17 Apr Guido Mannella il super-ingegnere alla guida della linea 4 di Milano
Catanzarese doc, dopo avere lavorato a Roma per l’ampliamento dello scalo di Fiumicino, della stazione Termini, della terza corsia del raccordo anulare e per le Linee C e B1 della metropolitana, dal 2016 è impegnato nel capoluogo lombardo per la costruzione della nuova Linea 4 della metropolitana milanese.
E’ nipote di Nicola Ceravolo, lo storico e amatissimo presidente del Catanzaro Calcio
di Roberto Messina
Guido Mannella è uno che i “sogni” li costruisce. Li progetta. E poi li trasforma in realtà. Sarà per quella determinazione che egli stesso evidenzia tra i suoi tratti peculiari, oppure semplicemente perché, da buon calabrese (è catanzarese) ha imparato a credere che “nulla che si voglia veramente è impossibile”.
Ad ascoltare il racconto della sua vita, difatti, sembra proprio così. Dopo la laurea in ingegneria a Napoli, Guido, rampollo di una famiglia borghese del capoluogo calabro, stimata e amatissima (suo nonno era il compianto “presidentissimo” Nicola Ceravolo) si reca per un breve periodo a Brindisi per “farsi le ossa” con la Torno S.p.A., allora colosso italiano delle costruzioni, nel cantiere Enel Brindisi Sud dove negli anni a cavallo tra l’80 ed il ’90 si costruisce la più grande centrale termoelettrica d’Italia. E’ l’inizio di una carriera ultra trentennale ricca di grandi soddisfazioni.
Di lì a poco si trasferisce a Roma, dove risiede dal 1993, e svolge la propria attività come dirigente e socio della CMB – Società Cooperativa Muratori e Braccianti, di Carpi. Nella capitale in breve inanella una serie di entusiasmanti esperienze, conducendo i cantieri di realizzazione di grandi opere di interesse nazionale e internazionale. E’ infatti sotto la sua direzione che vedono prendere corpo la nuova viabilità dell’Aeroporto internazionale di Fiumicino e dell’urbanizzazione della nuova area cargo del medesimo scalo; il “recupero conservativo” dell’ala Mazzoniana della stazione di Roma Termini con il nuovo terminal per il Giubileo del 2000; la terza corsia del grande raccordo anulare di Roma comprensiva del nuovo svincolo su via Trionfale (l’unica “Consolare” di ingresso a Roma che non era ancora servita dalla grande infrastruttura) che in soli due chilometri di strada comprende quattro gallerie naturali, due gallerie artificiali e due viadotti.
Successivamente Guido Mannella ha ricoperto, dal 2008 al 2011, tra gli altri, anche il ruolo di vicedirettore generale della Società “Metro C”, costituita tra Astaldi, Vianini, CMB, CCC, Ansaldo STS: una grande scommessa dell’imprenditoria italiana per eseguire in qualità di “General Contractor” la terza linea metropolitana di Roma, la “Linea C” appunto. Un impegno enorme, di responsabilità, di prestigio, che non gli impedisce però la costante simbiosi con la propria terra, con la sua città.
Ma il periodo romano è destinato ad un improvviso cambiamento: nel 2012 l’Ing. Mannella è atteso da nuove e ancor più sfidanti iniziative con la Salini Impregilo S.p.A.. Una breve parentesi a Milano ad occuparsi della Strada Statale 36 del lago di Como, con la realizzazione della galleria di Monza, per poi occuparsi nuovamente di metropolitane, ancora a Roma per la Metro B1, ed infine, dal 2016, a Milano per la linea 4.
La linea 4 della metropolitana di Milano è un’opera realizzata grazie alla forma contrattuale di partenariato pubblico privato che vede impegnato il Comune di Milano con un gruppo di costruttori privati, guidati da Salini Impregilo, che ha il compito di costruire l’opera, partecipando al finanziamento per un terzo del suo valore, e gestirla per 23,5 anni. Per la costruzione dell’opera i soci privati hanno costituito il Consorzio MM4 nominando, su indicazione della capogruppo Salini Impregilo, Presidente e Consigliere Delegato, l’ing. Guido Mannella.
