
10 Gen Domenico Scopelliti e “Operation Smile” per la felicità dei bimbi del mondo ai tempi del Covid
Originario di Reggio Calabria, direttore della Chirurgia maxillo-facciale dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma, è vicepresidente scientifico dell’importante Fondazione umanitaria che opera nei Paesi in via di sviluppo e da qualche anno anche sul territorio nazionale, che non si è fermata con l’emergenza sanitaria…
di Roberto Messina

Nel volontariato internazionale, varie Associazioni si occupano di problemi sanitari. Il loro interesse è solitamente rivolto a Paesi “poveri e in via di sviluppo” devastati dalle guerre, dalle carestie, o semplicemente lontani dal cosiddetto mondo “civile”. Qui l’emergenza non ha scelta: deve occuparsi “semplicemente” e “solamente” di preservare la vita in quanto bene essenziale, di combattere le malattie che decimano le popolazioni, di salvare dalla morte.
Un bel traguardo certo, ma ancora poco in rapporto ad un’emergenza planetaria. Si calcola, infatti, che in alcuni Paesi come l’Asia, un bambino ogni quattrocento nasca affetto da labiopalatoschisi (labbro leporino e fessura nel palato): una patologia che necessita, peraltro, di un lungo percorso di cure che va dalla nascita e prosegue fino alla fine della crescita, necessitando di un team multispecialistico che deve intervenire in tempi adeguati ed in modo coordinato. L’intervento chirurgico primario deve, peraltro, essere effettuato in modo tempestivo e corretto, poiché da questo dipende anche lo sviluppo scheletrico futuro della faccia, nonché della corretta articolazione fonatoria e respiratoria. Per tale ragione, non è possibile affidare questi bambini alle cure di personale che non sia adeguatamente formato ed esperto nel settore specifico. Si è visto, poi, che anche nei casi in cui i bambini sono operati in modo adeguato e con tempistiche giuste, durante la crescita possono ugualmente manifestarsi problemi che devono essere necessariamente corretti da adeguate terapie specialistiche che coinvolgono ortodontisti, logopedisti e psicologi oltre ai chirurghi.

Negli stessi Paesi emerge però, parallela, un’attenzione verso le persone affette da malformazioni, ed in particolare quelle del volto, che colpiscono l’individuo non solo nel suo aspetto fisico, ma ne invalidano anche la dignità. Non si tratta di vite messe a repentaglio, no, ma di un problema di qualità di queste stesse vite: che sono talvolta derise, costrette all’emarginazione, allontanate dalle comunità, soprattutto in certe popolazioni tribali che leggono nella malformazione del volto un segno di maledizione divina…
Dal 1982 esiste un’organizzazione umanitaria, una Fondazione, che riunisce straordinari medici volontari sotto la gloriosa sigla di “Operation Smile” che si occupa proprio di questi bambini. Presente in oltre 60 Paesi, conta sulla partecipazione di migliaia di volontari. Finora ha sottoposto a visite mediche gratuite oltre 2 milioni di pazienti ed effettuato oltre 300.000 interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, ridando speranza e sorriso a tanti piccoli e piccolissimi.
Ad oggi l’organizzazione internazionale vanta la realizzazione di 8 Centri di Cura in altrettanti Paesi a risorse limitate, dove afferiscono in modo continuativo bambini ed adulti affetti da tali patologie. Vicepresidente Scientifico della Fondazione Operation Smile Italia Onlus (presieduta da Carlo Salvatori) è Domenico Scopelliti, originario di Reggio Calabria, primario di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale S. Filippo Neri di Roma, con un curriculum professionale di livello internazionale incentrato principalmente sullo studio, la ricerca e la cura delle malformazioni del volto. Autore di numerose pubblicazioni, è Cavaliere della Repubblica per meriti umanitari: “Andare in questi Paesi – ci ha detto per cominciare il dott. Scopelliti – è scoprire un mondo di bambini, ormai adulti, che hanno vissuto la malformazione non solo come disagio funzionale per impossibilità di parlare comprensibilmente, di alimentarsi normalmente; ma anche come “diversità” per gli aspetti socio-relazionali. Bambini i cui sguardi dicono più di cento parole, il cui sorriso restituito ci ha fatto far pace con la nostra professione. Ecco perché andiamo in missione, ecco perché vi torniamo, per recuperare un’antica, spesso ormai perduta, vocazione di alleviare il dolore degli altri, fuori dalle carriere e dalla burocrazia”.

