PER UN TURISMO EMOZIONALE DELLA CALABRIA ANTICA

Con l’ultimo libro dell’urbanista Beniamino D’Errico, un imperdibile “viaggio” teorico e pratico tra emergenze archeologiche, miti e riti della Magna Grecia

di Roberto Messina

Tra i libri-novità dell’estate calabrese 2020, da non perdere l’ultimo, di cosiddetto “turismo emozionale”, dell’urbanista Beniamino D’Errico, dal titolo: “Turismo e territorio nei miti della Magna Grecia” (con l’italianizzato “Grecia” senza dittongo, messo volutamente al posto dell’originale “Graecia”, per sottolineare la modernità dell’approccio scientifico e sistemico), Edizione libreriauniversitaria.it.

L’urbanista Beniamino D’Errico

D’Errico, catanzarese, studi all’Università di Venezia (IUAV),, da tempo qui trapiantato quale docente di “Geografia delle risorse economiche e turistiche”, è un prolifico autore di importanti testi e studi sulle “sue” città calabresi e le loro specificità architettoniche, storiche e urbanistiche (tra questi: “Città e sviluppo in Calabria nell’era della globalizzazione”, Cittàcalabriaedizioni, 2008; “Linee di sviluppo per il sistema urbano “Catanzaro-Lamezia Terme””, 2007; “Catanzaro il ruolo della città per lo sviluppo di una regione meridionale”, 1990).

Questo suo nuovo lavoro riguarda sempre le “città” della sua regione, ma stavolta con filo conduttore la mitologia che porta il lettore a seguire i segni del passato rintracciati nei vari siti archeologici e nei musei locali, spingendo a visitarli e a fruirne consapevolmente. Un libro, non rivolto però solo a studenti, archeologi o appassionati di scienze umane, ma, lungo un preciso itinerario culturale, anche a turisti ed operatori del settore.

In un momento storico di forti ristrettezze alla libera mobilità, a difesa e a contrasto dall’emergenza pandemica, l’autore si propone di far conoscere proprio ora, e meglio, una parte del nostro Paese verso cui cercare di far confluire un turismo “slow” e “consapevole” che voglia andare felicemente alla scoperta di paesaggi arcaici e ricchi di storia. In ciò, adesso, anche col conforto delle statistiche e delle proiezioni, che per il futuro prossimo del turismo italiano, non appena avviata la ripresa, prevedono appunto la decisa e spontanea affermazione di nuove forme di viaggio di “prossimità” interne, concentrate dunque prevalentemente nello stesso nostro Bel Paese, destinate a privilegiare stavolta la sua parte meno nota e meno affollata. In Italia, e in Calabria, perciò, i luoghi mitici della Magna Grecia potrebbero così finalmente diventare meta turistica rilevante, dacché collocati in aree non gremite, non irrimediabilmente antropizzate, e tra paesaggi naturalistici unici con l’invidiabile clima invitante anche nei periodi di bassa stagione e con i vari siti archeologici lungo la costa jonica e tirrenica dove poter conciliare comodamente vacanze culturali e di relax balneare.

Il lavoro di D’Errico, con il suo linguaggio semplice e comunicativo, consente dunque una prima “visita”, fisica o storico-letteraria, delle emergenze archeologiche calabre col loro impianto urbano greco-romano, degli scavi e di quanto in genere conservato nei Musei territoriali collegati alle antiche città magnogreche. Si tratta, poi, di un testo “formativo”, che può servire anche a metter su pacchetti turistici tematici legati al territorio e al turismo naturalistico, ambientale e culturale.

D’Errico nella “sua” Venezia

Partendo dall’analisi antropologica dei Beni culturali, il libro si sviluppa, come detto, sotto forma di guida di turismo emozionale, con un bell’itinerario di viaggio nelle città del passato. La prima parte, analizza i Beni culturali in Calabria e la loro storia con una lettura degli elementi in cui una comunità si riconosce, dei simboli di cui ha bisogno per riscoprire la propria identità e le proprie origini. I Beni culturali calabresi, interpretati attraverso la loro monumentalità – spiega D’Errico – fanno infatti comprendere ciò che si è stati, con i monumenti che rappresentano i “geni”: cioè l’insieme ereditario dei caratteri fisici e spirituali. I monumenti, insomma, come preesistenze legate alle città storiche, che diventano fulcri, perni, capisaldi, nodi intorno ai quali articolare la nuova organizzazione turistica territoriale. I monumenti, ancora, come traccia, presenza, per rendere visibile il passato, come simboliche “macchine del tempo” che proiettano in un’altra dimensione storica. I beni culturali,  nella varietà dei generi, dei significati antropologici, delle capacità di attrazione, rappresentano per la comunità la consapevolezza del proprio vissuto, la diffusione e condivisione culturale.

