
14 Nov Il mistero delle “Grotte degli Sbariati”
A Zungri (Vv) la “città della pietra”, spettacolare sito archeologico la cui antica storia è ancora un arcano
di Roberto Messina
Zungri è un piccolo centro dell’area del Monte Poro, ubicato in una posizione strategica, distante pochi chilometri dalla costa degli Dei. Si affaccia sul Golfo di Sant’Eufemia, alle spalle di Tropea e Capo Vaticano e di rimpetto a Vibo Valentia. Il Monte Poro è la porta di accesso che dal mare porta all’entroterra, offre splendidi paesaggi e terreni assolati e al tempo ricchi di acqua, estremamente fertili, in cui la produzione agroalimentare, formaggi soprattutto, è una grande eccellenza che beneficia di grandi pascoli sempre verdi e aria salubre. L’aeroporto di Lamezia Terme e vicino, assieme alla Stazione Ferroviaria e agli svincoli autostradali.

Questa sua ottima posizione ha storicamente favorito l’insediamento di antiche popolazioni, alcune di queste per lungo tempo rimaste anche un po’ avvolte dal mistero, come gli “Sbariati” e le loro famose grotte. Un enigma di cui ci parla, unitamente alle peculiarità dell’importante Museo della Civiltà Contadina ed Insediamento Rupestre di Zungri, l’architetto Maria Caterina Pietropaolo, che di questa istituzione è direttore. La Calabria possiede varie testimonianze della presenza dei monaci Basiliani e tante grotte utilizzate come grange, cenobi, ritiri per la preghiera, la contemplazione e il romitaggio. Impressionante espressione di queste testimonianze è proprio a Zungri, nella cosiddetta “città di pietra”, un sito archeologico molto vasto, circa 3000 mq, che da studi speleologici recenti si ipotizza nato intorno al IX secolo, anno 1000. Il villaggio è costituito da un centinaio di case-grotta scavate nella roccia con ambienti singoli o doppi, alcuni anche su più livelli. Le strade interne sono costituite da percorsi-scalinate in direzione da monte a valle che conducono alle abitazioni ipogee.

Il sito rupestre – spiega la direttrice Pietropaolo – sorge in una posizione strategica. Si affaccia sul Golfo di Sant’Eufemia, quindi su Pizzo, Vibo Marina, Briatico, facilmente da qui si potevano avvistare le navi che vi attraccavano. Dal villaggio, invece, si riusciva a tenere sotto controllo tutto l’entroterra da Vibo Valentia fino a Mesiano e al Poro. Nulla si sa su chi lo scavò e chi lo abitò, e fino a quando il sito fu abitato. Le frequentazioni sono state attestate fino al XVIII Sec., ma niente è noto in tal senso. Presumibilmente vi giunse una popolazione orientale, fuggita dalle persecuzioni iconoclaste, già a partire dall’VIII sec. DC, con monaci e comunità cristiane perseguitati per il loro credo. Arrivarono via mare e risalirono la fiumara che da Briatico arriva a Zungri. Trovarono sorgenti d’acqua e silos, grandi e piccoli granai in cui venivano conservati i cereali già in epoca bizantina. E trovarono anche altre grotte dove, probabilmente, si erano rifugiati molti secoli prima, dei monaci eremiti italogreci che diedero vita al villaggio quale luogo sicuro e fertile, dedicandosi all’agricoltura, alla caccia, all’apicultura. Tra i loro membri, anche abili scalpellini e artigiani.
Il sito rupestre di Zungri con le grotte degli Sbariati non è frutto di casualità, ma di progettualità. È stato realizzato con grande maestria tecnica e funzionale e con l’utilizzo ingegnoso delle risorse naturali. È composto da varie grotte, circa un centinaio, che si estendono su una superficie di 3000 mq., al momento sono visitabili solo quelle del nucleo centrale. Le grotte hanno varie forme e dimensioni, monocellulari e bicellulari, destinate ad uso abitativo e ad attività produttive come i ‘palmenti’ per la produzione del vino. All’interno del sito presenti varie sorgenti e un’efficiente gestione delle risorse idriche con cisterne e canali per la raccolta dell’acqua piovana e sorgiva. Poi un’articolata rete viaria interna con scale e stradine, ed una esterna che collega l’insediamento al pianoro soprastante dove oggi sorge il paese di Zungri, e ai terreni fertili sottostanti fino al fondovalle ed alla fiumara. Tutto questo, frutto della sapiente escavazione del banco roccioso.

durante una visita guidata
Il sito fu ereditato da una famiglia del luogo che lo utilizzò per scopi agricoli, con stalle e depositi di attrezzi, fino a quando, tra fine degli anni ‘90 e 2000 non venne espropriato dal Comune per renderlo fruibile, dopo che, nel 1983, fu ‘scoperto’ dai primi archeologi guidati dal prof. Solano. Fu una scoperta memorabile (fino ad allora solo gli zungresi conoscevano questo posto) che cambiò anche il modo di concepire lo studio degli insediamenti rupestri calabresi. Oggi, grazie al lavoro svolto dai vari sindaci ed in modo particolare all’attuale amministrazione guidata dall’architetto Franco Galati, è divenuto meta di visita di tanti turisti, di gruppi e scolaresche, inserito nelle guide turistiche e scelto come tappa da vari tour operator.
Ci parli delle economie del Museo.

