08 Set FELICE CLEMENTE CON “SOLO” E’ TRA I MIGLIORI 10 DISCHI DI JAZZ DEL 2020
Il sassofonista originario di Reggio Calabria e adottivo brianzolo, nipote di Mino Reitano, si è imposto con il suo inconfondibile stile nel panorama del jazz nazionale ed internazionale. Da anni è “guest star” acclamata del prestigioso “Blue Note” di Milano. Al suo recente album il prestigioso riconoscimento internazionale “Preis der Deutschen Shallplattenkritik”, assieme ai dischi di Kenny Barron, Dave Holland, la JLCO di Winton Marsalis e Charlie Porter...
di Roberto Messina
Quinto assoluto (dopo mostri sacri come Javier Girotto, Stefano Di Battista, Roberto Ottaviano e Claudio Fasoli) nella speciale classifica\referendum dei sassofonisti sopranisti italiani! Questo il lusinghiero risultato, conquistato già qualche anno fa, nel 2013, dal musicista reggino-brianzolo Felice Clemente, da un bel po’ sulla cresta dell’onda e uno degli artisti di punta del celebre “Blue Note” di Milano. Classifica di una passata edizione degli “Jazzit Awards”, l’indagine popolare in ambito jazzistico che ha poco di “olimpionico” e lascia invece esprimere appassionati, operatori del settore e musicisti (forse per la prima volta in Italia) non esclusivamente attorno all’attività discografica e concertistica, ma estendendo l’osservazione anche su fotografi, giornalisti, direttori artistici, produttori discografici, fonici e grafici e sull’industria del jazz. Gli Jazzit Awards sono diventati così un’iniziativa di più ampio respiro, una riflessione interna alla “comunità” del jazz sul piano artistico e produttivo, in cui tutti possono votare o essere votati, senza nominations: una sorta di referendum che ci consegna un’infinita quantità di dati utili a capirne di più.
Quindici cd finora pubblicati, con autentici capolavori come “Escaleras” (rivisitazione in chiave jazz della musica argentina col chitarrista argentino Javier Pérez Forte) e “Libre”, Felice Clemente è stato a lungo in tournée italiana affiancato da Forte, reduci entrambi dal successo nel tour americano tra New York e Boston. L’eclettico duo strumentale ha presentato brani acclamati da pubblico e critica, traenti ispirazione dalle rispettive terre d’origine: la Calabria di Reggio per Clemente, la Buenos Aires di ascendenze italiche (e ancora calabre) per Forte. Luoghi distanti, ma assai accomunati, di cui si esaltano le differenze culturali come punto di forza per combinare estro e naturalezza con gli elementi musicali del jazz, risultato di una lunga e appagante ricerca, frutto di una concezione aperta e libera della musica capace di superare confini, stereotipi e barriere. Una dimensione gioiosa e dionisiaca del suonare, che si rifà esplicitamente ad una riflessione di Borges il “sommo” argentino: “per fortuna non dobbiamo rispondere a una sola tradizione; possiamo aspirare a tutte”.
In questo riuscito duo, Clemente e Pérez Forte hanno creato splendidi arrangiamenti di brani famosi come “La Cumparsita”, “Manhà de carnaval”, “O que serà”, sovrapposti ad originali architetture sonore del miglior “folktangojazz” con uno stile in cui traspare una caleidoscopica varietà di colori e di ritmica. Anche la timbrica gode della versatilità di Clemente, inseguito dai deliziosi fraseggi della chitarra classica di Pérez Forte, in un dialogo mai banale, quanto originale, creativo, e di …forte impatto. Tra capacità espressiva e improvvisazione, echeggia il linguaggio universale della musica, ed in particolare trasborda la vera anima latino-americana: dolcezza brasiliana, nostalgia argentina, profondità di emozioni rese vive e palpitanti dal jazz.
Clemente è brianzolo adottivo (vive stabilmente ad Agrate) dove ha messo a frutto intense collaborazioni con i più noti jazzisti italiani e stranieri. Il sud e la Calabria, sono però sempre alla base della sua ispirazione e della sua cifra stilistica, come humus e origine identitaria. Con classe e lucidità da vendere, alterna a meraviglia sax e clarinetto con un sound d’altri tempi e un fraseggio elegante, dall’articolazione dinamica e dal vibrato generoso, sostenuto da un timbro forte, denso, rotondo (accostabile, senza irriverenze, al “classicofolk” di Villa-Lobos, Bartok, Smetana, Liszt) emozionante nell’intesa e nel dialogo con l’altrettanto suadente chitarra di Forte con cui è a tratti anche un tantino musica da ascolto, forse… Ma sempre con musica che, fuori dal luogo comune, sa cogliere nell’intimo e stimolare la riflessione. “Ho l’ambizione di trasferire l’amore per il jazz – ha avuto modo di dichiarare Clemente – che non è per l’èlite, ma melodia e ritmo che può arrivare a tutti. La melodia, più che il ritmo, è secondo me l’essenza della musica jazz, che unisce estetica e cuore, razionalità e calore. Ogni disco è una creatura, ha un’atmosfera, una sonorità e un percorso creativo propri”. Lo diceva Miles Davis: “ognuno, in fondo suona quello che è”.
