
29 Lug Il mito di Aisaros (da cui il fiume Esaro) rivive nella preziosa gemma di Malvito, custodita nell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Avvolta in un alone leggendario, certifica la presenza dei Greci nel territorio, e assegna all’area archeologica di Pauciuri (dove è stata ritrovata anche una preziosissima Croce reliquario templare) un ruolo storico e archeologico di primo piano
di Giovanni Cristofalo
A seguito di una ricognizione di superficie a sud-est dell’area archeologica di Pauciuri, nel Comune di Malvito, viene ritrovato nel 2004 un pregiato castone di anello in perfetto stato di conservazione, databile alla metà del IV secolo a.C. che oggi è conservato presso l’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, l’Istituto centrale dipendente dalla Direzione generale dell’Educazione e Ricerca del Ministero della Cultura con un’attività operativa e di ricerca nel campo del restauro, della manutenzione delle opere d’arte e dell’insegnamento del restauro.

La gemma, finemente decorata, è un oggetto di alta oreficeria che ha destato nel 2010 grande attenzione, compresa quella dell’orafo calabrese Gerardo Sacco. Raffigura una scena che si richiama con molta evidenza al mito di Apollo e Artemide, cui è legato, e si rifà alla leggenda di Aisaros (Esaro) e al ruolo che in questa parte di Calabria ebbero due grandi polis del passato: Sibari e Crotone. Un’ipotesi, questa, che si ravvisa in tutta una serie di elementi e anche dal luogo in cui è stato ritrovato il reperto, quasi sulle sponde dello stesso fiume Esaro, anticamente conosciuto con la denominazione di “Kalabros”, che secondo l’insigne archeologa Zancani Montuoro diede il nome alla nostra regione.
Occorre, però, rimarcare il fatto che due fiumi in Calabria portano lo stesso nome: l’Esaro in provincia di Cosenza, e l’Esaro che bagna la città di Crotone. Questa sussistenza non può essere una casualità, e qui prende corpo un interrogativo: quale dei due Esaro ha avuto dai greci il nome per primo?
L’Esaro di Cosenza, attraversando numerosi comuni della provincia di Cosenza (Malvito, Roggiano Gravina, Santa Caterina Albanese, San Lorenzo del Vallo e Spezzano Albanese), ha origine dai monti Petricelle (m 1758 s.l.m.) e La Caccia (m 1744 s.l.m.). In pratica, è il principale tributario del fiume Cosciale ed il più importante subaffluente del Crati. È caratterizzato da una portata annua di quasi 9 m.³/s., è lungo 47 km, con un bacino idrografico di 543 km².

Il secondo, l’Esaro di Crotone, ha senz’altro la priorità più antica dell’attribuzione del nome. Lungo quasi 20 km, è dotato di un bacino imbrifero ampio all’incirca 100 km², interamente contenuto nella provincia di Crotone. Nasce dalle colline del comune di Cutro (KR), esattamente in località Manche della Vozza, presso Sant’Anna, dove negli anni Settanta dello scorso secolo è stato scoperto un santuario extra-urbano risalente al VI secolo a.C., con ogni probabilità dedicato a Hera.
Il ritrovamento della gemma costituisce un’importante testimonianza storico-archeologica sulla presenza dei greci in questo territorio, che attraversato dal fiume Esaro (un tempo semi-navigabile) aveva avuto un ruolo fondamentale per Sibari, poiché lungo i suoi sinuosi meandri si svilupparono per molto tempo i vitali traffici commerciali tra la potente Polis ionica e le colonie tirreniche di Scidro e Laos. Successivamente (e si spiega la trasmigrazione del nome) questo territorio subì l’egemonia di Crotone.
A tal proposito, scrive lo storico Pasquale Attianese: “Con la distruzione ab imis di quest’ultima (Sibari) da parte dei Crotoniati verso il 510 a.C., tutto lascerebbe intendere che siano stati proprio i discendenti di Milone a trasferire il nome e il culto del loro nume protettore, dopo essersi impiantati in quelle terre appena occupate. Pertanto, l’omonimia dei due corsi d’acqua va attribuita ad una chiara e\piéklhsiv [= richiamo] di Crotone nel periodo della e”ktasiv [= espansione] sul finire del VI secolo a.C. Quel nome, poi, si è mantenuto fino ai nostri giorni, soppiantando qualche altro precedente e più antico appellativo. L’importanza dell’Esaro, si deduce facilmente dall’emissione di serie monetali”.

