suggeriva di vedere le piante in modo anticonvenzionale e nuovo: “un animale capovolto, con i propri organi sensoriali ed il cervello in basso, sottoterra e gli organi sessuali in cima”.
Nel suo saggio “La rivoluzione delle piante”, Mancuso spiega bene come le piante hanno saputo trovare o testare soluzioni “brillanti” per centinaia di milioni di anni rispetto a vari grandi questioni che l’umanità deve oggi è chiamata urgentemente ad affrontare. Innanzitutto, in parte grazie alla simbiosi, con batteri e funghi, le piante hanno inventato una colonizzazione ottimizzata e “sostenibile” dell’ambiente terrestre (fino a cento metri di altezza e prima degli uccelli).
Hanno poi inventato il serbatoio di carbonio, la produzione pulita di energia da amido, zuccheri, fibre e biomolecole complesse, tramite la fotosintesi clorofilliana, la biodegradabilità e una forma di “economia circolare”. Le piante, inoltre, “annusano”, “ascoltano”, “comunicano” (tra individui della stessa specie e talvolta con altre specie) sono “senzienti”, hanno una “vita interiore” e “imparano” (attraverso una certa forma di memoria, come quella immunologica del proprio sistema immunitario) e tutto il loro organismo coopera per resistere agli insetti predatori ed erbivori. Inoltre, sono stati identificati sistemi di trasmissione di segnali elettrici e chimici simili a quelli presenti nei sistemi nervosi degli animali: con ciò, le piante avrebbero anche una capacità propria di elaborare informazioni.
Da questo incredibile mondo di scoperte, Mancuso deduce giustamente anche considerazioni filosofiche, etiche e sociali, oltre che pratiche, a cominciare da quella sulle soluzioni tecniche del futuro che possono e dovrebbero essere più bio-ispirate, pensando anche che le piante vantano un’esistenza molto più lunga di quella di qualsiasi specie animale chiamata “superiore” (ad esempio il Ginkgo biloba, presente sulla terra da 250 milioni di anni). Le piante, non lo si pensa abbastanza, sono tra gli organismi senza i quali non ci sarebbe vita sulla terra: è perciò evidente che la loro esistenza va protetta e tutelata. Ostacoli culturali e teorici hanno finora rallentato questa importante valutazione quantitativa e qualitativa (e la stessa sperimentazione) delle capacità cognitive dei vegetali. E in effetti, gran parte dei modelli scientifici creati per valutare l’intelligenza sono stati pensati e costruiti per applicarli agli animali umani e non umani (e recentemente ai software e all’intelligenza artificiale).
L’idea di dare “diritti” alle piante e una “dignità” uguale a quella data agli animali, come proposto sostanzialmente e convintamente da Stefano Mancuso che se ne è fatto giustamente paladino, può risultare politicamente e filosoficamente sorprendente e scioccante, ci sta. Ma proteggere, e appunto conferire diritti alle piante, significa in sostanza difendere la stessa razza umana che dipende totalmente da loro per ossigeno, cibo e fibre biodegradabili. E se l’uomo dovrà emigrare su altri pianeti, pare dovrà farlo necessariamente portandosi dietro altri organismi, a cominciare dalle piante da cui dipende totalmente. L’umanità dovrebbe avere quindi concreto interesse per una legge che ne difenda condizioni di vita, conservazione e biodiversità.
I libri di Stefano Mancuso
La tribù degli alberi, Einaudi 2022
La pianta del mondo, Laterza 2020
La nazione delle piante, Laterza, 2019
Discorso sulle erbe. Dalla botanica di Leonardo alle reti vegetali, con Fritjof Capra, Aboca edizioni, 2019
L’incredibile viaggio delle piante, Laterza, 2018
Plant revolution, Giunti editore, 2017
Botanica. Viaggio nell’universo vegetale, Aboca edizioni, 2017
Biodiversi, con Carlo Petrini, Slow Food, 2015
Uomini che amano le piante, Giunti editore, 2014
Verde brillante, sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, con Alessandra Viola, Giunti editore, 2013
Fonte: Wikipedia