Nato a Milano nel 1974 da famiglia calabrese (è nipote diretto del grande Mino Reitano cui ha dedicato “Mino legacy”, rielaborazione in chiave jazz di brani celebri del repertorio del celebre autore e cantante di “Una ragione in più” e “Era il tempo delle more”, con Fabio Nuzzolese al pianoforte, Giulio Corini al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria), Clemente sviluppa la passione per la musica nell’ambiente familiare reggino sotto la guida del nonno Rocco, maestro in clarinetto e direttore della banda locale, che gliene trasmette tutto l’amore (e poi, ecco ancora “aria” di Calabria, in un suo bel brano dedicato ad Amantea, Cs). Viene segnalato e votato nelle riviste Musica Jazz e Jazzit magazine, come detto, tra i migliori sassofonisti in assoluto. Enzo Siciliano, compianto critico letterario, sin dal 2003 (Clemente aveva appena 30 anni) lo giudicava profeticamente come “il miglior giovane sax”, accostandolo a “giganti” come Monk, Rollins, Coleman. La rivista statunitense “Cadence magazine” aggiungeva nel frattempo (e senza errare) che “si tratta di un talento destinato a fare la storia del jazz”.
Clemente si impegna inoltre attivamente in numerosi progetti per la diffusione della cultura del jazz. Vanta una notevole produzione discografica con ben 15 dischi come leader e co-leader e 16 come sideman. I suoi album “Nuvole di carta” e “6:35 AM” hanno ricevuto 4 stelle dalla celebre rivista americana Downbeat (novembre 2011 e giugno 2015). Il recente album “Solo” si è attestato tra i 10 migliori dischi jazz del 2020 nel prestigioso premio internazionale “Preis der Deutschen Shallplattenkritik”, assieme a quelli di Kenny Barron, Dave Holland, la JLCO di Winton Marsalis e Charlie Porter. Si tratta di un disco straordinario (con proprie composizioni e proprie reinterpretazioni) dai toni e ispirazione decisamente mistici (oltre la dichiarata ascendenza Marsaliana) ma non “costringenti”, registrato in completa solitudine nella chiesa settecentesca di Montecalvo Versiggia, in provincia di Pavia, mettendo a frutto le risonanze, le vibrazioni, i rimandi e i riflessi sonori delle sue magnifiche volte diventate straordinarie casse armoniche. Una chiesa-strumento che fa viaggiare la musica libera nello spazio e nei pensieri, che la lascia depositare, sostare e poi espandersi tra le volte, il transetto, la cupola, gli archi e le colonne. Ben tredici tracce nel cd, impegno notevole già per questo, che si apre con un classico del jazz come “Harlem Nocturne” di Hearle Hagen e passa tra sue composizioni originali e brani di Branford Marsalis, Godard, Nuzzolese, Di Gregorio, Javier Perez Forte e il grande Bach della “Sarabanda” dalla Suite n. 5 per violoncello. Poi un magnifico omaggio a “Nuovo Cinema Paradiso” di Ennio Morricone.
“Il solo è un’opera complessa. Un solo di saxes e clarinetto mette a nudo l’artista nel sottile equilibrio tra pensiero compositivo ed esecutivo. È pertanto un punto di arrivo che si manifesta attraverso una introspezione sonora, che nasce nella parte intima di colui che pensa la dimensione orizzontale della costruzione melodica. Quella armonica si esplica nella magia dei rimandi di echi e riverberi, i quali traggono spunto dalla navata e dalle arcate di una chiesa o di una basilica. Quasi a dimostrare quanto il fitto dialogo tra gli strumenti e il luogo che li accoglie sia frutto di un antico matrimonio, che appartiene alla storia dell’uomo.” Sono parole di Paolo Fresu, che firma le note di copertina di questo cd in cui, evidentemente, si materializza il lungo percorso di ricerca musicale, stilistica, espressiva, linguistica e appunto filosofica di Felice Clemente, non a caso concentrato per ben due anni a preparare questo suo ultimo progetto.
La carriera di Clemente viaggia oggi a tutto gas. Svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero, collabora con musicisti tra i più noti della scena nazionale ed internazionale quali Gregory Hutchinson, Xavier Davis, Eliot Zigmund, Danny Grissett, Ugonna Ogekwo, Jimmy Greene, Quincy Davis, Asaf Sirkis, Yuri Goloubev, Ken Field, Mike Westbrook, Cyro Baptista, Stjepko Gut, Adam Rudolph, Michel Godard, Paolino Dalla Porta, Marco Tamburini, Massimo Morriconi, Paolo Birro, Tino Tracanna, Massimo Colombo, Massimo Manzi, Sandro Gibellini, Bebo Ferra, Stefano Di Battista, Andrea Dulbecco, Stefano Bagnoli, Antonio Faraò, Tullio De Piscopo, Daniele di Gregorio, Carlo Uboldi, Javier Perez Forte, Francesco D’Auria e molti altri.
Si è esibito ben 33 volte presso il Blue Note Milano, jazz club tra i più importanti al mondo. L’attività didattica è poi per lui una vera “missione” cui dedica energie e dedizione e lo vede impegnato come docente presso il CPM Institute (Centro Professione Musica) di Milano e docente e direttore dell’Orchestra stabile dell’Istituto comprensivo di Villasanta (44 elementi); è inoltre direttore artistico e direttore della Mixiland jazz band di Milano, direttore artistico e direttore della OJBM (orchestra jazz della provincia di Monza e Brianza) e membro del consiglio direttivo dell’Associazione nazionale “Il jazz va a scuola”, nata dalla Federazione Nazionale Jazz presieduta da Paolo Fresu. Non dimentica, infine, i suoi primi passi nella musica, per mano del nonno clarinettista e con l’esempio del celebre zio Mino Reitano.
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