Attualmente, con il ricavato dei ticket d’ingresso. Questo ci permette, però, solo di sostenere le spese di gestione ordinaria, il ricavato viene assorbito dalle casse comunali e non permette all’Ente di reinvestire in spese straordinarie.
Dal punto di vista dell’affluenza turistica?
Negli ultimi anni l’affluenza è stata sempre in crescita, specie dopo la realizzazione, nel 2015, di alcuni interventi di riqualificazione a seguito di un finanziamento PISL della Regione Calabria con fondi europei. Interventi che hanno riguardato lavori come la ripavimentazione del viale d’accesso, la videosorveglianza, l’illuminazione notturna, oltre le varie strumentazioni multimediali collocate all’interno del Museo che consentono al personale un approccio diretto e funzionale con i visitatori.
Tutto questo ha consentito una maggiore visibilità dell’insediamento rupestre grazie anche ad un lavoro mirato sui social, che ha attirato, ed attira, non solo turisti e visitatori calabresi, ma tanti fotografi e giornalisti. Anche Uno Mattina è stata qui con un bel servizio di Paolo di Giannantonio. Ne ha scritto recentemente anche la rivista Fanity Fair. Sempre più tour operator inseriscono Zungri nei loro pacchetti, e questa visita viene scelta da scuole, gruppi, associazioni, escursionisti. Le Grotte di Zungri vengono apprezzate per ciò che rappresentano, un gioiello raro di architettura rupestre, con un intero villaggio scavato nella roccia, un unicum, un modello di residenzialità e di vita a noi semisconosciuto, risalente al medioevo o forse a tempi più remoti, ricco di fascino e di mistero attorno cui ruotano moltissimi interrogativi. Un neo, purtroppo, la non accessibilità a persone di età avanzata e con disabilità.

Personale del Museo, formazione, prospettive. E qualche mistero secondo lei ancora da svelare…
Il personale museale è composto da cinque unità. Io, che ricopro il ruolo di direttore e quattro operatrici (casualmente staff tutto al femminile…). Insieme, da 5 anni, abbiamo intrapreso la strada della riscoperta di questo sito e dell’annesso Museo e, con molto impegno e sacrificio, abbiamo ottenuto risultati direi considerevoli.
Ci sono voluti anni di costante lavoro volto alla formazione, allo studio ed alla conoscenza del luogo, alla ricerca di notizie storiche. Al momento si sono avanzate solo ipotesi ma, di fatto, nulla di certo è stato scoperto. Rimangono così aperti tanti interrogativi che da decenni aspettano risposta. I primi sono: cos’era in effetti questo posto? Chi l’ha scavato? Chi lo ha abitato nel corso dei secoli e fino a quando?
Per la visita all’insediamento rupestre è previsto un ticket d’ingresso. Grazie all’ausilio dell’App gratuita “Zungri” e di pannelli descrittivi installati lungo tutto il percorso, può essere visitato in totale autonomia dopo che il personale museale, attraverso il tavolo touch, ha illustrato tutto il percorso di visita (sono comunque possibili, con un costo aggiuntivo, visite guidate su prenotazione per gruppi e scolaresche).
Il percorso inizia dal Museo della Civiltà Rupestre e Contadina, nato nel 2003 dalla volontà di conservare il ricordo di un mondo rurale ormai quasi scomparso conservando le ultime testimonianze di una cultura millenaria. Un Museo che non è una semplice raccolta di oggetti, ma un Monumento all’oneroso lavoro dei contadini di un tempo che hanno fatto della terra la loro ragione di vita, all’eredità di una popolazione povera, umile ma molto industriosa e laboriosa e che ha contribuito al benessere e alla “modernità” di cui oggi godiamo. L’ubicazione del Museo non è casuale, è collocato all’ingresso del viale che porta all’insediamento rupestre, quale anello di congiunzione tra una civiltà che ha fatto propria la cultura del vivere in grotta, e di uomini non solo scavatori ma anche contadini, pastori, apicultori, monaci eremiti ma anche molto eruditi, che hanno portato in questi luoghi una sapiente cultura. Le Grotte di Zungri parlano di un mondo lontano, fatto di semplicità, ma anche di alta religiosità, di vita e di lavoro comunitario molto avanzato. Inserite nella meravigliosa cornice della macchia mediterranea, le case-grotta che fanno pensare al primitivo nucleo abitativo intorno al quale si svilupperà l’abitato di Zungri, costituiscono il quadro di una struttura urbanistica complessa e completa. Vari elementi artistico-architettonici concorrono a definire la rara tipologia di queste “case”, a testimonianza di antica laboriosità, ma soprattutto di perfetta conoscenza delle arti geometriche e dei principi di staticità grazie ai quali, ancora oggi, la maggior parte delle case-grotta si conservano intatte. E così, e giustamente, l’insediamento degli Sbariati rappresenta oggi uno dei maggiori attrattori culturali e turistici della provincia di Vibo Valentia e della Calabria.
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