
30 Gen Quando si dice una “guida”… Con Giovanni Vizza, tra le meraviglie della Sila
Guida Ambientale Escursionistica per passione, “naturista” per vocazione, innamorato della magnificenza della biodiversità dell’altopiano calabro: “riscoprire la natura – dice – è prima di tutto riscoprire sé stessi”
di Maria Assunta Albi

È l’alba quando entriamo in macchina, da buon figlio di “mannise” (boscaiolo) Giovanni mi spiega che se ci muoviamo presto vedremo dei colori che anche la macchina fotografica riuscirà a catturare e che, seppur senza strumento, occhi e spirito oggi avranno veramente di che deliziarsi…
L’aria del mattino è frizzante, ma nella Sila la tradizione insegna che l’aria fresca non può che far bene… In dialetto, si dice che “nsanizza”, cioè rende sani, perciò translitterato, toglie ogni malattia! Lo sanno bene i nostri padri che sono stati sempre a contatto con la terra, la neve, il freddo ed il sole che la natura guarisce da ogni male. Noi oggi lo sappiamo perché ce lo riporta la scienza, ma non ne abbiamo coscienza vera, non lo crediamo veramente… Non Giovanni, lui ha cambiato prospettiva. È concentrato, carica il suo enorme zaino e l’immancabile bastone che si è rigorosamente costruito da sé con legno di castagno e mi invita a salire in macchina. Nato e cresciuto nella Sila Piccola, Giovanni si porta dietro il respiro degli alberi e le loro radici. È ancorato al terreno con fermezza, solidità ed equilibrio, ma come l’albero estende e protende i suoi rami verso il cielo all’infinito fino a toccare le nuvole, lui estende fin lassù il suo pensiero, le sue idee, la sua genialità, la sua gentilezza. È contaminato dalla delicatezza della farfalla che si posa sul fiore e dalla forza delle radici che si sistemano in profondità. Questo equilibrio lo fa planare sulla bellezza della vita e sulla magnificenza della biodiversità. È un passionale ed un appassionato e quando, dopo il silenzio, si ferma a farti notare il particolare, uno dei tanti che coglie, tu puoi chiudere gli occhi e la descrizione ti appare là davanti come una risposta ad un indovinello. E ti inietta, ti instilla la magnificenza della natura, te la regala con disinvoltura, ma nello stesso tempo, con la profondità che ti fa aprire le mani per accoglierla.

Siamo arrivati da poco nel bosco, e già mi accorgo che “abbiamo fatto tanta strada”, la strada dell’interiorità. Sì, perché camminare nel bosco con Giovanni è scoprire sé stessi e riscoprire, in natura, la nostra natura. Ti spinge a riflettere sul rapporto con i tuoi sensi, ad ascoltare i suoni, a sentire gli odori, a udire i silenzi conducendoti non solo sul sentiero materiale, ma portandoti su strade immateriali dalle quali noi manchiamo da tanto, troppo tempo. Com’è facile, mi dico, la felicità! “È facile la tua felicità…”, allora gli dico. Lui mi guarda, sorride anche con gli occhi che si illuminano: “È facile apprezzare, perché qua dentro è naturale, è difficile se non hai predisposizione. La natura ti apre ogni canale e fa sì che tu possa sviluppare ogni dote perché nello scoprire la natura si finisce sempre per scoprire sé stessi. Mettersi a nudo senza pudori e senza filtri perché non significa scoprirsi per denigrarsi, ma scoprirsi per rigenerarsi, per ri-nascere, per avere una seconda possibilità, un’opportunità. A me è successo così. Ho fatto miliardi di cose nella mia vita e tanti lavori: conosco il fastidio delle levatacce notturne e la fatica dei lavori materiali duri, ma anche le risate e la freschezza dietro agli episodi della vita, la calura delle stagioni e il fresco dei tramonti. Vivo ed ho vissuto per riscoprirmi a guardare dentro di me l’emozione di un tramonto ed il fremito del vento che aleggia sul Monte Gariglione che è il re del mio bosco…”.
Lo vedo che si perde ad osservare e immagino che laddove è diretto il suo sguardo sia il monte che ha citato. Non c’è bisogno di chiederlo, perché quando mi rivolge lo sguardo il suo scintillare mi fa capire che non mi sbagliavo. Non mi lascia far domande, perché lo sa che voglio sapere…

“È il monte più alto della Sila Piccola ed uno scrigno magnifico di biodiversità, la casa dell’abete bianco, il luogo dove enormi faggi svettano rigogliosi, dove licheni bioindicatori testimoniano una straordinaria continuità ecologica, un’oasi di pace dove la riconnessione con la natura avviene ex-abrupto… Io accompagno molte persone in escursione qui e credo di poter dire che tutte rimangono incantate e tornano a casa con un’esperienza. Frequentare il bosco ci aiuta a capire quanto siamo piccoli noi esseri umani. Nelle città, nelle case, nei posti artefatti che abbiamo “inventato” noi ci sentiamo e forse siamo i padroni. In natura invece, l’uomo capisce che non è solo sostanzialmente e che non può vivere pensando solo di percorrere e precorrere i suoi obiettivi. Questo è il maggiore insegnamento: da soli non andiamo da nessuna parte. Ed oggi più che mai è dimostrato che la natura è, e deve essere, necessariamente, una nostra alleata. L’uomo si è allontanato dalla natura, ma le sue radici sono nella terra, il suo cervello, quello rettiliano, legato agli istinti ancestrali e primordiali lo richiama come Ulisse al canto delle sirene, ed ecco perché l’uomo ritrova un senso di benessere a “tornare da dove è venuto”.