L’opera in questione è una intera linea metropolitana automatica con un tracciato tutto in galleria di 15 Km per senso di marcia, che collega l’aeroporto di Linate con la stazione FS di S. Cristoforo, lungo una direttrice est-ovest che attraversa il centro storico da S. Babila a S. Ambrogio adagiandosi lungo la cerchia dei navigli ad oltre 20 metri di profondità. Lungo il suo percorso sono ubicate 21 stazioni ed è previsto un parco veicoli di 47 treni bidirezionali, di cui 32 costruiti nel modernissimo stabilimento Hitachi Rail di Reggio Calabria, ciascuno costituito da quattro casse, con una capienza di 600 passeggeri a veicolo.
La linea metropolitana driverless, senza conducente a bordo, costruita con le più moderne tecnologie e con i migliori standard di sicurezza, consentirà di raggiungere l’aeroporto di Linate dal centro storico (piazza S. Babila) in soli 12 minuti con una capacità di trasporto di 24.000 persone ora per direzione di marcia e coprirà l’intero tracciato in 30 minuti con una velocità commerciale di 30 km/h ed un cadenzamento di 90 secondi nelle ore di punta.
Contribuirà notevolmente all’incremento del trasporto pubblico su ferro, grazie all’effetto rete ed alle molteplici connessioni con le altre linee esistenti, in S. Babila con la linea 1, in S. Ambrogio con la linea 2, in Sforza Policlinico – grazie ad un percorso pedonale dedicato – con la linea 3 in Missori, in Forlanini, Dateo e S. Cristoforo tre volte con la linea urbana delle FS, tanto che le stime di utilizzo sono di 86 milioni di passeggeri/anno. Ma il vero “fiore all’occhiello” di questa linea è il contributo che darà all’internazionalizzazione della città di Milano, rendendo fruibile con estrema facilità l’aeroporto cittadino e favorendo così i collegamenti con le altre capitali d’Europa rendendoli possibili anche per visite lampo “in giornata”.
Le difficoltà principali sono state generate in primo luogo dall’impatto che i cantieri hanno avuto sulla città, sul tessuto urbano e sulle abitudini dei cittadini, invadendo, anche per lunghi periodi, strade e piazze, peraltro iconiche e molto care ai milanesi, come piazza S. Babila ed il Sagrato della Basilica di S. Ambrogio, difficoltà che è stato possibile superare grazie alla grande comprensione dei cittadini, all’infaticabile lavoro dei rappresentanti del Comune di Milano, delle società M4, Salini Impregilo, MM, ed anche dei Comitati di Quartiere.
Poi tutto l’aspetto organizzativo, la contemporaneità di 56 cantieri dislocati lungo tutto il territorio comunale, l’interferenza con i sottoservizi da mantenere sempre in funzione, il numero impressionante di lavoratori coinvolti che sono arrivati a toccare le 1.500 unità, l’organizzazione delle due “cittadelle” approntate in Forlanini e Buccinasco per accogliere gli uffici direzionali, le mense, i dormitori, le sale per la formazione e quelle ricreative. E ancora il controllo degli accessi e la vigilanza, i trasporti delle maestranze e dei materiali, insomma tutta la logistica da organizzare e gestire, all’interno di una città che comunque deve continuare a vivere, cercando di arrecare il minor disturbo possibile.
E ancora la gestione delle 6 TBM, le gigantesche talpe meccaniche, messe a disposizione per l’occasione da Salini Impregilo e Astaldi, che scavano e realizzano i tunnel con turni di lavoro continui per coprire le 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, senza sosta se non a Natale ed a Ferragosto. Basti pensare che ciascuna macchina per il suo funzionamento continuo ha bisogno di un gruppo di 80 lavoratori e che delle 6 macchine, abbiamo avuto per lunghi periodi la contemporaneità di 4, quindi di 320 lavoratori.
