11 Gen La Ricerca scientifica in Calabria, per “coltivare” un futuro migliore
Intervista ad Alessandro Soluri, catanzarese, ricercatore del CNR, inventore di apparecchiature sanitarie di importanza mondiale per la diagnosi precoce tumorale
A Roma, strappandolo al suo abituale quotidiano tour de force tra un impegno e l’altro, che prosegue ininterrotto da decenni con irriducibile passione e immutabile entusiasmo, incontriamo Alessandro Soluri, originario di Catanzaro (Lido), già Direttore dell’Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare del CNR (il Consiglio Nazionale delle Ricerche), quel che si dice un’autorità nel suo campo, promotore di diverse iniziative di sviluppo industriale sui dispositivi medici indirizzate prevalentemente nella diagnosi e prevenzione dei tumori.
Autore di oltre 18 brevetti concessi a livello internazionale, si occupa in sostanza di trasferire le proprie competenze al sistema industriale del Paese. Roba non da poco. E come si capisce, ogni volta, anche con importanti e seri interessi economici in campo. Essendo un fisico (laurea sempre nella “Caput Mundi”) si è concentrato su applicazioni in Medicina (le strade si incrociano) e progettazione di strumenti innovativi per la diagnosi dei tumori. Il suo primo brevetto è del 1995: una sonda scintigrafica per la localizzazione del cosiddetto “linfonodo sentinella” su cui, in collaborazione con l’azienda abruzzese “Pol.hi.tech.” nasce la prima sonda utilizzata allo IEO (Istituto Europeo di Oncologia) nientemeno che dal prof. Umberto Veronesi. Uno strumento con il quale il luminare potrà meglio affermare la sua tecnica nella localizzazione del solo linfonodo “invaso” da cellule neoplastiche, evitando interventi più invasivi (svuotamento ascellare).
Da quella data, molto è trascorso, ma la passione per la Ricerca, nel tempo porterà a Soluri altri frutti. Nel 2003 darà infatti inizio ad un’attività di “spin off”: vale a dire la fondazione di un’azienda in cui uno dei soci è “istituzione”, in questo caso lo stesso CNR. Scelta coraggiosa: un ricercatore che fa impresa. Nasce così la “Li-tech” (Life Imaging Technologies), azienda specializzata in macchine per diagnostica, di cui Soluri è presidente, che mette a punto la prima “gamma camera” portatile al mondo, alimentata a batteria, capace di entrare con tutta facilità e discrezione in sala operatoria, per visualizzare in tempo reale le lesioni tumorali. Da lì a qualche anno, saranno cinque i produttori al mondo che prenderanno spunto da questa tecnologia, ormai diffusa sul mercato.
Gli studi di Soluri non si fermano, e nel 2017 nasce un’altra start-up: “Imagensys”, capace in breve tempo di apportare significative evoluzioni alle precedenti tecnologie con una nuova “gamma camera” ultracompatta, a tecnologia tutta integrata e funzionante con batteria alla stregua di un telefonino. In pochi secondi è capace di fornire un’immagine diagnostica utile al medico per localizzare le patologie, anche, come detto, direttamente in sala operatoria. Al posto delle foto di un telefonino, con la stessa semplicità, rapidità ed economicità, qui si possono ottenere immagini dettagliate per documentare la presenza di lesioni. Immagini che possono salvare la vita!
Soluri si accorge che dal suo primo brevetto del 1995, le tecnologie sulle sonde utilizzate in chirurgia radio-guidata non sono granché cambiate. Nasce quindi, e sempre con la sua start-up, una sonda “direzionale”: vale a dire una specie di “navigatore” che dirige il medico-osservatore direttamente verso la lesione, facendo risparmiare tempo nella localizzazione.
Dott. Soluri, sappiamo che la Sua eccezionale inventiva non si ferma comunque qui e che c’è altro su cui sta lavorando mentre questi due prodotti si stanno giustamente facendo largo nel mercato. Può spiegarci meglio le funzioni di questi apparecchi medicali?
