22 Ott Massimo Falsetta: registi si nasce e si diventa
Un’importante carriera già alle spalle, il cineasta di Catanzaro cresciuto a Botricello ha bruciato le tappe, imponendosi in vari Festival mondiali, ma guardando alla sua terra d’origine con immutato trasporto e ora la prospettiva di un nuovo impegno
di Roberto Messina
Il disastroso 2020, tanto più deleterio per il mondo dello spettacolo e del cinema, è stato invece assai favorevole al regista calabrese (nascita e studi a Catanzaro, cresciuto a Botricello) Massimo Ivan Falsetta, che ha portato a casa importanti riconoscimenti internazionali e nazionali, con vari premi di rilievo per le sue due ultime pellicole.
Protagonisti in contesti di spessore: “Virgo, i piedi freddi delle donne” con Roberto Herlizka e la partecipazione di Anna Falchi; ed “Eclettico-fashion film”, girato per un brand della cosmesi, si sono imposti a Miami, con due festival diversi, poi in Svezia, a Hidalgo in Messico, a Roma e Bari, quindi, in finale, in Svezia e a Varese. Con “Virgo”, Falsetta ha poi vinto il premio “Best Drama” al Linear Film Festival di Manchester, in Inghilterra; il “Best Sci-Fi Director” al Best Film di Londra; e il “Best Cast” all’Alternative Film Festival di Toronto, in Canada. Onori, anche dalla sua Calabria, con l’attore Roberto Herlizka protagonista in “Virgo”, che ha conquistato il “Best Actor” al Festival “Colpo d’occhio” di Lamezia Terme.
Di Massimo Ivan Falsetta piacciono molto anche i “Fashion film”, e in questo settore è diventato un riferimento come regista pubblicitario, quasi una nuova forma d’arte, con la produzione di spot pubblicitari d’autore, posti consapevolmente al servizio di aziende e brand modaioli e del luxury, ma non solo. La sua ultima pellicola del genere, ha conquistato il premio “Creative Contest Award” al Chicago Fashion Film Festival, una delle manifestazioni più importanti al mondo in cui si sfidano i migliori registi e marchi mondiali. Per quest’ultimo film, è arrivata anche la vittoria a Bucarest e la proiezione a New York, Florida, Grecia e Russia.
Falsetta è stato chiamato, per questi risultati di pregio, a tenere una masterclass del corso “Fashion studies” all’Università “La Sapienza” di Roma, con oltre cento studenti collegati da tutto il mondo. Ora vari altri impegni sono per lui all’orizzonte, ma con la sua A.C.AR.I (Associazione Culturale Artisti Italiani) che ha prodotto i video, ha comunque nell’obbiettivo pure la sua amata regione d’origine, con vari progetti.
Abbiamo incontrato Massimo Falsetta a Roma, dove ha di recente presentato in proiezione privata alla Sala Troisi, il suo ultimo lavoro dal titolo “L’ultimo stop” prodotto da Ipazia Production, di Donatella Busini, con protagonista Neri Marcorè e nel cast Euridice Axen, per un’approfondita conversazione, che comincia dall’inizio della sua carriera.
“Tutto è stato avviato – dice Falsetta – con la vincita di un Premio per aver realizzato uno spot amatoriale durante una convention di venditori di una nota azienda di telefonia. Avevo 20 anni. Da lì, finii sul set di ‘Dolce & Gabbana’ di Tornatore, e l’amore per il cinema sommato all’intuizione che potessi avere talento, hanno fatto sì che iniziassi a dedicarmi alla regia”.
E gli spot in pubblicità?
“Proprio su questo set di Dolce e Gabbana… Anche se l’amore per il fashion film mi sta regalando un nuovo inizio, adoro creare storie emozionanti e creative per i brand.”
Dagli esordi con “Curricula” nell’anno 2004, ad oggi con “L’ultimo stop”, sono decenni di attività. Cosa ti manca dei primi tempi, cosa ti dà soddisfazione ora?