Condivido questo ragionamento. Ma torniamo più specificatamente al mito di Esaro. Narra un’antica leggenda, riportata da Eustazio, che “Aisaros” era un giovanetto il quale, trovandosi a caccia, vide una cerbiatta che pascolava tranquilla sulle rive del fiume. Il mansueto animale era consacrato ad Artemide (Diana, la dea della caccia), ma il giovane non aveva notato il nastro di consacrazione che la cerbiatta portava al collo. Alla vista del giovane, la cerbiatta si diede alla fuga. Aisaros la inseguì veloce, colpendola con una freccia lanciata dal suo arco. L’animale, ferito, si rifugiò nella fittissima vegetazione fluviale, ed il giovane la inseguì ancora, addentrandosi imprudentemente negli alti canneti. La dea Artemide vendicò il sacrilegio e l’offesa subita, facendo annegare il giovane nella melma del fiume, che da allora, in ricordo del giovane che vi aveva trovato la morte, fu chiamato “Aisaros”.
Nella preziosa gemma di Malvito è ritratta la divinità fluviale, la dea Artemide, tra due cervi, mentre compie il gesto di trarre una freccia dalla faretra che porta sulle spalle. Sul lato destro è inciso il Dio Apollo che tiene in mano la lira: nudo, appoggiato al tripode delfico (elemento che troviamo anche in alcune monete di Crotone che raffigurano la testa giovanile di Aisaros) al quale è attorcigliato col titano Pithon, sconfitto dalla divinità. Il centro della scena è dominato da un’aquila che simboleggia Zeus, signore dell’Olimpo e padre degli Dèi. L’intera gemma è sovrastata dal sole e dalla luna, rispettivamente simboli di Apollo e Artemide.
Cosa suggeriscono queste figure impresse nella gemma? Nella simbologia della religione greca, Apollo (in greco antico: Ἀπόλλων, Apóllōn; in latino: Apollo) rappresenta il Dio del Sole (di cui traina il carro), e di tutte le arti, della musica, della profezia, della poesia, delle arti mediche (il Dio della medicina, infatti, è suo figlio Asclepio), delle pestilenze e della scienza che illumina l’intelletto. Il suo simbolo principale è il Sole, o la Lira. In seguito, fu venerato anche nella religione romana e in quanto Dio della poesia, ed è il capo delle Muse. Viene anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere con la sua arma terribili pestilenze ai popoli che lo osteggiavano. Poiché ritenuto anche protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo è anche venerato come Dio oracolare capace di svelare, tramite la sacerdotessa detta Pizia, il futuro agli esseri umani. Anche per questo, era adorato nell’antichità come uno degli Dei più importanti del Dodekatheon.

Artemide (in greco antico: Ἄρτεμις, Ártemis), nella religione dell’antica Grecia è la Dea della caccia, degli animali selvatici, del tiro con l’arco, della foresta e dei campi coltivati. È anche la Dea delle iniziazioni femminili, protettrice della verginità e della pudicizia. Figlia di Zeus e Latona, e sorella gemella di Apollo, è una dei dodici Olimpi, e la sua origine risale ai tempi più antichi. Fu più tardi identificata come la personificazione della Luna crescente, insieme a Selene (la Luna piena) ed Ecate (la Luna calante). Assieme ad Atena ed Estia, era una Dea vergine, armata di arco e frecce d’oro, dimorava nei boschi con i suoi affidabili cani da caccia e con uno stuolo di ninfe.
In conclusione, sembra chiaro ed evidente che la gemma di Malvito certifichi, sia pure avvolta in un alone leggendario, la presenza dei Greci in questo territorio, e assegni all’area archeologica di Pauciuri (dove è stata ritrovata anche una preziosissima Croce reliquario templare) un ruolo storico e archeologico che si può considerare, senza enfasi, di primo piano.
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