Franca Melfi, la grande chirurgia è donna

Originaria di Oriolo Calabro (Cs), è tra le più affermate specialiste di Chirurgia toracica robotica mininvasiva, che pratica e insegna all’ospedale “Cisanello” e all’Università di Pisa

di Anna Morabito

La dottoressa Franca Melfi

Una vita professionale e personale già largamente raccontata dai giornali di mezzo mondo (pure con il suo profilo astrologico!), quella della professoressa Franca Melfi, docente di Chirurgia toracica all’Università di Pisa, direttrice del Centro di Chirurgia Robotica e della Sezione Chirurgica Toracica mininvasiva e robotica dell’Ospedale Cisanello di Pisa.

Ma nel percorrere con noi, e nuovamente, i suoi trascorsi, fatti di grandi aspettative, speranze, emozioni, intuizioni, tappe raccontate con precisi e importantissimi dettagli, la nostra chiacchierata finisce per sembrare un altro bel racconto, inedito, sorprendente e significante. Nel ricordare, infatti, il proprio passato e la sequela dei grandi “traguardi” raggiunti, la professoressa Melfi qui traccia un nuovo profilo di ciò che ha indirizzato e poi caratterizzato il suo percorso professionale fatto di continuo impegno e piena apertura agli sviluppi della scienza e delle sue infinite applicazioni. Impegnata in continue rielaborazioni del proprio progetto di vita, ci ha intanto e così generalmente confidato, scherzandoci un po’ su: “Non sono stata mai una tranquilla. Sono una persona profondamente irrequieta e insoddisfatta, anche adesso. Da giovane era difficilissimo convivere con questo aspetto della mia personalità. Oggi mi sono accettata, ma non si vive benissimo.”

Questa che Lei definisce “irrequietezza mentale”, non è altro che un approccio agli obiettivi, alle sfide che la vita le ha posto e le pone quotidianamente, e per le quali è stato ed è necessario avere la giusta disciplina per auto motivarsi e gestirsi: “Quando arrivo alla fine di un progetto – spiega – c’è una sorta di irrequietezza mentale che mi spinge oltre, a continuare ad andare avanti.” Ma Franca Melfi è anche una donna ironica, libera e sincera, appassionata e refrattaria ai cliché: “Quando mi sento dire ‘non sembri meridionale’, con riferimento ai miei tratti somatici, mi infastidisco e mi piace rispondere: perché? dovrei avere i baffi, dato che le origini sono calabresi?

Franca Melfi alla consolle robotica

Oriolo Calabro (il paese dove è nata, in provincia di Cosenza) è all’interno del parco del Pollino, in piena area greco bizantina, lì dove ha trascorso la sua infanzia e dove custodisce i ricordi più belli. Qui le montagne si avvicinano al mare, lo scenario è un incanto, e degradano verso le coste sabbiose a tratti costituite da ciottoli e ghiaia, sullo Jonio, continuamente battute, nei secoli, dalle incursioni saracene che costringevano le popolazioni a rifugiarsi nell’interno, dando vita a quei borghi oggi insigniti della Bandiera Arancione e definiti fra i più belli d’Italia. Tanti sono i popoli transitati su questo suolo ad influenzarne usi e costumi, come la minoranza etnica albanese proveniente dall’Albania e dalla Grecia, che in questa parte dell’alto Jonio trovò rifugio dalle persecuzioni ottomane. In alto svetta il castello, fortezza militare, divenuto monumento nazionale nel 1977, e il teatro all’aperto “La Portella” incastonato in una rupe, che accoglie spettacoli teatrali di vario genere e dove si è esibita anche Paola Gassman.

Il patrono di Oriolo è San Giorgio, originario della Cappadocia, ma i suoi abitanti, come in tanti comuni calabresi, onorano anche il Santo di Paola, Francesco. Nei ricordi di bambina, Franca Melfi condivide con noi la felicità e lo stupore per quelle solenni processioni, i riti liturgici, le sfilate accompagnate dai suonatori di zampogne preceduti da figuranti vestiti da guardie spagnole, e le mucche adornate con fiocchi colorati condotte fin dentro la navata centrale della chiesa inginocchiate davanti alla “reliquia del dito grosso del piede destro” di San Francesco di Paola. Un vero spettacolo. Tradizioni, vita agreste e religione, che si intersecano esercitando una straordinaria forza di attrazione che diventa valoriale, identitaria: “Sono figlia unica, ho avuto un’infanzia bellissima, una famiglia con un padre a cui ero molto legata, che ho perso molto giovane, grande lavoratore e che mi ha insegnato che le cose bisogna guadagnarsele. Mamma mi ha inculcato l’idea del valore dello studio, e ho imparato dagli esempi della famiglia materna.”