“Oggi sono un regista maturo, che sa scegliere i progetti, e questo mi dà soddisfazione. Per la frenesia di girare, ho perso tanto tempo, inseguendo gente inconcludente. Oggi ho piena consapevolezza del mio tempo e del mio valore. Dei primi anni, mi mancano tanti amici sparsi per l’Italia e per il mondo, con i quali si discuteva di cinema in una Roma con ancora tante belle sale aperte e che respirava arte a pieni polmoni”.
Il tuo momento formativo più importante? Cosa hai appreso in particolare?
“L’esperienza al Centro Sperimentale di Cinematografia, e lavorare a fianco di Giuseppe Tornatore, mi hanno dato molto”.
Parliamo dei “traguardi” raggiunti e dei festival vinti: con quali opere e in che settori?
“Nel 2020 sono stato tra i registi più premiati, con due lavori: ‘Virgo i piedi freddi delle donne’, con Roberto Herlitzka e Anna Falchi, un corto sci-fi drammatico con il quale ho vinto a Londra, Manchester e Lamezia Terme e in finale in Giappone e Madrid. Ho partecipato a festival di diverse parti del mondo. ‘Eclettico Fashion film’ con il quale ho vinto il Creative Concept Award al Chicago Fashion Film Festival e altri festival in America. Si può vedere su www.massimofalsetta.com
Il regista che ami di più? Il tuo modello?
“Tanti e tutti diversi, per poterne dire uno. Molti del passato, tanti del presente. Domanda troppo difficile per sceglierne uno solo. Prendo il bello dai più grandi”.
Cosa ricordi del periodo di vita a Botricello\Catanzaro?
“Gli anni del liceo e dell’università, il mare d’inverno, mia madre che cucina e quel profumo di buono, mio padre che mi racconta i suoi viaggi per il mondo. Ogni ricordo che mi suscita nostalgia trasuda della mia città e del mio paese”.
Gli anni della scuola. Ricordi. Rimpianti.
“Dovresti vedere “18 e due figure”, lo dedicai ad un amico scomparso a 19 anni, Sergio. Le interminabili partite a carte. Ricordi da riempire troppe pagine… Rimpianti? Forse non aver seguito sin da subito le mie intuizioni”.
La materia che ti appassionava di più, e quella che invece odiavi?
“Amavo la Storia e la Storia dell’arte. Odiavo il Latino, ma mi ha aperto la testa”.
Ti era venuto in mente di proseguire gli studi in altre direzioni?
“Sì! Se ho fatto bene a non cambiare? Se oggi sono quello che sono, lo devo anche ai miei studi scientifici”.
La tua è stata, come si dice, una vocazione?
“Un amore a prima vista”.
Il tuo lavoro di regista, cosa ti piace di più e cosa meno?
“Amo inventare storie e personaggi, dar loro vita e immagini, portarli insomma sul nostro pianeta. Mi piace la frenesia del set. Trasmettere i pensieri agli attori. E gli applausi sul set e in sala. Di meno, il missaggio audio: troppi tempi morti ad ascoltare rumori che poi non saranno presenti nella pellicola. Poi, affidarsi agli altri per far nascere un progetto. In Italia sembra che stiamo col cappello in mano ad elemosinare, quando invece potrei dimostrare, carte alla mano, che con le giuste scelte girare un film o un video (nell’era in cui il video è il re della comunicazione) è un’occasione potente di guadagno e visibilità”.
È il genio solitario a trovare le grandi idee?
“In genere sì. Io da qualche anno ho una pregevole consigliera, Vale, la mia compagna. Dalle sue reazioni capisco se un’idea o un video possono funzionare. Ha buon gusto. Ciò non toglie che ascolto con molta attenzione le persone e i miei collaboratori, e se propongono l’idea giusta, la faccio mia. Solo gli asini, con buona pace di questi animali, che pare siano assai intelligenti, e della loro proverbiale ostinatezza, non cambiano strada”.