Quale ritiene sia stato finora il Suo contributo alla causa della Fondazione?
Il mio ruolo, fin dal principio, avendo sempre lavorato in ambito prima universitario e poi ospedaliero, è stato quello di cercare di trasportare anche nel mondo del volontariato la professionalità degli operatori e l’approccio rigorosamente scientifico. Questo atteggiamento dovrebbe essere il pre-requisito per qualsiasi attività medica, ancor più la nostra che non riguarda l’emergenza sanitaria. Ho sempre sostenuto che il bambino che noi operiamo in un paese in via di sviluppo debba ricevere lo stesso tipo di cure mediche sia in termini di qualità che di sicurezza, come se fosse operato nel nostro paese. Anche in missione questi standards non possono essere trascurati.
Com’ è la situazione italiana riguardo le malformazioni del volto?
Nel nostro Paese l’assistenza primaria è eccellente. Esistono diversi centri pediatrici in cui si effettuano interventi correttivi primari in modo ineccepibile. Non vi è, tuttavia, un’adeguata distribuzione dell’assistenza sull’intero territorio nazionale e soprattutto non sono codificati percorsi assistenziali terapeutici multidisciplinari in grado di assicurare l’assistenza sanitaria necessaria fino al termine della crescita. Questo alimenta ovviamente ancor più il fenomeno della migrazione sanitaria tra le varie regioni, ed in particolare dal Sud verso il Nord, con i conseguenti disagi economico-sociali che investono pazienti e loro famiglie.

Che soluzione avrebbe al problema?
Dal 2007, anno in cui l’Italia e l’Europa hanno incominciato a soffrire la crisi economica, numerose richieste sono pervenute direttamente agli uffici della Fondazione italiana, da parte di genitori e pazienti ormai adulti, per l’intervento diretto da parte nostra. Questo a conferma dell’analisi da noi effettuata in un documento consegnato al Ministero della Salute già dal 2006, dove si ravvedeva l’esigenza di creare Centri di Eccellenza, distribuiti equamente in tutto il territorio nazionale, per far fronte alle esigenze di cura di questi pazienti e delle loro famiglie. Parliamo di un fenomeno che qui in Italia riguarda circa 700 nuovi nati ogni anno, ognuno dei quali ha necessità di cure estese per circa un ventennio.
Abbiamo sviluppato a partire dal 2010 un progetto denominato Smile House, che prevede la realizzazione di almeno 4 Centri di Eccellenza multidisciplinari, per lo studio, la diagnosi, ed il trattamento delle malformazioni del volto ed in particolare delle labio-palatoschisi, in modo da coprire tutto il territorio. Tali strutture trovano una loro adeguata collocazione all’interno di preesistenti plessi ospedalieri dei Sistemi Sanitari Regionali. Con tali finalità, sono quindi nate da un accordo specifico tra Fondazione e alcuni enti ospedalieri, le prime tre Smile House a Milano (presso l’Ospedale S. Paolo), Roma (presso l’Ospedale San Filippo Neri) e Vicenza (presso l’Ospedale S. Bortolo). In questi Centri, è stata concentrata l’attività chirurgica (Hub Chirurgici), ma ovviamente è stato assicurato per intero il percorso diagnostico terapeutico multidisciplinare che va dalla diagnosi pre-natale fino al termine della crescita. Concentrare l’attività chirurgica è fondamentale quando si tratta di un numero relativamente esiguo di casi, perché in tal modo si ha la possibilità di applicare protocolli di cura omogenei per ottenere risultati eccellenti, ed inoltre garantire un elevato standard grazie anche alle possibilità formative di tipo intenso e continuativo, che assicurano personale altamente qualificato ed aggiornato.
Tutti gli altri servizi ed attività mediche complementari alla chirurgia, possono trovare spazio in altrettante strutture ospedaliere dei vari Servizi sanitari regionali, (Spoke ambulatoriali, già realizzati ad Ancona e Cagliari) distribuiti in modo capillare in tutte le regioni secondo esigenze epidemiologiche, e al fine di assicurare la continuità delle cure necessarie il più vicino possibile alle residenze dei bambini, degli adulti e delle loro famiglie. Il concetto base è che un bambino di Ragusa non dovrà recarsi a Milano o Roma per effettuare un trattamento ortodontico che necessita controlli clinici continuativi, ma potrà recarsi presso il nostro Spoke ambulatoriale in Sicilia, dove troverà lo specialista formato dalla Rete Smile House ad assisterlo. Il progetto è stato presentato al Ministero della Salute perché possa essere realizzato nell’ambito delle Reti Nazionali, ed è in via di approvazione.

