I Calanchi del Marchesato: un “Parco” per preservare e valorizzare un inestimabile tesoro

Per iniziativa dell’Associazione di promozione sociale nata a Cutro (Kr), una volta scongiurato il pericolo di una discarica nell’area del crotonese, ecco il progetto consapevole e maturo di “ecologia del paesaggio” per la valorizzazione dell’incredibile scenario naturale e geomorfologico risultanza di millenari eventi deposizionali ed erosivi che vanno indietro nel tempo, fino a cinque milioni di anni fa

di Roberto Messina – Foto Martina Ciconte, Alessia Krizia Nicolazzi

A passeggio tra i calanchi del Marchesato

“Calanchi del Marchesato” è un importante progetto (e un sodalizio) nato da un problema trasformatosi repentinamente in grande opportunità… Le cronache parlano di una discarica che starebbe per sorgere incredibilmente tra le dune del Marchesato, in provincia di Crotone, in territorio di Cutro-Mesoraca-Roccabernarda. Secondo alcuni furbacchioni malintenzionati, lo straordinario scenario naturale che va dalla pre-Sila fino al mare di Le Castella e Steccato, per la sua origine argillosa, si presterebbe “bene” (in verità, “male”) ad accogliere rifiuti di ogni ordine. L’argilla ha un grande potere impermeabile, e perciò, ecco allora un luogo “ideale” in cui interrare tonnellate di scarti, e risolvere alla maniera antica il moderno problema dei rifiuti e degli scarti industriali che perseguita da decenni il mondo e la stessa provincia di Crotone.

Per fortuna questa sciagurata ipotesi di farne un’enorme pattumiera mascherata dall’abituale neologismo “termovalorizzatore”, scuote gli animi sensibili di un gruppo di giovani locali che per farvi fronte e contrastarla, decidono un pronto, accurato e significativo sopralluogo lassù, sui calanchi. E sulla balconata che affaccia verso le “dune gialle” citate da Pier Paolo Pasolini (che si disse infatuato dal luogo degno, o meglio, della Palestina in quanto a paesaggio) ne “La lunga strada di sabbia”, teatro di alcune scene del suo controverso film “Il Vangelo secondo Matteo” girato nel 1964 (e qualche decennio  prima de “Il Brigante Musolino”, nel 1950, regia di Mario Camerini, con Amedeo Nazzari) si rendono ben conto che quel posto così affascinante, spettacolare, unico, dovrebbe avere ben altro destino, ruolo e significato… E piuttosto che come discarica, certo assai meglio votarlo a vero paradiso naturalistico, a perenne testimonianza e tutela di paesaggio, storia e bellezza del Marchesato Crotonese.

I sentieri tra calanchi e biancane,
grande spettacolo della natura

Nasce così “Calanchi del Marchesato”, movimento di tutela e valorizzazione (poi divenuto Associazione di promozione sociale) che accomuna e anima un vulcanico gruppo di persone con idee semplici ma “rivoluzionarie”, cui subitamente aderiscono cittadini, associazioni ed Enti locali dell’area di riferimento. Una moltitudine che si trova a discutere di tutela e conoscenza del territorio, di turismo e sviluppo locale, in un clima di forte entusiasmo e di sincera condivisione di idee e obiettivi: il riscatto dall’abbandono delle terre, innanzitutto; la consapevolezza di appartenervi saldamente e indissolubilmente; l’obbligo di tutelare, difendere, custodire e valorizzare il territorio e il suo potenziale economico in una necessaria ottica di sostenibilità, circolarità e interesse comune.

Dagli animati ragionamenti delle prime riunioni, emerge un’idea fondamentale, chiara e compatta proprio come l’argilla dei meravigliosi calanchi: lavorare per la costituzione di un Parco, il “Parco dei Calanchi del Marchesato”, un insieme di luoghi dalle stesse caratteristiche geologiche e dalle forti evidenze storiche, archeologiche e culturali.

Vista del paese di Cutro (Kr) da Timpone Manigliere

Sin dall’evento “zero”, organizzato la scorsa estate con il Comune di Roccabernarda, il movimento delinea la sua missione di tutela dei calanchi e di promozione di iniziative di ogni genere, utili alla conoscenza dei luoghi ed al recupero dell’identità, proponendo varie attività trasversali. Protagonisti assoluti, i calanchi e le “biancane”, terre dal colore grigioazzurro con superficie rugosa simile alla faccia della luna, alcune più salate, come i “diapiri” di Zinga e altre dolci come le colline che da Cutro degradano verso il mar Ionio, dove si è pensato a coordinare passeggiate, concerti e letture, spettacoli teatrali e laboratori d’arte, sempre nel rispetto assoluto della natura e dell’ambiente.

