22 Gen Il cane Pastore della Sila: razza nobile, antica e “superiore”
Sull’altopiano calabrese dalla notte dei tempi, questo straordinario animale, ora felicemente riscoperto, sta conquistando tutti per la sua bellezza armoniosa, il vigore, l’agilità, il carattere impavido e incorruttibile, la serietà e la dedizione con cui svolge il suo lavoro
di Roberto Messina
Il cane da Pastore della Sila (foto in copertina di Franco Daddo Scarpino per “Mammalia Calabra”) è tra le razze canine più antiche della penisola italica. Pare non esserci dubbio. E nemmeno sulla sua “qualità”: quando è stato presentato al primo raduno tenuto in Calabria, precisamente a Rende nel 2014, i giudici hanno infatti constatato che possiede un’uniformità di razza superiore a tutte le altre canine italiane.
La comparsa di questo tipo genetico di cani, in Calabria, è assai remota. Una teoria plausibile li vedrebbe arrivare, insieme alle mandrie di vacche podoliche, dall’Ucraina (la Podolia è la regione centro-occidentale dell’Ucraina) con la discesa dei Longobardi fino al Sud Italia. Teoria avvalorata dal fatto che quello silano, assomiglia molto al cane pastore della Mongolia (chiamato “Bankhar”).
Di questa sorprendente “scoperta”, parliamo con Vincenzo Sauro, un esperto zootecnico, ed in particolare di razze animali autoctone, membro dell’ASSONAPA-Associazione nazionale per la Pastorizia. Laureato in Scienze della Produzione animale alla Facoltà Medicina Veterinaria “Federico II” di Napoli, è al lavoro nella nostra regione come tecnico convenzionato di A.R.A. Calabria – Associazione regionale allevatori. Impegnato da sempre per la tutela, la promozione e la valorizzazione dei prodotti zootecnici e lattiero-caseari di aziende agricole locali, presidente dell’Associazione Amaltea che svolge attività di formazione per le produzioni casearie, Sauro è un vero “guru” del settore, autore di vari studi e pubblicazioni dedicati alla scoperta del made in Calabria “zootecnico” e della sua biodiversità.
“La perdita di biodiversità – ci spiega – è un grave problema, non solo per così dire, in se stesso. Si traduce, infatti, in perdita di ricchezza allargata e complessiva, perché insieme alla specie, scompaiono paesaggi, prodotti e culture locali ad essi legati”.
Sauro ama il suo mestiere, conosce nel profondo il suo campo, ma ha una marcia in più dovuta ad un orizzonte vasto in cui riesce agilmente e consapevolmente a muoversi: quello della storia, della tradizione, della cultura antropologica, e naturalmente, quello dei libri, dei “manuali” di cui è infaticabile lettore e ricercatore.
Riguardo al Pastore della Sila, Sauro ipotizza una sua propria teoria: la correlazione con la venuta dei monaci basiliani in Calabria, a cominciare dal 700, che avrebbero portato, da Oriente, insieme alle greggi di pecore e di capre, anche i cani custodi. La somiglianza del nostro cane, con il cane da Pastore “Corb” della Romania, e con l’antico cane “Karaman”, detto anche “Black Macedonian Sheperd Dog”, potrebbe ben sostenere quest’altra sua ipotesi.
Ma veniamo al nostro Pastore della Sila e alle sue caratteristiche, confrontate con un suo stretto parente, almeno in quanto a somiglianza e “funzione”: il Pastore Maremmano. Quello della Sila, è ben più agile, e lavora con il gregge in maniera differente. Appena si apre lo stazzo, e gli animali vanno a pascolare, si posiziona alla testa della mandria, cosi da bonificare il percorso degli erbivori da eventuali predatori. Dopodiché, prende la sua postazione a protezione.
La colorazione del suo mantello è non a caso uguale a quella delle greggi calabre, in un sostanziale “mimetismo” che va a sposarsi perfettamente con i cromatismi dei mantelli ovini e caprini autoctoni, che hanno tre colorazioni base: nero, nero focato e zibellino.
I nomi che i pastori silani hanno dato a questi cani, sono nomi valorosi, per sottolineare le peculiarità di questa nobile e forte razza: Saracino, Leone, Spezzacatina, Malocore, Guerriero, Brigante, Marasciallo… Anche le femmine sono chiamate con nomi arditi: Tempesta, Foresta, Tramontana, Battaglia, Magara.
