Gaele Covelli: pittore cosmopolita della “Belle Époque” calabrese

Il grande artista crotonese torna alla ribalta con la scoperta della magnifica tela “Ritratto di giovane donna” ad opera dello storico dell’arte Antonio Falbo

di Roberto Messina

Gaele Covelli, “Ritratto di giovane donna”, olio su tela

Tra gli artisti calabresi che hanno portato maggiore lustro alla regione d’origine, c’è sicuramente il crotonese Gaele Covelli (1872-1932), forse il più cosmopolita tra quelli che seppero meglio rapportarsi alla disinvolta tecnica e all’audace pennellata dei grandi pittori del Nord-Europa, come Zorn, Larson, Sargent e Whistler; e in Italia alle opere degli italiani contemporanei più affermati, come Dal Bono, Cammarano, Toma, e alla loro pittura di ritratto, di ispirazione sociale, di paesaggio e di nudo, con chiara originalità.

Sin dai primi anni, Covelli manifesta inclinazione all’arte, con disegni estemporanei raffiguranti la “Madonna di Crotone”, improvvisati sui muri della sua città. A sedici anni, si reca a Napoli, ospite dello zio Vittorio, che su consiglio del musicista Paolo Serrao, decide di avviarlo concretamente agli studi artistici. Covelli viaggia molto: da Napoli a Firenze, poi a Londra, dove realizza una serie di opere intrise di verismo e liricità, assai apprezzate dal pubblico anglosassone. È proprio in questo periodo, che dipinge “Ritratto di signorina inglese”, esposto alla IV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, e poi acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione per le raccolte dello Stato alla Galleria d’Arte Moderna di Roma (oggi affidato al museo MARCA di Catanzaro, e di proprietà della GNAM di Roma).

Il 27 nov. 1888, si iscrive all’Istituto di Belle Arti di Napoli, frequentando i corsi di disegno sotto la guida di Stanislao Lista, e dal 1892 al 1895 quelli di pittura di Domenico Morelli. Tra i migliori allievi, vince nell’anno scolastico 1893-94 un terzo premio per “Mezza figura dipinta a tutto effetto dal vero” e in quello successivo il primo premio per “Testa con parte del dorso dipinta a grandezza naturale”. Nel soggiorno fiorentino (ebbe studio a piazza Donatello), il desiderio di collegarsi ai macchiaioli di Toscana e l’urgenza d’esprimersi in forme nuove ed originali, lo spingono sulla sua strada originale e gli danno la soddisfazione di un vasto consenso di critica e di pubblico, che apprezza soprattutto il suo saper gestire la luce, sul modello, fatto proprio, dei divisionisti.

Gaele Covelli, Cascata, o Il mulino, olio su tela

I successi per lui si rinnovano. Un suo bozzetto vincitore di un premio, gli consente di essere ammesso alla Universale di Parigi nel 1900. Nel 1901, alla IV Esposizione internazionale d’arte a Venezia espone La signorina inglese. Nel 1902 viene nominato professore onorario di Pittura all’Istituto di Belle arti di Napoli; nello stesso anno è a San Pietroburgo e alla esposizione Alinari a Firenze. Nel 1904 presenta a Firenze Zingarella Fruttaioli, acquistati da Vittorio Emanuele III, ed espone a Londra e alla Società Amatori e cultori di belle arti di Roma la Superstite del terremoto calabrese (acquistata dalla regina Margherita). Nel 1908 è alla II Quadriennale di Torino, poi a Monaco di Baviera e ancora a Londra alla Royal Academy. Nel 1919 viene nominato Accademico onorario nella sezione di Pittura della R. Accademia delle Arti del disegno in Firenze. Il 22 gennaio 1932 muore nell’ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze e vien sepolto nel cimitero di Trespiano (Fi).

Equilibrio ed armonia. Ecco, in sintesi, le regole che Covelli persevera nei suoi dipinti, al di là delle memorie antropologiche che evocano modalità e mediazioni linguistiche. È di questi giorni la notizia della scoperta da parte del prof. Antonio Falbo, uno dei massimi studiosi della pittura calabrese tra OttoNovecento, della tela “Ritratto di giovane donna,” opera che ha medesime misure e che appare coeva alla tela del MARCA, differenziandosi solo nella “savonarola” sulla quale è seduta L’inglesina. Per il resto, è una composizione formalmente ricercata, impeccabile nell’ampiezza della posa, con quel rinvio dei riccioli della pettinatura a chignon che richiama le vaporose piume di struzzo stretta tra le mani.

Gaele Covelli, Sentiero a Cutro, olio su tavoletta

È ignota l’identità della modella, ma si può tuttavia individuare il luogo della realizzazione dell’opera, probabilmente lo stesso studio in cui l’artista ha realizzato il ritratto del dipinto del MARCA. Si identificano infatti facilmente gli arabeschi della tappezzeria sul fondo, che richiamano le raffinate fantasie del raso della poltrona su cui è seduta la modella. La giovane donna viene colta dall’artista portando in evidenza la purezza dei lineamenti, con unico abbellimento il lieve rossetto sulle labbra, e con la curva del mento che illumina la vaporosa giacca color cammello, mentre il collo è avvolto da un lembo di seta beige simile al ritratto di “Signorina inglese”. La posa è più immediata che voluta, e mette in evidenza l’aristocratico carattere dei tratti somatici.

Straordinaria e rara, la produzione di Covelli fu tenuta in grande considerazione da Alfonso Frangipane, il più grande critico d’arte calabrese, che con lui strinse rapporti di amicizia e di lavoro. Fu proprio Frangipane il critico di riferimento per le esposizioni d’arte in regione, in cui l’artista figurò sempre da protagonista. Le sue tele e i suoi pastelli sono oggi molto ricercati e apprezzati da critica e collezionismo internazionale.