I calanchi del Marchesato costituiscono un vero e proprio patrimonio geologico risultanza di millenari eventi deposizionali ed erosivi che vanno indietro nel tempo, fino a cinque milioni di anni fa, e che perdurano indisturbati sino ad oggi. Il cosiddetto “Geosito di Vrica”, al centro di questo spazio, è un unicum, qualcosa di straordinario, ben conosciuto dalla comunità scientifica internazionale come “stratotipo” del passaggio dal Pliocene al Pleistocene, con sedimenti “costituiti da argille marnose siltose grigie-azzurre che si sono depositate nel Pliocene tra 400 e 800 metri di profondità e che passano verso l’alto a biocalcareniti del Pleistocene”.

Biancana sul sentiero La scala

Al di là dei termini tecnici geologici, si tratta di un qualcosa di evidentemente rilevante, un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l’effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate, con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento, e che risulta altamente spettacolare, oltre che, come detto, testimone attivo e vivo di ere passate a partire dall’Olocene col  disboscamento delle foreste di querce sempreverdi, avvenuto per opera umana, e poi con l’affioramento delle argille azzurre pliopleistoceniche dai profondi solchi “a lama di coltello” disposti parallelamente, caratterizzati da versanti privi di vegetazione e molto scoscesi.

Le biancane tendono a formarsi in sedimenti piuttosto coesi, con alta percentuale di solfato di sodio, che, con le precipitazioni atmosferiche si scioglie e migra negli strati più profondi del terreno. La successiva insolazione fa risalire in superficie le soluzioni saline, che poi tendono a precipitare nuovamente con l’evaporazione. Questo procedimento, ripetuto più volte durante la stagione arida, crea le caratteristiche fessurazioni sui versanti. I calanchi, invece, tendono a formarsi su suoli più granulosi (limi argillosi), con una percentuale di sabbia nella loro composizione. L’inaridimento del terreno e la formazione di croste dure, separate da fessurazioni e spaccature più o meno profonde, sono le dirette conseguenze delle piogge che rompono e sciolgono le particelle del suolo, le quali successivamente, a causa della veloce evapotraspirazione, si riaggregano e cementificano in strati spessi e duri, sulla superficie.

Calanchi e mura antiche lungo il sentiero La scala

A seguito delle riforme agrarie degli anni ‘50, in Italia molte aree marginali agli apparati calanchivi sono state rimodellate e concimate, per essere utilizzate in ambito agricolo. Le dirette conseguenze, sono state una forte riduzione della biodiversità, ed un altrettanto preoccupante impoverimento dell’eredità culturale locale. Il risultato è che i calanchi sono stati sovente e un po’ dappertutto alterati (irreversibilmente in alcuni casi) e pare tenderanno a scomparire del tutto, se non salvaguardati. Le aree calanchive delle Crete Senesi, in Toscana, ne sono un esempio. Sebbene le forze che contribuirono alla loro formazione non siano del tutto inattive, le regolari e abbondanti concimazioni hanno portato il livello di materia organica presente nel terreno ad un valore superiore al 2%, stabilizzandolo e sottraendolo all’azione erosiva. Al contrario, in Basilicata, i calanchi vicino Pisticci, non stanno scomparendo, nonostante alcune aree siano state sottratte nel tempo e destinate alla produzione cerealicola. La differenza, è stata nel processo di bonifica più graduale, nei ridotti apporti di concime per opera umana, e nella presenza di un clima particolarmente aggressivo. Tutto ciò, ha permesso ai processi erosivi di continuare la loro azione e conservare la morfologia originaria del calanco.

I calanchi del Marchesato, considerata l’accennata prospettiva di una scomparsa, più o meno graduale, di queste aree così particolari e suggestive, quale seria minaccia al patrimonio paesaggistico e culturale italiano, costituiscono perciò un prezioso tesoro, con la forte esigenza di mettere in atto nuovi approcci alla loro gestione, che portino ad uno sviluppo più sostenibile e rispettoso delle peculiarità fisiche, morfologiche ed ecologiche, al fine di preservare la ricchezza e la biodiversità di zone governate da equilibri particolarmente fragili, e quindi avviare un’adeguata azione di ristabilimento sostenibile del paesaggio, ripristinando gli habitat originari e di conseguenza lo scenario così come era prima della trasformazione. Recupero del paesaggio storico, ecologia del paesaggio, rispetto degli habitat: tre assiomi da tenere ben saldi.

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