La rete internet. Stimolo imprescindibile? O pensi che le idee nuove nascano sempre e comunque in solitudine…
“È un potente strumento di approfondimento. Io cerco l’originalità, ma se devo documentarmi su un qualcosa per portare un’intuizione verso una forma più evoluta, internet con la sua praticità d’archivio mi aiuta a documentarmi. È anche un modo per ridurre le distanze. Chi vuole, per esempio, fare cinema o promuovere la propria azienda, con un click sa già come contattarmi e io posso fare altrettanto. Una volta era molto più complicato. Il web è diretto, schietto, veloce e veritiero. Se lo scruti bene, puoi scegliere tra i migliori e le migliori informazioni”.
Il lavoro nel fashion film.
“La fusione tra cinema e moda mi consente di creare emozioni visive pure. Sono libero di infrangere gli schemi, di stupire, di curare l’estetica delle immagini. L’intento del marchio coincide con la mia voglia d’artista, di essere libero, di creare frammenti di cinema particolare per attrarre l’attenzione di un pubblico che vuole emozionarsi, provare piacere e far felici i sensi.. Girare un fashion film è la cosa più utile e fruttuosa che possa fare un brand”.
L‘impegno nel brand journalism, nella promozione aziendale e nel marketing.
“Altrettanto stimolante. Le aziende, oggi più che mai, hanno bisogno dei creativi, e trovare in Italia chi ci ritiene indispensabili, è qualcosa di importante. Le aziende e i brand, finalmente hanno scoperto il nostro valore, ed è per questo che in ogni lavoro che faccio per loro, ci metto il rispetto e la cura dei loro interessi. la loro immagine è anche la mia”.
Veniamo alla terra d’origine. Cosa pensi in cuor tuo della Calabria e dei calabresi?
“È la mia terra, sono e resterò sempre calabrese. Ne sono parte, anche se ormai vivo lontano dalla Calabria. In cuor mio, penso che la regione meriti tanto di più e che i calabresi dovrebbero impegnarsi nel profondo per l’amore che la nostra terra merita. Mi fa incazzare vederla sempre in pessime mani o come terra di conquista. Se tra i calabresi in regione ci fosse lo spirito di aggregazione che mettiamo noi calabresi tra noi fuori regione, sarebbe la prima regione d’Italia su quasi tutto. Siamo un grande popolo, con caratteristiche uniche e tanti primati del territorio sottaciuti o sconosciuti”.
Esiste secondo te un’identità, una peculiarità calabrese?
“Il fico d’india. Spinoso fuori, dolce dentro”.
In cosa ti senti calabrese? E in cosa no?
“Sono calabrese nel rispettare la parola data. Non mi sento un vero calabrese, perché mangio senza aglio e cipolla”.
Catanzaro. La tua giovinezza…
“La ‘Birreria degli amici’. I giardini di San Leonardo. Il Supercinema, il Comunale e il Teatro Masciari. Il mio primo set importante su Corso Mazzini, con “Pioggia a Pois”. Il panino alla ‘zingara’. I gruppi rock e le feste patronali. Gli unici giallorossi nel mio cuore. E l’amicizia, quella con la A maiuscola”.
Un’idea per la città capoluogo della Calabria.
“Un po’ meno autocelebrazione e tanta nuova narrazione. Se Catanzaro narrasse agli altri quello che dice a sé stessa, stupirebbe tanti. È una città che serba tante sorprese”.
Alla Calabria mancano le prospettive? Cosa suggerisci?
“Non mi far parlare. Cosa suggerisco? Scavalcare i potentati locali e usare la rete. Non votare ‘perché c’è l’amico’, ma soprattutto non votare chi promette un guadagno. Il rispetto, diamolo solo ai padri e alle madri che si spezzano la schiena, a chi conosce il lavoro e i sacrifici”.
Calabresi cui ti senti particolarmente legato e calabresi fondamentali per la tua vita e la tua carriera…
“Fammi ricordare l’attore Giacomo Battaglia, se penso alle nostre lunghe chiacchierate, sento un vuoto dentro”.