E infine il rapporto con questi lavoratori, citato per ultimo, ma considerato sempre come obbiettivo primario di Salini Impregilo che ha nel proprio DNA una grande attenzione verso i propri uomini e li considera come il proprio patrimonio più prezioso, tanto da mettere sempre al primo posto il loro benessere, la loro salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Proprio questo è il grande punto di forza del Gruppo, il rispetto e la considerazione per i propri uomini che viene ricambiata, da parte loro, con un grande senso di appartenenza e di attaccamento alla Società.
Alla rituale domanda “in cosa si sente calabrese, e in cosa no?”, l’ingegnere risponde di “essere calabrese sempre, comunque, nell’anima”. E di esserne fiero.
“La Calabria è il mio rifugio, la mia oasi di spensieratezza, i miei affetti, le mie radici… è il mio piccolo paradiso terrestre e lo potrebbe essere anche per molti altri – spiega – se non fosse così difficile da raggiungere, con collegamenti stradali e ferroviari penalizzanti. Riguardo la nostra gente, poi, ho la consapevolezza che sia una razza di grandi lavoratori. Negli ambienti di lavoro c’è molta stima per l’impegno e la serietà di noi calabresi ed è una fama meritata, posso confermarlo, lo dice chi ha avuto lavoratori provenienti da ogni pare d’Italia e d’Europa…”.
E i catanzaresi?
“Generosi ed ospitali. Forse un po’ rinunciatari, radicati nelle proprie consuetudini: dovrebbero aprirsi alle novità”.
Cosa pensa della riflessione di Corrado Alvaro sulla Calabria “in perenne fuga da se stessa?”: cioè eternamente incapace di guardare alle proprie possibilità e alle proprie vocazioni?
“Penso sia una mezza verità. Per valorizzare le proprie risorse ci vuole una grande consapevolezza delle proprie potenzialità, ma sicuramente anche una serie di condizioni che oggi non vedo. Bisognerebbe cercare con maggiore determinazione e opportuna coscienza politica di perseguire queste il raggiungimento di queste condizioni e favorire il risveglio della fantasia dei calabresi”.
Catanzaro. La sua infanzia. Ricordi. Rimpianti.
“Domanda difficile. Come si fa a raccontare i primi diciotto anni in poche parole senza scordare qualcosa? La mia famiglia, i miei cugini, i nonni, tanti bellissimi ricordi. Poi la scuola, gli insegnanti più cari, il professore Cozza, la Coglitore, Raffaele Greco, l’indimenticabile, grande, Antonio Ameduri, esempio e modello. E poi tutti i miei compagni di scuola, il mio amico fraterno, Nicola Canino, compagno d’avventura in decine di trasferte al seguito del grande Catanzaro e fedele amico anche nel periodo universitario a Napoli. Non ho grandi rimpianti, forse l’unico è il poco tempo che sono riuscito a trascorrere con mio nonno.”
Un’idea per la sua regione…
“Oggi, dopo l’ammodernamento parziale della Salerno – Reggio Calabria, è arrivato il momento di fare arrivare a Reggio Calabria l’alta velocità ferroviaria, che oggi si arresta a Salerno. Il trasporto veloce su ferro è già un grande presente per le aree più ricche del nostro paese, deve diventare una priorità per l’immediato futuro della nostra regione, dobbiamo proiettare i nostri cittadini in poche ore, a basso costo ed in modo sufficientemente comodo a Napoli, Roma, Bologna, Milano. Dobbiamo perseguire qesto obbiettivo, non dobbiamo restare indietro su questo è necessario per la nostra crescita. Dobbiamo farlo anche con l’aiuto della Sicilia, da soli non ce la possiamo fare, esprimiamo una popolazione di appena 2.000.000 di abitanti, con la Sicilia arriviamo a 7, potremmo avere un altro peso specifico insieme. Per Catanzaro poi potrebbe significare tanto arrivare da Lamezia a Roma in tre ore ed a Milano in cinque, pensa che risultato…”.