Visioni e miti magnogreci in un’illustrazione di D’Errico

Il libro intanto, mette giustamente in evidenza come nel XXI secolo il concetto di “Beni culturali” si sia fortemente dilatato, coinvolgendo nella propria semantica e nel proprio ambito disciplinare materie un tempo ritenute estranee, come quella dei “Beni immateriali” (miti e leggende, tradizioni popolari, usi e costumi delle comunità, il folclore) portatrici invece di forti valori identitari e storico-culturali. Beni, che oggi si inseriscono invece a pieno titolo nel circuito turistico, pur conservando il loro profondo significato storico e antropologico. Il turista “mordi e fuggi”, lo sappiamo, s’imbatte sovente e suo malgrado in beni di cui non conosce l’essenza e il legame, preda inconsapevole di un marketing consumistico finalizzato a soddisfare la percezione della realtà spaziale così come proposta da certa massmediologia o dalla moda del momento. Qui, invece, è il contrario: si mira decisamente a raccontare e trasmettere il “genius loci”, la forza e la qualità specifica di luoghi, storie e beni da “offrire” ad un turismo più attento, partecipativo, comparativo, e comunque interessato alle “radici”.

Il viaggio nei siti archeologici delle Polis magnogreche, si concentra dunque sul mito: lì dove trovano la sorgente gran parte della letteratura e dell’arte greca, e la narrazione, le parole stesse di poeti e drammaturghi, le opere d’arte figurate sui vasi, sulle pinakes, che rendono immortali e vive le storie mitologiche. La Calabria, in ciò, è decisamente e senza tema di smentita terra ricca di richiami fantastici e leggendari, di simboli e magie, carica di storia e di misticismo, ma, lo sappiamo, deve meglio valorizzare la sua identità. Le sue coste sono uno straordinario, ricchissimo giacimento naturale e culturale, con importanti reperti storici ed archeologici di un territorio lungamente interessato (dall’VIII sec. a.C.) dall’imponente fase di colonizzazione ellenica. Sospesa tra mare e montagna, la Calabria ha così al tempo stesso i colori e il respiro di un paesaggio dell’occhio e dell’anima, col racconto omerico legato al naufragio di Ulisse e ai mitici eroi di Troia che fa da costante sottofondo.

Nella storia calabrese prende corpo un incredibile pantheon di popoli, illustri personaggi e divinità: così, citando a caso, ci si può rapportare agli Ausoni, ai Coni, ai Morgeti, agli Enotri; poi bisogna almeno ricordare Omero, Ulisse, Nausicaa, Alcinoo e i Feaci; la dea Hera, protettrice delle donne;  i grandi storici antichi come Antioco di Siracusa, Erodoto, Tucidide, Plinio il Vecchio;  filosofi e matematici come Pitagora; formidabili atleti come Milone e Faillo; il geografo e storico Strabone; il poeta Ibico e la poetessa Nosside; Alcmeone e Democede per la medicina, l’architetto Ippodamo da Mileto fondatore di Thurii; Zaleuco, del diritto; poi Pirro, Annibale, ed anche Dionigi, il tiranno di Siracusa. Accanto a loro, in tempi più moderni, ecco tanti archeologi pionieri e precursori della conservazione e valorizzazione, come Paolo Orsi, Claudio Sestieri Pellegrino, Umberto Zanotti Bianco, Mario Napoli, Dino Adamesteanu. E molti, molti altri…

Monete con raffigurazione taurina rinvenute negli scavi di Sibari

Seguendo le vicende e la storia di queste poleis e subcolonie greche o italiote, con la loro prorompente vis operandi, si può dunque viaggiare fisicamente e con la mente in Calabria, ma anche in parte della Campania e della Basilicata, percorrendo strade antiche come la romana via Popilia. Si possono ammirare mari, monti, fiumi, teatri greci poi trasformati in romani, e agorà, templi, gymnasium, terme, per approdare simbolicamente in trafficati porti con floride rotte commerciali mediterranee collegate all’Etruria. E poi, si può sentire dappertutto l’eco viva della lingua greca – stoà, keiramikos, pinakes, ekklesiasterion…–  apprendendo il significato simbolico di draghi, delfini, ippocampi, leoni e tori, visitando musei ed antiquarium che conservano reperti di valore inestimabile: diademi, orecchini, anelli e collane d’oro, e monete.

Insomma, chi vuol esplorare e al contempo scoprire l’identità della Calabria e dell’Italia meridionale, chi deve e vuole passare per la storia per comprendere il presente, può farlo agevolmente leggendo questa piacevole pubblicazione di Beniamino D’Errico, che individua nell’“equilibrio tra identità e territorio” il principio fondamentale del turismo culturale, ponendo le basi per raggiungerlo con dati concreti, ma con informazioni semplici, chiare e lineari. L’autore offre, con ciò, un grande contributo alla promozione di un nuovo tipo di turismo nel Sud Italia, indicando lucidamente punti di forza e di debolezza della sua regione e difficoltà che ancora persistono, ma che si possono risolvere per trasformarla finalmente in una grande meta turistica internazionale.

Se viaggiamo per scoprire e per scoprirci, per lasciare l’ordinario e lasciarci sorprendere dallo straordinario, non è perciò indispensabile andare troppo lontano… Basta seguire Beniamino D’Errico alla riscoperta dei luoghi della Magna Grecia, dove lo spettacolo incommensurabile del paesaggio ancora “esotico” e il dato culturale ancora sorprendente, si fondono con il superbo sapore del mito.