“Le macchine per imaging ad alta risoluzione utilizzate nella Medicina nucleare e i dispositivi per la Chirurgia radioguidata sono strumenti che localizzano patologie tumorali di piccole dimensioni. Forniscono un’immagine con dettagli superiori alle normali apparecchiature, e lo fanno in pochi secondi, dettagliando con precisione quanti linfonodi invasi devono essere asportati. Una sperimentazione condotta presso l’Humanitas di Rozzano (Mi), ha validato la tecnologia superando un trial clinico, e siamo sicuri che questo dispositivo troverà ampio consenso in quanto ha dimostrato l’utilità proprio nell’individuazione di un numero maggiore di linfonodi invasi, non visibili con le attuali tecniche. Si tratta di vite che possono essere salvate da possibili recidive, o in ogni caso, di interventi chirurgici evitati”.
Le altre idee in testa?
“Troppe per realizzarle tutte! Stiamo lavorando ad una nuova sonda da sala operatoria che localizza i linfonodi ed integra nello stesso strumento una tecnica ottica in grado di confermare la presenza di micro-metastasi direttamente in situ. L’idea è quella, un giorno, di sostituire la escissione estemporanea, vale a dire eliminare il tempo ‘morto’ per l’esame istologico del linfonodo prelevato, ora indispensabile per poter procedere con l’intervento chirurgico. Stiamo lavorando per una diagnostica che sia anche di prevenzione, che scopra cioè prima malattie che possono essere curate. Ma anche l’utilizzo nella Robotica Chirurgica e dell’Intelligenza Artificiale, con ovvi vantaggi di costi e vite umane”.
Queste ricerche, ci dica la verità, secondo Lei si sarebbero potute sviluppare anche nella Sua terra natia, la Calabria?
“Certamente. Negli ultimi anni in Calabria sono arrivati professionisti medici universitari di alto livello, con tecnologie all’avanguardia che molte altre regioni ci invidiano. È così, ma magari si sa poco. C’è una forte ripresa e voglia di innovazione, e su questa strada occorre proseguire perché la Ricerca va seminata, approfondita, diffusa, prima di poterne osservare i frutti e potersene avvantaggiare. Tanti gruppi di ricerca in Calabria vincono bandi con cui poter proseguire l’impegno e gli studi, e questo è motivo di fiducia per il futuro di una regione che deve esprimere i suoi talenti. Serve una sana metodologia in grado di far crescere i giovani validi, per consentire di coltivare la giusta ambizione. La strada è questa. Il PNRR può essere lo strumento, e spero che questi soldi siano spesi in quest’ottica, perché anche la Ricerca produce occupazione e sviluppo”.
Ha una ricetta per cambiare in meglio la Ricerca e la Sanità calabrese?
“Innovare non soltanto sul lato della Ricerca pura, ma anche su quello industriale. Sostenere le nuove imprese capaci di dare un contributo reale al Paese con prodotti che non siano solo quelli che la natura e la terra ci offre. Spesso la Calabria viene identificata con alcune sue specialità alimentari, forse sarebbe ora di uscire fuori da questo equivoco, favorendo la nascita di piccole e medie imprese hi-tech che possano fare filiera. Compito della Regione è favorire questo sviluppo, con bandi e percorsi di crescita che vanno programmati per tempo. Programmazione, è la parola vincente, perché senza, i soli investimenti non bastano. Occorre prevedere le esigenze che le start-up e spin-off possono incontrare sul loro percorso di crescita, offrendo loro i servizi essenziali, supportando le richieste di investimenti di fondi nazionali e internazionali. Occorre attrarre investimenti ed investitori che devono lì trovare le condizioni per avere fiducia nella qualità di quello che si sviluppa. In pratica, serve offrire servizi utili a potersi affermare nel mercato, che è sempre più difficile e globalizzato.”
Cosa pensa in cuor Suo della Calabria?
“E’ il momento di cominciare a seminare idee che possono germogliare. Vanno date ai giovani nuove prospettive lavorative, formandoli in professioni che guardano al futuro e al ‘loro’ domani. Professioni indispensabili, spesso sconosciute ai più perché assenti o quasi nel territorio calabrese, tanto più come attività su cui investire. Ci sono tante professioni di ‘nicchia’. La Calabria ha avuto negli anni tante promesse. Ora serve trovare e applicare concretezza. Tracciare strade concrete e sicure per far sbocciare le buone e sane idee a beneficio di tutti”.
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