Mi fa riflettere questo argomento, perché riconosco la sua verità, ma se Giovanni non me lo avesse detto, io non ci avrei mai pensato. Mi spingo oltre, allora, e mi dico che ogni cosa, ogni passo, ogni nostra scoperta deve avere una specie di deus ex machina, d’altro canto ognuno di noi, nel suo lavoro, nell’espletamento della sua professione mette a disposizione degli altri non solo quello che ha appreso, ma soprattutto quello che ha fatto diventare suo, quello che in qualche modo è diventato di sua “appartenenza” …e, a tal proposito, gli chiedo di questa sua professione…
“È il mestiere più bello del mondo, perché è lui che mi si è cucito addosso, però devo dire che in questa nostra bellissima terra calabra, dove spesso molte cose fanno resistenza, dobbiamo lavorare il doppio… Al nord la guida è un professionista del territorio, così come il cardiologo è un professionista per il cuore. Nessuno immagina di recarsi dal podologo per farsi curare un’angina pectoris… Così, noi calabresi dobbiamo ‘imparare’, ‘acquisire’, ‘metabolizzare’ – e lo dico senza dimenticare che è un fatto culturale e che quindi è difficile metterlo in pratica, ma è doveroso altresì promuovere a piccoli passi un’inversione di questa tendenza – che per vivere un’esperienza che vada al di là della semplice passeggiata, bisogna farsi accompagnare… e non è un solo fatto fisico, perché bisogna sapersi ‘abbandonare’ nelle mani della guida in quanto essa non è un semplice compagno di viaggio che guida una spedizione, ma è colui che, in virtù del gruppo, delle situazioni metereologiche, delle contingenze, delle esigenze e delle motivazioni generali riesce a portarti in una dimensione in cui la natura diventa il perno centrale. È, in una parola, un esperto a cui affidarsi. È difficile, dicevo, perciò è necessario che vi sia una spinta che sia anche emotiva verso il riconoscimento e l’accreditamento della guida come professione. Questo è un compito che spetta alle associazioni di categoria, agli enti, in particolare ai Parchi, che devono spingere affinché fare la guida non significhi dedicare un po’ di tempo alla natura, quando si può, ma invece diventi l’inizio di un processo sempre in crescita dove la crescita ha due direzioni, quella della professione e chiaramente quella del territorio”.

“La guida è un volano – prosegue -, e se in un territorio come quello calabrese, conosciuto e riconosciuto da tutti come meta marina, ma che ha aree interne talmente ricche da essere custodite in tre parchi nazionali e in due parchi regionali, questo non si è ancora capito, è un peccato, e rischiamo di dover faticare e sudare maggiormente. È vero, anche che noi guide siamo degli stoici e non ci spaventiamo del rimboccarci le maniche; ci siamo costituiti in un Coordinamento delle Guide Parco della Calabria, perché crediamo che i progetti da portare avanti per valorizzare la montagna calabrese non abbiano confini, ma devono essere di ampio respiro e riguardare tutti i calabresi, compresi gli imprenditori del turismo. Anche da parte di questi ultimi, c’è bisogno di un’inversione di tendenza, perché propongono al turista i loro servizi, ma difficilmente vendono il territorio. Se nell’offerta dei loro servizi, cominciassero perciò a guardare alla guida come ad una risorsa, il paradigma si invertirebbe naturalmente, perché si affiderebbero a qualcuno che il bosco, la natura, la nostra bellissima Sila sanno raccontare dalla profondità, dalla interiorità e nella sua interezza, sponsorizzando così la loro attività e il territorio in cui hanno scelto di operare, dando un unico, ma complesso motivo per cui scegliere la nostra montagna.

La comunicazione sulla Sila deve essere necessariamente demandata a chi il territorio lo sa raccontare ed interpretare, altrimenti finisce tutto con i soliti slogan di turno. Quelli che vogliono vivere l’unicità dell’esperienza in natura, stanno crescendo in maniera esponenziale, e vanno alla ricerca della guida che renda di qualità l’esperienza stessa, cercando l’esatto contrario di una classica operazione di marketing in cui si vende un’immagine che svanisce e non lascia traccia nell’animo. La gente vuole ricordare, quando torna a casa, il piacere di essere stati in un territorio e di averne fatto parte, di averlo conosciuto e di essere entrati, anche se per poco, nelle trame della sua storia, sentendo, anche a distanza di tempo, quel fresco profumo di appartenenza e quella sensazione di benessere che si concentra nella pancia. E che, alla fine, ti regala sempre un’emozione”.
Prima di conoscere Giovanni ed intraprendere questo viaggio con lui, lo dico a me stessa, non sapevo tante cose, e come me penso tanti calabresi che giudicano una guida alla stregua di un “montanaro alla buona” che va girando per i boschi… Credo che d’ora in avanti, quando avrò bisogno di respirare aria pura, di conoscere le tradizioni, la storia, gli aneddoti di un dato luogo, quando avrò bisogno di riscoprire un po’ delle mie origini, quando sentirò di dovermi riconnettere alla natura, comporrò il suo numero di telefono e lo seguirò, tanto lui non si ferma mai… È sempre pronto, il bastone dietro la porta e la voglia di scoprire e far scoprire il mondo ogni volta come fosse la prima, ogni volta con gli occhi meravigliati di un bambino.
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