L’ho ben conosciuto anch’io… Lo salutiamo assieme, lassù! E proseguiamo: un libro o un film cui ti senti particolarmente legato?
“‘Il cielo sopra Berlino’ come film, e ‘Lettere dalla Kirghisia’ di Silvano Agosti come libro”.
Da quali passioni è animato Massimo Falsetta?
“Gli acquari, ne ho due e sono tutti allestiti come due piccoli paesaggi naturali”.
Parliamo del tuo lavoro di sceneggiatore.
“Amo la scrittura. Da lì prendono corpo le storie. Che sia mia o di altri, non importa, quello che conta è dar loro vita, e la sceneggiatura me lo permette. Si può scrivere di tutto, da un video di qualche minuto, fino a una serie di interminabili puntate: basta vedere cosa accade: è questo, forse, il mio vero talento”.
A cosa stai lavorando attualmente?
“Calcio. Eutanasia e moda. Ti dico solo questo. Con Marco Posata, un giovane scrittore abruzzese, stiamo scrivendo alcune pubblicazioni”.
Registi si nasce o si diventa? O tutt’e due?
“Tutt’e due. Se si nasce, poi bisogna avere la consapevolezza di esserlo, e non è facile”.
Se ti chiedessero di candidarti al Parlamento? Da cosa inizieresti il tuo lavoro di riforma culturale e quello, diciamo, di riforma strutturale generica?
“Partirei dal mettere al centro le idee. Niente reference system. Contano le storie. Basta finanziare i soliti quattro gatti! Niente contributi a pioggia. Un Paese come il nostro deve mettere al primo posto la cultura. Con la cultura si mangia. Riporterei in vita gli spazi non più utilizzati, che stanno marcendo spesso per la troppa burocrazia. Studierei un modo per riaprire i cinema con un piano di conversione che sappia uscire fuori da ogni logica di corporazione. Il pubblico non è scemo, va solo coinvolto in qualcosa di emozionante. Sulla riforma strutturale, troverei un modo per penalizzare i raccomandati, i lecchini, i delinquenti e gli imbroglioni. È per questo che non sarò mai deputato”.
Il Falsetta-pensiero sulla situazione attuale del Paese.
“Un Paese dove chiudono i cinema (e non parlo del periodo del Covid) è un Paese incapace di sognare…”.
Il tratto peculiare del tuo carattere.
“Determinato, romantico e inguaribile sognatore”.
Il principale difetto.
“Mantengo sempre la parola data e penso che gli altri facciano altrettanto”.
Il principale pregio.
“La curiosità”.
Il maggior rimpianto.
“Aver troppo assecondato le persone. Tempo ed energie positive perse.”
Il tuo sogno di felicità.
“Sono già felice”.
L’evento che ti ha cambiato la vita.
“Se escludo emigrare, direi la nascita di mia figlia Margot”.
Il tuo personaggio preferito di sempre.
“Drugo, ne ‘Il grande Lebowsky’”.
Il tuo eroe.
“Mio padre”.
Chi richiameresti in vita?
“I miei nonni”.
Il personaggio storico più ammirato.
“Leonardo da Vinci”.
Il tuo motto.
“Non importa quanto vai piano, basta che non ti fermi”.
La tua città preferita.
“Parigi”.
Il posto più bello in Italia e nel mondo tra quelli visitati e quelli immaginati.
“Roma”.
Qualche aggettivo per Roma e qualcun altro per la Calabria, Catanzaro e Botricello.
“Roma: rimpianta. Calabria: maltrattata. Catanzaro: snobbata. Botricello: gustosa”.
Musica preferita.
“Dal rock, all’elettronica. Dai Pink Floyd, alla dance anni ‘90”.
Pietanza preferita.
“Peperoni e patate”.
Il sogno nel cassetto.
“Un film su Massimo Palanca”.
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