Un intervento al Parlamento Europeo

È questo, dunque, l’humus in cui cresce e studia Franca Melfi, ambiente naturale e suggestivo, in una famiglia ricca di medici, a cominciare dal fratello della nonna materna, e poi dallo zio Paolo, fratello della madre, “condotto” del paese limitrofo, Alessandria del Carretto, che ha visto emigrare la metà della popolazione negli anni ’90, ed ora conta poco più di 300 abitanti, con origini risalenti al 1600 quando il principe Alessandro Pignone del Carretto di Oriolo Calabro la fonda dandole il proprio nome e facendola presto diventare area di sosta per i pastori durante la transumanza, e dimora degli agricoltori della zona: ”Un borgo delizioso, ci andavo in vacanza dai nonni nel periodo estivo. Lo zio Paolo era sempre impegnato, all’epoca non esisteva la farmacia e lui era una figura di riferimento per il paese. Svolgeva la professione a tutto tondo, ha fatto da ostetrico, ginecologo, medico legale, possedeva competenze straordinarie.”

Affascinata dal mondo della Medicina, Franca Melfi si è nutrita di questi suoi riferimenti, considerando anche i cugini materni che hanno intrapreso gli stessi studi, come lei, a Pisa: “Ero una ragazza con una spiccata voglia di studiare Medicina e all’inizio non avevo nessuna cognizione di cosa fosse la Chirurgia. La figura del medico era per me una sorta di eroe romantico, tanto che avevo deciso di fare il medico curante.”

Al termine del percorso di studi, all’ultimo anno, durante il tirocinio professionalizzante svolto nelle varie cliniche, capisce che il suo obiettivo è invece la Chirurgia: “Il mio maestro è stato il prof. Angeletti, padre della chirurgia toracica in Italia. Noi studenti lavoravamo anche sedici ore al giorno solo per poter essere ammessi al concorso per la specializzazione. In questa professione c’è qualcosa che ci spinge avanti e non ce ne rendiamo conto.”

La Calabria è una terra antropologicamente complessa. Scrittori e studiosi l’hanno vituperata e riabilitata a seconda dei momenti storici e della convenienza. Non è “arretrata”, è semplicemente “diversa” dalle altre regioni: differente, “altra”, per valori, tradizioni, culture. Nella narrazione del proprio passato, la professoressa Melfi fa tesoro degli input familiari e valoriali che le hanno restituito una migliore conoscenza di sé e di quanto l’ha spinta lungo il viaggio che ha compiuto e sta compiendo, progettando e riprogettando di continuo la propria vita.

Il Premio Technowomen a Milano

Sono venuta via dalla Calabria, Oriolo mi stava un po’ stretta. Per poter anticipare il mio esame di diploma era necessario avere la media dell’otto al primo quadrimestre. È stato un periodo scolastico impegnativo, supportato dai miei insegnanti, sono gli entusiasmi che spingono innanzi le persone. Il mio rapporto con la Calabria è conflittuale. Sono molto legata a questa terra, ma provo disagio per la staticità e l’indolenza che percepisco, e talvolta mi allontano, anche se quando ho bisogno di calore, mi rifugio regolarmente nei ricordi di vita calabra. Ora, però, mi è venuta voglia di fare qualcosa di importante in, e per, la mia regione. Vediamo.”

