MOSCATO DI SARACENA, CAPOLAVORO ASSOLUTO

Il raffinato e delizioso vino passito “da meditazione” prodotto dalle Cantine Viola con l’impiego di un procedimento antichissimo e il recupero di vitigni e tradizioni locali millenarie, sta giustamente conquistando il mercato

di Roberto Messina

La sua eccezionale bontà è stata celebrata anche dalla grande letteratura. A cominciare dallo scrittore e viaggiatore britannico Norman Douglas, che nel 1915, nel suo libro-capolavoro Old Calabria, narra: “…sorge il prosperoso paese di Saracena, famoso fin dai secoli passati per il suo moscato. Lo si ottiene dall’uva portata dai saraceni da Maskat”. E qualche anno prima, nel 1901, ecco l’altro paladino del grand tour, George Gissing, nel suo insuperato reportage By the Jonian sea: ”Ricordo come sola cosa in pieno degna dell’antica Sibari, un vino bianco, gradevole al palato, chiamato moscato di Saracena”. 

Il “Moscato di Saracena” giunge finanche sulla tavola dei Pontefici romani, nel XVI secolo, molto apprezzato e richiesto, grazie ai buoni uffici del Cardinal Guglielmo Sirleto, grande personalità del suo tempo, che si procurò di farlo spedire per nave da Scalea ed entrare a pieno titolo tre le delizie dell’enoteca pontificia. Nato a Guardavalle, figlio di un medico, di profonda cultura (padroneggiavaebraicogrecolatinofilosofia e teologia, appassionato orientalista) Sirleto divenne tra i più fidati collaboratori di Papa Marcello II al Concilio di Trento, poi custode della Biblioteca Apostolica Vaticana, e tra i suoi allievi si annovera San Carlo Borromeo. Cardinale nel 1565, poi vescovo della diocesi di San Marco (1566) e di Squillace (1568), a Roma presiedette le commissioni per la riforma del Messale e del Breviario Romano, del Catechismo Romano, del Calendario dei santi e del Martirologio. Insomma, una vera colonna della Chiesa.

Il Moscato è un raffinato e delizioso vino passito “da meditazione” prodotto con un procedimento antichissimo, che in sostanza prevede la vinificazione separata dell’uva moscato, ottenuta dal vitigno autoctono e da altre uve. Il mosto ottenuto vinificando le uve malvasia e guarnaccia, viene concentrato per aumentare il tenore zuccherino, mentre l’aroma ed il gusto particolari provengono dall’uva moscatello, raccolta e appassita alcune settimane prima della vendemmia. Gli acini del moscatello e dell’adduroca, disidratati, vengono selezionati, schiacciati manualmente ponendo attenzione ad evitare la rottura del vinacciolo per non compromettere la pienezza di sapore, quindi aggiunti al mosto (prima spremitura) concentrato. Dopo una lunga e lenta fermentazione, si ottiene un passito color giallo ambra con riflessi aurei, dall’aroma intenso e dal sapore di miele, fichi secchi, frutta esotica. Una meraviglia per il palato e non solo, come vedremo più innanzi.

Ecco in sintesi i “numeri” e specifiche di questo vero e proprio elisir. Uve: Guarnaccia 50% e Malvasia 50% (dalle quali si ottiene il mosto); Moscatello di Saracena, da 15 a 30 kg per ogni hl di mosto, e Adduroca (termine dialettale che indica un’uva aromatica molto profumata) in piccole percentuali. Il luogo esatto in cui si produce (circa 7000 bottiglie l’anno), contrada Rinni, comune di Saracena (Cs), una distesa di argilla rossa a 350 metri s.l.m. con una superba esposizione al sole per l’intera giornata con a est-sud est la piana di Sibari e il mare Ionio con le sue benefiche correnti miti, e a nord, a riparare dai venti freddi la Catena del Massiccio del Pollino col suo Parco naturale. Il microclima è propriamente eccezionale, con sensibili escursioni termiche che consentono alle uve di raggiungere una concentrazione molto alta di profumi. Il sistema di allevamento è a” cordone speronato” con un sesto di impianto di 1m x 2,20 m. Negli ultimi anni si stanno recuperando degli antichi vigneti ad alberello, che danno uva di alta qualità.

Il Moscato ha 14 gradi alcolici, ed è da servire a 12. Viene prodotto con pratica di agricoltura biologica certificata Bioagricert, e utilizzo di letame e sovescio. E’ fermentato e poi affinato in acciaio con lieviti autoctoni. Quindi tenuto a riposo per almeno dodici mesi, per poi esser affinato in bottiglia per almeno altri 18 mesi. All’esame gustativo risulta dolce, fresco, ampio, avvolgente, fine, intenso, molto persistente con sentori di albicocca, fichi, datteri e arancia candita. A quello olfattivo, intenso, molto persistente, fine con profumi di abicocca, fichi secchi, frutta esotica e scorza di arancia candita. Si accompagna in maniera ottimale e quasi naturale alla pasticceria secca come la pasta di mandorla, ai tipici “bocconotti” di pastafrolla con marmellata d’ arancia, alle macedonie di frutta (eccezionali le fragole lasciate macerare con moscato, limone e zucchero). Nelle degustazioni, viene accostato con successo ai fichi secchi nelle sue molteplici varianti (antica è la ricetta che vede questi frutti imbottiti con mandorle, noci e bucce di limone e infornati), ed ai Panicelli di uva passa (fagottini di uva zibibbo aromatizzata con bucce di cedro, avvolta in foglie dello stesso agrume e disidratata in forno). Particolare ed estremamente gustoso, è l’abbinamento con i formaggi, fra cui i pecorini non eccessivamente stagionati (con l’aggiunta di miele o marmellata) ed i formaggi erborinati.

