16 Apr E’ di Giuseppe Averta di Serra San Bruno (Vv), la migliore tesi europea in Robotica
28 anni, dottorato all’Università di Pisa, è risultato vincitore del prestigioso “Georges Giralt PhD Award”, il premio per la migliore tesi di dottorato in Robotica in Europa, conferito ogni anno all’European Robotics Forum da EuRobotics AISBL (l’Associazione di industrie e centri di ricerca Europei del settore)
di Roberto Messina
E’ di Serra San Bruno (Vv) Giuseppe Averta, 28 anni, vincitore del prestigioso “Georges Giralt PhD Award”, il premio per la migliore tesi di dottorato in robotica in Europa, conferito ogni anno all’European Robotics Forum da EuRobotics AISBL (l’Associazione di industrie e centri di ricerca Europei del settore).
Giuseppe Averta si è dottorato in Robotica e Automazione nel Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, e ha condotto la sua ricerca nei laboratori del Centro “Enrico Piaggio” e all’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova.Nel settembre del 2017, per l’onore e il piacere di condurre a Pisa (nelle foto centrale, sul palco assieme a Gianna Martinengo, , il rettore dell’ateneo Pisano, Paolo Maria Mencarella, il prof. Franco Mosca, Stefania Saccardi vicepresidente Giunta Regione Toscana, la prof.ssa Franca Melfi, Vittoriana Abate) la serata finale del Robotics Festival, affiancato da Vittoriana Abate inviata di Porta a Porta, e accompagnato dal sempre ottimo fotoreporter Enrico Mangano, prezioso “Cicerone” in terra pisana, ho incontrato e scoperto un po’ questo mondo sorprendente e incredibile della ricerca e dell’applicazione sugli “automi” e “replicanti”. Avendo così modo di conoscere alcuni dei suoi principali protagonisti, a cominciare dal compianto prof. Franco Mosca, anima del Festival, e dalla professoressa Franca Melfi (nata a Cosenza e cresciuta a Oriolo Calabro) grande nome nel campo della Chirurgia toracica mini-invasiva (VATS) e della Chirurgia robotica.
La tesi premiata, dal titolo “Human-Aware Robotics: Modeling Human Motor Skills for the Design. Planning and Control of a New Generation of Robotic Devices”, affronta un’approfondita analisi su come gli esseri umani muovono mani e arti superiori, allo scopo di poter progettare robot più “antropomorfi” e protesi che eseguano movimenti il più possibile connaturati o “naturali”. “Le prestazioni dei moderni robot umanoidi, sono ancora estremamente lontane da quelle degli esseri umani – ha dichiarato Giuseppe Averta -. Siamo infatti in grado di compiere movimenti molto variabili e complessi, nonostante i nostri muscoli siano poco performanti e il nostro sistema nervoso abbastanza lento. Nel mio studio cerco di sviluppare metodologie per riportare queste capacità proprie del corpo umano sui robot. Questo ha richiesto un sostanziale cambio di paradigma rispetto agli approcci standard, e di affrontare problemi che attraversano i confini di diverse discipline, dalle neuroscienze e la psicofisica fino alla meccatronica, la teoria del controllo e la robotica”.
Le applicazioni individuate nel lavoro di Averta si concentrano essenzialmente su tre filoni: lo sviluppo di protesi robotiche mano-polso semplici e efficaci, con un numero cioè limitato di attuatori (i “muscoli” dei robot), ma allo stesso tempo in grado di compiere movimenti complessi con naturalezza e robustezza; lo sviluppo di algoritmi per il movimento di robot umanoidi, specialmente manipolatori robotica a uno o due bracci; la valutazione del danno motorio in pazienti colpiti da infarto. Tre campi parzialmente differenti, ma in cui è fondamentale un robusto lavoro teorico che descriva in linguaggio matematico le caratteristiche fondamentali del movimento umano.
“Il mio lavoro – conclude Giuseppe – si inserisce in un filone della robotica che da anni viene portato avanti a Pisa dal gruppo di ricerca del professor Antonio Bicchi, docente di robotica al DII e ricercatore all’IIT e al Centro Piaggio, in cui lo studio attento della natura e la sua modellizzazione matematica funge da guida alla progettazione dell’artificiale. I risultati che abbiamo ottenuto e stiamo ottenendo dimostrano in effetti come l’osservazione della natura possa rappresentare una delle chiavi per gli sviluppi della robotica del futuro”.