“RADICA”, LE MELE D’ORO

A San Lorenzo Bellizzi, nell’area del Pollino calabrese e lucano, Rosita Mastrota con la sua innovativa azienda dimostra che la “sfida” di un’agricoltura di qualità è possibile e può costituire una vera, grande opportunità.

di Roberto Messina

L’azienda nasce a San Lorenzo Bellizzi (Cs) nel 2009 come agricola “Carlomagno”, e a gennaio 2018 diventa “Radica” con la scelta di un nome fuori dal comune, ma fortemente icastico e rappresentativo di quanto ha in animo la sua fondatrice, Rosita Mastrota, appena ventottenne, e già da undici anni dedita a questa “impresa”.

La parola ‘Radica’ – ci chiarisce la nostra protagonista – nella lingua dialettale di mio padre viene usata per descrivere la cocciutaggine di una persona. Non è dunque un bel termine… Nel dialetto di mia madre, che è di Cerchiara di Calabria, invece, significa radice. Due sensi diversi, ma entrambi significativi e importanti per me che alla fine sono rimasta qui perché legata alla famiglia, al territorio, alle tradizioni. E poi… e poi perché sono tanto cocciuta!  Ma se non lo fossi stata, oggi non avrei quello che ho. Non si direbbe, non è stata solo una scelta di cuore. Ma anche di testa… Una spinta emotiva e al tempo stesso motivazionale e razionale”.

Quando decide il “back to the roots”, il ritorno alle radici, il ricominciare dalla terra, Rosita non ha idea di cosa fare esattamente. La sua famiglia ha ereditato terreni incolti dei nonni materni e paterni, con sopra aziende prettamente zootecniche. Stanno in alta montagna, fino a 1200 metri sul livello del mare, e quindi poca è la scelta: coltivare cereali, o niente. E da qui, allora, si riparte con la coltura di grano tenero: una varietà antica, la “Carosella”, e poi introducendo quella dei legumi. 

Grazie ad un progetto sperimentale, Rosita impianta parallelamente le prime 100 piante di melo e si appassiona sempre più a questo particolare frutto, decidendosi per estendere la piantagione (oggi con 1500 unità, non poi così tante, ma nemmeno poche), per lo più varietà commerciali, ma senza farsi mancare quelle antiche.

A Cerchiara e a San Lorenzo Bellizzi – racconta – non ci sono varietà autoctone. Perciò, con l’aiuto dell’Ente Parco nazionale del Pollino e di amici e conoscenti, mi son data da fare per cercare di recuperare qualche locale. È stato un parto difficile, e non parlo solo della fatica fisica per vedere crescere piante e frutti, quanto della commercializzazione. Quando parliamo di mele, viene a tutti in mente il nord Italia, il Trentino… E perciò i primi tempi in cui ho cercato di venderle in Calabria, ho fatto fatica a far capire che le mele, buone, le coltivavo anche io qui in regione, a Cerchiara, a San Lorenzo Bellizzi, a Terranova del Pollino. Oggi non ho problemi con la vendita, rifornisco vari negozi e la maggior parte delle mele le vendo direttamente. Devo dire che mi piace la vendita diretta. Mi dà modo di spiegare direttamente alle persone le peculiarità dei miei prodotti. E anche per far capire per esempio cos’è la ‘stagionalità’, la qualità di un frutto che arriva diretto dal campo senza la quarantena di interi mesi nelle celle frigorifero”.

Che tipo di mele coltiva?

Mele commerciali, ma come dicevo, siamo al lavoro per recuperare varietà antiche del Pollino. Ho piantato un centinaio di meli selvatici, innestato diverse varietà di cui non si conosco i nomi dacché se ne sono perse le tracce, e che vengono identificate con i toponimi dei proprietari terrieri. Comunque, frutti straordinari, molto succosi: mele rosse, schiacciate, e quella che i bambini di queste parti chiamano ‘mela frizzante’“.

E’ stato difficile farsi conoscere e apprezzare?