Cosa è cambiato con il Covid?
Tutto. L’evento pandemico legato al Covid-19 già a marzo 2020 ha costretto l’organizzazione internazionale a sospendere temporaneamente l’attività in tutti i Paesi. Non era più possibile, con quel modello organizzativo, assicurare percorsi in sicurezza che proteggessero dal contagio i pazienti, i parenti e gli operatori sanitari. L’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha colpito fortemente l’Italia e messo a dura prova la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale. Durante il lock-down la chirurgia non di emergenza ha subìto rallentamenti e rinvii. Interi reparti chirurgici sono stati accorpati e molti operatori sanitari reindirizzati verso i reparti Covid 19, creando disagi e allungando le liste di attesa sia nella prima, che ancor più nella seconda ondata.
La Fondazione Operation Smile Italia Onlus con i suoi medici e operatori sanitari si è schierata in prima linea per affrontare l’emergenza, supportando il personale medico e le strutture ospedaliere in Italia e all’estero anche con webinar e corsi di formazione, fornendo a tutta la rete dei rapporti internazionali della Casa Madre indicazioni per la gestione clinica della fase di emergenza, ma soprattutto progettando percorsi covid-free per la sicurezza di tutti. Attraverso la rete delle Smile House abbiamo continuato ad assistere i pazienti e le loro famiglie anche a distanza. I Centri Smile House di Roma, Milano e Vicenza, nella prima fase dell’emergenza sono stati anche loro costretti a sospendere le attività chirurgiche. Appena, tuttavia, le condizioni di sicurezza e le linee guida indicate per la riduzione del rischio di contagio sono state rese operative, l’attività operatoria è ripresa, recuperando almeno parte delle liste di attesa nel mese di agosto.
Nel periodo di lockdown abbiamo inoltre implementato il modello organizzativo Smile House per la cura in sicurezza della labiopalatoschisi, svolgendo programmi di formazione professionale a supporto della costituenda rete assistenziale, ed approfondendo alcuni temi della ricerca clinica nel settore. Le capacità assistenziali, di formazione professionale e di ricerca scientifica, unitamente agli obiettivi di tempestività, continuità e distribuzione territoriale, fanno del modello Smile House una best practice di livello internazionale per il trattamento della patologia, in grado di essere replicata in tutti i Paesi in cui l’organizzazione Operation Smile international è attiva.

Tempestività, qualità e sicurezza, le parole chiave…
Grazie al modello Smile House, Operation Smile segue in Italia le famiglie ed i pazienti affetti da labiopalatoschisi con un protocollo di cure specialistiche che vanno dal periodo gestazionale, dove è già possibile effettuare una diagnosi prenatale, fino al pieno sviluppo psico-fisico dei pazienti, intorno ai 20 anni di età. Non è solo la chirurgia a risolvere la malformazione. I bambini operati entro il primo anno di vita, anche in modo eccellente, a 3 anni sembra abbiano risolto tutti i loro problemi. Ma chi sa cosa succede quando arrivano ad essere adulti? Quanti di loro parlano in modo corretto o comprensibile? Quanti hanno avuto uno sviluppo armonioso del loro volto? Quanti di loro hanno un lavoro, una famiglia, una vita normale? Che conseguenze psicologiche ha determinato la malformazione a fine crescita? La patologia verrà veramente corretta in modo appropriato, solo ottenendo a fine crescita l’integrazione sociale del paziente.
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