La tesi in Chirurgia, poi la frequentazione della specializzazione in Chirurgia toracica, quindi la consacrazione come prima donna chirurgo in questo mondo che continua ad essere appannaggio degli uomini, per sconfiggere intanto il pregiudizio che il tavolo operatorio non è per il gentil sesso. L’impegno, la professionalità acquisita, il rigore nel suo operato, l’hanno resa invece un modello da seguire per molte ragazze talentuose, tanto che sono aumentate del 50% le specializzande donne che ogni anno portano valore aggiunto in questo ambito scientifico così delicato, e in cui le capacità manuali sono importantissime: “Da piccola mi piaceva costruire le cose, usavo molto le mani, sapevo fare piccola sartoria, tagliare e cucire, davo sfogo alla mia creatività. Le mie ragazze sono veramente brave, quella chirurgica è una pratica molto selettiva, la scelgono persone molto motivate. In un’epoca edonista come la nostra, non è un percorso semplice da intraprendere. Chi lo sceglie ha un’impostazione mentale diversa, perché è una scelta totalizzante, che sacrifica enormemente la sfera personale e richiede una totale dedizione.”

Per la professoressa Melfi, negli anni ’90 ecco un nodo cruciale del suo percorso professionale: la partecipazione ad un consesso internazionale a Vienna, già lì per studiare le tecniche di trapianto del polmone. Poi la sua partecipazione al congresso di Francoforte nel 2000, dove per la prima volta in Europa viene presentato uno strumento robotico chirurgico: incontro fulminante, che ha poi determinato il suo primato mondiale di applicazione in campo toracico nel trattamento del tumore. È stata, infatti, la prima ad eseguire una “lobectomia polmonare” con un robot.

“Le nostre cellule non sono componenti finite, ed ancora non conosciamo compiutamente la biologia dei tumori. Stiamo andando nella giusta direzione, e in questo ci aiuterà sicuramente la genetica, che però richiede grandi disponibilità economiche. Il tumore del polmone ha più sfaccettature. Esistono tanti tipi di tumore con aggressività diverse. Un tempo si pensava esistessero i cosiddetti tumori a piccole cellule, più aggressivi. E quelli a non piccole cellule, meno aggressivi. Ora, all’interno di queste non piccole cellule, abbiamo scoperto essere presenti una miriade di variabili tumorali, che si comportano ciascuno in modo diverso. E abbiamo bisogno della medicina molecolare, di strumenti e tecnologia avanzate che possano garantire una precocità di diagnosi, per poter prescrivere una terapia con una medicina di precisione. Oggi possiamo costruire una terapia ‘cucita sul paziente’, e le risorse economiche sono una variabile importante per raggiungere questi risultati.”

Il Premio “Brigantino d’Oro”, a Girifalco (Cz), 2017

A Pisa, in una delle più grandi strutture ospedaliere pubbliche d’Europa, la professoressa Franca Melfi ha creato un centro di tutoraggio dove insegna le tecniche e i segreti di questa “arte” operatoria. Sono ben 22 i centri di formazione sparsi in Europa, dedicati all’uso dei robot, importantissimi strumenti di supporto, ma che hanno bisogno di mani esperte… La precisione, la mininvasività di queste macchine, la capacità di riuscire a controllare gli eventuali imprevisti durante le operazioni, non possono comunque prescindere dalla presenza di team altamente specializzati e da quelle “mani sapienti” fondamentali, a cui non possono fare difetto né il cuore né la mente.

In questa ora di conversazione con Franca Melfi, come abbiamo avuto il piacere di poterla chiamare dopo essere passate dal lei al tu, donna, medico e scienziato indubbiamente carismatico (la parola è greca, χάρις, e vuol dire dono, grazia), eletta pochi mesi fa vicepresidente di EACTS, la prestigiosissima associazione che raccoglie i più valenti chirurghi cardiotoracici del mondo, e della quale assumerà sicuramente la presidenza a breve, possiamo dire di avere incontrato una visionaria, ispirata, dalle qualità rare e preziose, cui non si può che rinnovare la gratitudine per tanta “ostinazione”. Per essere partita da sé, dalla sua Calabria, dalla sua Oriolo, dalla sua comunità e dalla sua famiglia, quali modelli necessari per Lei e per le future donne medico. Ci congediamo raccogliendo il suo invito a: “venire a Pisa a visitare il centro di Chirurgia robotica che dirigo. Qualcosa di diverso dagli altri reparti dell’ospedale, per i colori e per l’aria che si respira.”

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