Custode di una secolare tradizione del paese di Saracena, che si vuole discenda dall’antica Sestio, fondata dagli Enotri, come riferiscono Strabone, Stefano di Bisanzio e Padre Fiore, intorno al 2256 a.C., e nel 900 dell’era cristiana, conquistata dai Saraceni i quali vi fissarono la loro sede e poco dopo scacciati dall’esercito imperiale di Costantinopoli, il Moscato è un vanto particolare delle Cantine Viola e dell’omonima famiglia che lo produce, a cominciare dal capostipite Luigi Viola, maestro elementare in pensione, da sempre appassionato di natura e agricoltura, che dopo aver insegnato per oltre 35 anni, ha deciso di dedicare a tempo pieno le sue energie al recupero, la valorizzazione e la diffusione di questo nettare, da uve che – va rimarcato – correvano il rischio di estinzione. Con la sua inestinguibile passione, il prof. Luigi ha coinvolto l’intera famiglia: la moglie Margherita, i tre figli Roberto, Alessandro e Claudio, e incrementato la produzione di questo vino che, una volta proposto al pubblico e ad esperti del settore, ha avuto un riscontro eccezionale. Col tempo è stata ampliata la gamma dei prodotti, puntando sempre sulla qualità e genuinità ed eleganza, utilizzando vitigni autoctoni come il Magliocco dolce, la Guarnaccia, la Malvasia e il Mantonico. Così, ciò che era nato quasi per scommessa, è divenuto un lavoro importante e ricco di stimoli, che ha arriso ai Viola (anche grazie alla consulenza specialistica dell’enologo Alessio Dorigo) oggi alacremente impegnati nello sviluppo commerciale del Passito e di un importante rosso ricavato dal Magliocco, il “Rosssoviola”, un vino che affina 12 mesi in barriques di allier e almeno due anni in bottiglia prima della commercializzazione; accanto a questo un  bianco ottenuto da Guarnaccia e Mantonico, il “Biancomargherita”, il 10% affina in barriques per 12 mesi e viene successivamente unito al restante vino in acciaio,  imbottigliato per poi affinare non meno di 12 mesi prima della commercializzazione.

Con le vinacce del Moscato Passito di Saracena si ottiene poi un’ottima grappa barricata. Infine, da un piccolo uliveto secolare di una cultivar autoctona detta “saracenara” si produce la “Verace”, che dà un olio extravergine d’oliva biologico.

La fama del Moscato di Saracena, oltre che nella letteratura, va assai indietro nella storia. Una ricerca del Prof. Pietro De Leo dell’Università della Calabria, ne rintraccia infatti l’effettiva datazione fino alla citata epoca ecclesiale, ma pure assai più indietro, fino ad era saracena. E, parallelamente alle “proprietà” ataviche, ecco rivelarsi anche quelle, ancora più forti, organolettiche e salutistiche, data l’alta concentrazione di antiossidanti (pare 40 volte in più rispetto ai vini rossi). Buono, dunque, ma anche salutare. Magnifico da degustare. Ed al tempo stesso elisir, cordiale e nettare per ogni tavola. 

Il Moscato Viola si è così preso la scena. E il bello dovrà ancora venire, perché (provare per credere) chi lo assaggia non lo dimentica… Nei migliori ristoranti e hotel italiani, nelle più rinomate enoteche, già in Inghilterra e Danimarca, atterrato in America, il futuro di questa meraviglia di natura, tradizione, sapienza e tecnica, si lascia dunque intravedere come di grande soddisfazione per i Viola, per la Calabria, per l’Italia delle tante eccellenze.  

Per chiudere, due parole sull’origine del termine Moscato. Comprende più di 200 varietà di uve appartenenti alle Vitis vinifera, specie utilizzate nella produzione del vino e, come uva passa e uva da tavola, in tutto il mondo e per molti secoli. I loro colori vanno dal bianco (come il Moscato Ottonel), al giallo (Moscato Giallo), al rosa (Moscato Rosa del Trentino) al quasi nero (Moscato di Amburgo). Moscato e relativi vini, quasi sempre hanno un floreale, dolce, pronunciato aroma. L’ampiezza e numero di varietà, suggeriscono che è forse il più antico vitigno addomesticato, e ci sono teorie che la maggior parte delle famiglie all’interno della Vitis vinifera vitigno discendano dalla varietà Moscato. Fra i membri più importanti della famiglia Muscat, il Moscato Bianco, la varietà primaria usata nella produzione dell’italiano spumante Asti (noto anche come Moscato Asti) realizzato in Piemonte. E’ poi massicciamente utilizzato nella produzione di molti dei vini francesi fortificati, conosciuti come vin dolci naturali. Incerta l’origine del nome “Moscato”: per alcuni, dal persiano, con la parola much, che per i greci diventa Moskos, i latini muscus e i francesi Musc, e con l’italiano di Mosca per volare, forse riferito alla volatilità dell’aroma dolce e\o agli alti livelli di zucchero d’uva moscato, attrattivo comune per insetti come i moscerini della frutta. Altre teorie indicano quest’uva originaria dell’Oman, con capitale Muskat (come nella citazione di Norman Douglas) suo potenziale luogo di nascita, alternativo a quello della città greca di Moschato, a sud ovest di Atene, in Attica, con Moschato che è il sinonimo comune in Grecia per indicare le varietà Moscato.

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