Un’altra per la sua città…
“Anche qui secondo me la pecca peggiore è l’assenza di un collegamento adeguato da Lamezia (Stazione e Aeroporto) con il centro storico. Cosenza l’ha fatto con Paola, noi siamo rimasti indietro. So che c’è un progetto di una metropolitana da Germaneto a Catanzaro che non conosco bene, ma non basta. Dobbiamo arrivare con un collegamento unico, senza cambi, da Lamezia in centro città, con una linea a doppio binario, cosa stiamo aspettando? E’ assurdo che per fare 30 km siamo costretti ad usare auto private o collegamenti di fortuna come ci sono adesso”.
Gli anni di studio a Napoli… il rapporto con il capoluogo partenopeo.
“A Napoli ho trascorso un periodo bellissimo, sono anche gli anni più belli, a cavallo dei venti. Allora non avevo la coscienza che non sarei più tornato a vivere a Catanzaro; oggi capisco il dispiacere e la sofferenza dei miei genitori e delle mie sorelle che mi hanno visto lasciare la mia casa natale così giovane per costruirmi di fatto una vita lontano da loro. Però a Napoli sono stato molto bene, mi sono integrato benissimo, anche se le frequentazioni più assidue e più belle erano sempre con altri studenti catanzaresi o con calabresi d’origine trapiantati a Napoli, come Massimo Montefusco”.
Ricordi e aneddoti napoletani che non si cancellano…
“Alcuni non possono essere raccontati… da studenti fuori sede si è sempre un po’ fuori dalle righe… ricordo in particolare i festeggiamenti per la vittoria dei mondiali di Spagna nel 1982, vissuti con grande allegria, a Napoli come in nessuna altra città al mondo. Una cosa particolare che ricordo, per dare il senso della napoletanità, è questa: io abitavo in un vicoletto che sbucava su via Riviera di Chiaia, vico S. Guido; non era proprio uno dei “migliori salotti” di Napoli, però io ero protetto e coccolato perché mi consideravano uno di loro, ero “‘o sturente”; mi è anche capitato di dimenticare le chiavi in macchina attaccate al quadro, ma a me non è mai mancato nulla. Bene, all’inizio del vicolo abitava, al piano strada, la classica “Assuntina” che ogni sabato a mezzogiorno usciva da casa per sciorinare ad alta voce, a beneficio di tutto il vicolo, i numeri estratti al lotto rendendoli “coloriti” con la smorfia. Questa era Napoli…”.
Gli anni di esordio lavorativo a Roma.
“Sono arrivato a Roma dopo la breve parentesi Brindisina nel 1993. Avevo 31 anni ed una gran voglia di mangiarmi il mondo. Abitavo in periferia e facevo una vita molto ritirata, lavoro e casa. Faticavo molto a trovare il ritmo giusto, Roma è una città bellissima, ma molto difficile, ti travolge con i suoi tempi, le distanze. Dopo sei mesi che ero a Roma è iniziata la grande avventura dell’aeroporto di Fiumicino. Sarebbe durata, con brevi interruzioni, circa dieci anni. Fu anche il periodo della nascita di mio figlio Alessandro, l’8 giugno 94, il giorno più bello della mia vita”.
L’esperienza dei lavori per lo scalo di Fiumicino. Come è iniziata? Come si è evoluta? Cosa Le ha lasciato?
“A dicembre del 1993 la mia società si aggiudicò l’appalto per l’esecuzione della nuova viabilità aeroportuale ed io fui chiamato ad assumere la direzione tecnica di quella commessa. È stata una esperienza indimenticabile, un arricchimento umano e professionale che ha segnato in maniera indelebile il proseguo della mia attività e della mia vita. Per recarmi in cantiere facevo circa 90 km al giorno tra andata e ritorno, l’impegno era talmente gravoso che alcune volte facevo molto tardi e preferivo restare a dormire in aeroporto per essere, come sempre, nel mio ufficio al mattino presto senza attraversare due volte la città. E’ lì che ho imparato che ‘nulla che si voglia veramente è impossibile’. Quell’esperienza mi ha lasciato comunque una serie di ottimi rapporti con altri professionisti e imprenditori, incontrati in quel periodo, che hanno fatto di me una persona stimata e ben considerata nell’ambiente.
