
15 Gen Raffaele Piria, lo scienziato calabrese padre dell’aspirina
Protagonista del Congresso degli scienziati italiani a Napoli nel 1845, una grande carriera universitaria tra Pisa, Torino e Firenze, è considerato uno fondatori della Chimica moderna in Italia

di Francesco Bevacqua
Nel ricordare, ove mai ce ne fosse bisogno, dell’intimo e fertile rapporto che ha da sempre legato la Calabria con la città di Napoli, torna alla memoria la figura del grande chimico calabrese Raffaele Piria, scopritore della salicina (componente base della attuale Aspirina) da lui studiata nel laboratorio del chimico francese Jean Baptiste Dumas.
Piria era di Scilla, in provincia di Reggio Calabria, dov’era nato nel 1814, figlio di Luigi Piria proprietario terriero e commerciante d’olio, e Angela Tortiglioni. Orfano del padre a soli 6 anni, si trasferì a Palmi dove crebbe con lo zio paterno. Fu un ragazzo prodigio: prese la maturità al Real Collegio (l’attuale Tommaso Campanella) di Reggio Calabria a soli 15 anni, e nel 1834 si laureò in Medicina e Chirurgia alla regia Università di Napoli. Poco interessato alla pratica medica, si trasferì in Francia per approfondire gli studi in campo chimico

Tralasciamo la lunga carriera ed il suo rapporto personale con lo scienziato Macedonio Melloni, con il quale voleva fondare una scuola privata di Chimica positiva a Napoli. Veniamo invece al 20 settembre del 1845, quando, e per due settimane, si apre a Napoli il Congresso degli Scienziati italiani, il settimo in ordine cronologico. Il luogo prescelto è il Museo di Mineralogia, ex biblioteca del Collegio dei padri gesuiti. Il Congresso è uno dei più affollati e vanta anche il primato delle pubblicazioni fatte: circa 1200 pagine di relazioni in quarto (corrispondente all’attuale formato di 28 x 38 cm).
La sezione del Congresso dedicata alla Medicina è la più affollata: circa 312 membri effettivi. La sezione è inaugurata dal prof. Vincenzo Lanza, titolare della cattedra di Medicina pratica dell’università napoletana. Raffaele Piria, all’interno di questa sezione, presenta una relazione sugli importanti lavori che sta svolgendo sulla salicina e sulla costituzione molecolare dell’asparagina e dell’acido aspartico. L’alta qualità del suo intervento cozza con lo stato di arretratezza della materia nell’allora Regno delle due Sicilie. L’Università di Napoli all’epoca ha attive due cattedre di Chimica: la prima di Chimica filosofica e la seconda di Chimica applicata alle arti.

La chimica, dal tempo degli alchimisti è legata al “fare” più che al “dire”, e lo stato dei laboratori presenti a Napoli e nel Regno delle due Sicilie è imbarazzante. Le attrezzature utilizzate dai chimici sono più degne di un Museo della Storia della Scienza che utili a fare ricerca. Non a caso, Piria appena laureatosi in Medicina e Chirurgia si trasferisce a Parigi. Qui viene in contatto con il vivace mondo scientifico francese, conoscendo le più importanti personalità del campo chimico del suo tempo. In particolare è accolto nel laboratorio del già citato Jean Baptiste Dumas di cui diviene uno dei principali collaboratori. E’ in questo stimolante ambiente scientifico e culturale che perfeziona i suoi studi sull’acido acetilsalicilico ed è proprio lui ad assegnare l’attuale nome all’acido. Il valore di queste sue ricerche è riconosciuto con la pubblicazione sulle più importanti riviste scientifiche dell’epoca.

Durante il congresso conosce, appena laureato a Palermo in Medicina, il giovane Stanislao Cannizzaro, altra figura di spicco della Chimica italiana. Piria, che già aveva maturato l’idea di trasferirsi a Pisa, lo porta con sé facendolo diventare il padre della Chimica Italiana. A Pisa, gli viene offerta la cattedra di Chimica presso l’Università dove ha come allievi oltre il Cannizzaro, Cesare Bertagnini, Orazio Silvestri e Paolo Tassinari, membri della “scuola pisana” considerata quella che, in Italia, ha fondato la chimica moderna.
Il 5 maggio 1849, a causa di dissapori con il governo toscano, che aveva deciso di ridurre i fondi economici per la sua università, si trasferisce all’Università di Firenze. Nel 1851 e nel 1862 si reca a Londra, in occasione di due Esposizioni Universali e si documenta sull’organizzazione delle industrie chimiche inglesi.
Insieme a Carlo Matteucci fonda la rivista Il Cimento (1844), che successivamente diviene Il Nuovo Cimento (1855) .Nel 1852 è socio dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Fonda a Napoli, insieme ad Arcangelo Sacchi, gli Annali di Scienze Naturali, dove pubblica una ricerca sulle fumarole del Vesuvio. Un importante testo di Piria è il Trattato elementare di chimica organica (1841).


di Raffaele Piria
Nel 1856 è chiamato dal ministro Lanza quale insegnante di Chimica Generale nell’Università di Torino, città nella quale muore il 18 luglio 1865. Il suo paese natale, Scilla, lo ricorda con una lapide posta il 2 giugno 1895 sulla facciata della sua casa natia. La città di Torino gli intesta una via, traversa di Corso Margherita, e nell’Università sabauda un busto e una lapide. Altro monumento con busto e lapide all’Università di Pisa nella vecchia sede di Chimica. Il Nuovo Cimento fu una delle prime riviste scientifiche in Italia, apprezzata e seguita grazie anche e soprattutto all’impegno che Piria profuse nella stesura degli articoli di carattere scientifico, oltre che all’autorevolezza di Matteucci, che richiamò sempre più adesioni. Tutti gli allievi di Piria dettero il loro apporto al periodico, uno dei punti di riferimento della divulgazione chimico-scientifica in Italia.
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