“I nomi dei cani di mio nonno, che dimorava in Sila a località Feghicello, Taverna – mi ricorda a proposito Felice Foresta, collega giornalista-avvocato-poeta, e grande innamorato della Sila – si chiamavano Tramontana, Ponente, Maresciallo, Rizzieri… Quest’ultimo, assieme ad altri cani chiamati Orlando, Rinaldo, Fioravante, erano così appellati in ricordo dei gloriosi paladini di Francia che difendevano la Cristianità contro i Saraceni, e loro parimenti difendevano il gregge dagli assalti dei predatori”.
Come scriveva il marchese Armando Lucifero, naturalista e latifondista di Crotone, nel suo “Mammalia Calabra” (raccolta di articoli pubblicati sulla rivista di Scienze Naturali di Siena, riuniti in un volume del 1909 ristampato da Vincenzo Ursini editore): “Il Cane da Pastore calabrese è alto di statura quasi quanto un cane di Terranova, ha pelo lungo appena ondulato, coda sfioccata; muso aguzzo, orecchie corte, ma penzolanti; mantello bruno-fulvo uniforme nella parte superiore e biancastro nella inferiore, che talvolta si tramuta totalmente in bianco.”
E ancora: “Ha forza e robustezza non comune e sa servirsene nelle evenienze. Questi cani seguono duramente il giorno la gregge pascolante e nella notte la custodiscono con somma avvedutezza negli ovili e nelle siepi, ove suol’essere rinchiusa. E’ sulla regione appenninica, in ispicial modo, il campo di battaglia del cane da pastore: è li che dimostra la sua intelligenza, la sua valentia ed il suo coraggio. In quelle folte e sterminate foreste il Lupo regna sovrano; e, di frequente, unito in drappelli numerosi, assale le notte le mandrie, e talvolta anche le insidia durante il pascolo. E’ allora che il fido custode palesa tutta l’utilità dell’esser suo: con ardire insuperabile pone in fuga le belve, abbaiando e rincorrendole in tal guisa da circuirle di sovente ed ucciderne qualcuna. I pastori calabresi si sentono perduti, quando sono sforniti di questo amico e cooperatore per l’incolumità del loro bestiame; onde lo governano e lo curano con grande affetto, dedicandosi di tutto cuore al suo allevamento e alla sua educazione”.
Il cane da Pastore della Sila ha un carattere molto equilibrato, utilizza la sua forza quando serve (con i lupi e i grossi predatori), difficilmente dimostra irascibilità contro gli essere umani, senza diffidenza e aggressività, ama essere accarezzato (un esemplare ideale per la Pet terapy) e con il pastore-padrone istaura un rapporto forte. Può essere impiegato anche per la difesa della proprietà. Oggi (finalmente) è al lavoro appassionatamente un’associazione che mira alla tutela del cane da Pastore della Sila, l’ATPS-Associazione per la Tutela Pastore della Sila, grazie alla quale il cane dell’altopiano calabro si sta facendo conoscere a livello internazionale.
Tornando alle sue caratteristiche, descritte nello “Standard” dell’ATPS, si tratta di un animale armoniosamente costruito, grande, vigoroso, con forte ossatura, ma mai pesante, e con una muscolatura ben sviluppata. Dotato di una grande agilità. Il mantello, ricco di sottopelo, lungo e fitto nella stagione invernale, è di tessitura semi-vitrea, liscio, che accentua il vigore del cane. Carattere impavido e incorruttibile. Svolge il suo lavoro con grande serietà e dedizione, senza lasciare mai la mandria incustodita, con cui trascorre tutta la sua esistenza.
E’ estremamente rustico, in quanto abituato a vivere nelle condizioni estreme, di ristrettezze alimentari e avversità climatiche, dell’ambiente in cui da secoli lavora. Ha espressione vigile e attenta. Dotato di un’eccellente memoria. Diffidente con gli estranei, da cui difficilmente si fa avvicinare, ma in presenza del pastore/proprietario familiarizza con grande disinvoltura.
Se cresciuto a stretto contatto con l’uomo, manifesta grande docilità, grande vivacità e grande attaccamento nei confronti di chi lo ha accudito. Amorevole con i bambini, più focoso e irruento con gli adulti.
Grande capacità di apprendimento. Le sue capacità psichiche, lasciano intuire che, l’utilità di questo cane, non solo è circoscritta alla guardia, la sua sensibilità e dolcezza lo vedono adatto anche come cane da compagnia, indicato pure per attività sportive o per utilità sociale, insomma a funzione poliedrica. Il Cane Pastore della Sila, come il lupo, uscito da una favola. La favola della Sila, l’altopiano delle meraviglie che non smette mai di stupire.
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Foto di Giuseppe Marino, Franco Daddo Scarpino per “Mammalia Calabra”, Luigi Lorelli e Vincenzo Sauro.