Metro C di Roma: l’esperienza, il progetto, le difficoltà, i rischi.
“Metro C è stata un’avventura molto stimolante. Intanto un gruppo di lavoro nato da zero e che ha nesso insieme in brevissimo tempo oltre 300 dipendenti, tutti con una cultura d’impresa diversa e con il proprio personale bagaglio di esperienza. Forse la prima difficoltà è stata proprio quella di amalgamare un gruppo dirigente così eterogeneo e dover subito produrre dei risultati importanti. Basti pensare che il giro d’affari di Metro C, società di scopo nata nel 2006, la avrebbe all’epoca collocata in una ipotetica classifica di fatturato tra le prime 10 imprese nazionali del settore delle costruzioni.
Il progetto ha radici piuttosto lontane ed ha subìto una serie di successivi step di affinamento per una metropolitana moderna, la prima metropolitana pesante in Italia completamente automatica, che oggi circola senza conducente a bordo con il cosiddetto sistema driverless. Il parco treni, tutti costruiti nello stabilimento di Reggio Calabria, constava di trenta unità, ciascuna composta da sei vagoni con una capacità complessiva di 1200 passeggeri/treno. Undici delle 27 stazioni previste sono quasi interamente all’aperto, quelle relative agli 8 km di linea all’aperto, mentre le restanti interamente interrate e costrette ad attraversare lo strato archeologico con notevoli difficoltà in un territorio così ricco di storia come è la città di Roma.
Le maggiori difficoltà sono state proprio quelle della realizzazione delle stazioni in un tessuto urbano così complesso, con un impatto importante sulla viabilità, sulla vita di ogni singolo cittadino, nella salvaguardia delle preesistenze archeologiche e nel mantenimento senza alcuna interruzione di tutti i servizi esistenti: acqua, luce, gas, fogne, linee dati e telefoniche. I rischi principali sono stati appunto legati al prolungamento dei tempi e disagi conseguenti per i cittadini per problemi di natura archeologica e di salvaguardia dei beni monumentali presenti lungo il tracciato.”.
L’esperienza di Linea 4 a Milano. Come è iniziata? Come si è evoluta? Quando terminerà?
L’esperienza in Linea 4 è iniziata nel 2016 quando, grazie al mio know-how nella costruzione di linee metropolitane, fui scelto dal Direttore Generale di Salini Impregilo per guidare il Consorzio MM4. Mi sono rapidamente calato nel ruolo e grazie alla mia dedizione, presto mi sono conquistato la fiducia e la stima dei Rappresentanti della Pubblica Amministrazione, il Comune di Milano, e degli altri soggetti coinvolti nella realizzazione dell’opera, i Rappresentanti di M4 S.p.A., la Direzione Lavori di MM, il gestore ATM.
Il programma di costruzione della linea prevede un rilascio della stessa per fasi ed una apertura all’esercizio progressiva per tratte funzionali, la prima delle quali entro la primavera del 2021 e l’ultima nell’estate del 2023. Ma è una bella scommessa… la recente esplosione del Covid-19 non ci aiuta… Però nulla che si voglia veramente è impossibile.
Cosa vuol fare da grande?
“Mi piacerebbe fare qualcosa d’importante nella mia città, qualcosa che lasci il segno come mio nonno, Nicola Ceravolo…”.
Il suo sogno di felicità?
“Un sogno deve essere un sogno… Io ho mangiato pane e calcio da quando sono nato. Mi piacerebbe un giorno riprendere il Catanzaro e riportarlo in serie A. Resterà un gran bel sogno, forse questo non basta volerlo veramente…”.