
27 Apr NELLA CERTOSA DI SERRA SAN BRUNO, STAVA PER ARRIVARE BOCCACCIO…
Il grande poeta e novelliere toscano, lega ad un filo comune la Calabria, Firenze e Arezzo. Una sua lettera del 1371 rivela le intenzioni di dimorare nel celebre monastero sull’altopiano vibonese

Curiosità… Nella Certosa di Serra San Bruno, voleva entrare anche il grande poeta e novelliere toscano Giovanni Boccaccio! Calabria, Firenze e Arezzo legate da un filo comune. Lo rivela per Calabria Mundi lo storico e archivista di Soverato (Cz), Giuseppe Pisano, non nuovo a scoperte sorprendenti ed “eclatanti” su vicende e personaggi calabresi.
Nella grandiosa, leggendaria e “misteriosa” Certosa, l’imponente monastero fondato nel 1084 da San Brunone di Colonia assieme all’Ordine dei Certosini, hanno dimorato vari personaggi illustri, si sa. E fioccano pure varie ipotesi sulla presenza discreta di altre eminenti personalità della scienza, della fisica, della teologia. Ma c’è anche chi avrebbe voluto rimanerci per abbeverarsi alla fonte della preghiera, e poi non è riuscito in questo nobile intento mistico. Tra questi, ricorda Pisano, nientemeno che il grande scrittore di Certaldo, autore del Decamerone!

“Il sublime narratore toscano – rivela Pisano – avrebbe infatti voluto trascorrere qui un periodo della sua vita, se non addirittura il resto dei suoi giorni… Ma per una serie di circostanze, non vi riuscì. C’è una lettera scritta da Boccaccio di suo pugno, firmata gennaio 1371, che testimonia questo suo preciso intendimento, ritrovata a Firenze e pubblicata diversi anni fa dallo studioso e scrittore serrese Sharo Gambino”.
Il Boccaccio – ricorda ancora Pisano – si potrebbe dire che con la Calabria avesse una sorta di debito di riconoscenza, per il fatto che durante il suo soggiorno napoletano, ebbe modo di conoscere il celebre monaco calabrese Barlaam da Seminara, grandissimo letterato del suo tempo, da cui apprese i primi rudimenti del greco, poi portati avanti sotto l’insegnamento di un altro grande erudito calabrese, anch’esso originario di Seminara: Leonzio Pilato, presente a Firenze e ad Arezzo. Fu l’altro sommo aretino Francesco Petrarca, precisamente, a far conoscere Pilato a Boccaccio. “

A quel tempo – spiega Pisano – la lingua greca veniva parlata nella maggior parte della Calabria. Barlaam fu maestro di latino e greco dello stesso Petrarca. Barlaam e Leonzio, accanto ad altri personaggi come il greco Manuel Crisolora, portarono in giro per l’Italia, soprattutto a Firenze, le conoscenze del mondo orientale, “innestate” in quello rinascimentale. Boccaccio aveva una certa simpatia per i Templari, dedicò uno scritto alla figura di Jacques de Molay, ultimo grande Maestro dell’Ordine, esaltandone i valori umani e trascrivendo il resoconto di suo padre, Chellino Boccaccio, testimone oculare del suo martirio avvenuto nel 1314″.