Semplice no. Ma forse nemmeno difficile, grazie al web e ai social e comunque al tour ininterrotto nelle varie fiere. La mia è un’agricoltura particolare, mi piace definirla un’agricoltura attenta, con le piante inserite per monitorare malattie, oppure come antagoniste, e poi l’impiego delle api per l’impollinazione, la riduzione degli interventi al minimo indispensabile, i feromoni per la confusione sessuale degli insetti e le trappole per il monitoraggio. L’azienda, come si dice in gergo burocratico, è in conversione al biologico. Anche se, per noi, biologica è sempre stata”.

“Radica” è un’azienda familiare, Rosita affiancata dal padre Vincenzo e dal fratello Danilo da poco diventato perito agrario e diplomato enologo. Nei periodi più pesanti, entrano in gioco anche mamma Maria, la sorella Teresa, il cognato Vincenzo, il marito Valerio: fanno altre professioni, ma aiutano, anche il piccolo Emanuele di 14 mesi a dare pure lui, per come può, il suo contributo: “che poi, se vogliamo dirla tutta – sorride Rosita – poco fanno… Ma è un modo per stare tutti insieme. In fondo, l’agricoltura è anche famiglia e tradizione. E il periodo di raccolta è quasi una festa”.

“Radica” conta su 17 ettari di terreno, dislocati tra tre comuni: San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara di Calabria e Terranova del Pollino. E tra due regioni: Calabria e Basilicata. Siamo a varie altitudini: dal mare, fino in alta montagna. Solo 2 ettari di mele. Il resto è diviso tra seminativi, pascolo, un po’ di uliveto e frutti di bosco. Quest’ultima è stata un’altra bella idea di Rosita: “in principio mio padre mi prendeva in giro… Impensabile per lui coltivare i ‘ruvett’, le spine che da sempre danno fastidio nei terreni. Ma io ci credevo. E poi vado ghiotta per questi frutti… Ho iniziato con 25 piantine di lamponi, ribes bianco, ribes nero, more e mirtilli. Oggi ne ho 2000”

Tutti prodotti singoli, diciamo varietà indipendenti, o anche elaborati?

Grazie ad un laboratorio limitrofo al mio paese, riesco a trasformare i miei prodotti liberando la fantasia per abbinamenti particolari: mela e peperoncino; mela e liquirizia; mela e mandorla; mela e cannella; mela e lavanda; mela e zenzero; mela e limone; agrumi misti; frutti di bosco: Confetture con 82 % di frutta, senza conservanti, con ingredienti semplici come mela, zucchero, peperoncino o liquirizia. Anche i succhi sono privi di conservanti o addensanti chimici, con il 50 % di polpa di mele. E si vede bene il deposito sul fondo della bottiglia. Ingredienti, ripeto, semplici: mele, acqua e pochissimo zucchero. Durante le fiere, quando faccio assaggiare i miei trasformati, mi sento spesso dire ‘ma si sente la mela!’. E certo! Se è una confettura di mela…”.

Rosita Mastrota ha energia, ingegno e coraggio da vendere. La sua giornata-tipo non è facile. Sveglia di buon’ora. Raccolta. Carico. E una sessantina di chilometri a\r al giorno per la vendita. Con sempre tante nuove idee e progetti, ora sta pensando di partire con un proprio laboratorio, per mettere meglio a punto il percorso iniziato. Poi, ad un’attività didattica che apra le porte dell’azienda con “open day” per chiunque voglia visitarla, spiegando e raccontando il suo “miracolo”, che è quello di una regione che può dare molto, moltissimo, a cominciare proprio dalla terra e dalla ricchezza e salubrità dei suoi frutti.

Non so bene perché – spiega –  in Calabria e in questa meravigliosa area del Pollino, si è pensato soprattutto all’allevamento. Forse perché il terreno è in buona parte difficile, impervio, con un’orografia effettivamente complessa. Ma clima, aria, acqua sono il meglio. E i mezzi oggi sono diversi, la tecnologia viene incontro e ci rende pienamente competitivi e concorrenziali, e pure vincenti se si pensa al prodotto finito, alla sua qualità, al suo gusto, alla sua bontà, alle sue proprietà organolettiche e nutrizionali. Credo che la sfida sia aperta, e si potrebbe volgere finalmente a nostro favore perché la consapevolezza di quello che mangiamo, come si dice, ne migliora il sapore”. E come darle torto?