Domenico De Rito: la forza, le ragioni e la bellezza della luce, in architettura

La complessa e fondamentale disciplina del linguaggio luminoso, impiegata a supporto delle composizioni strutturali. Quanto c’è da fare e “vedere” in Calabria

di Roberto Messina

Domenico De Rito relatore a Roma, nel 2021

L’architetto Domenico De Rito, incontrato nei giorni scorsi a Cosenza, tira dritto sulla sua strada anche quando non si tratta di disegnare, produrre o esibire progetti e idee, ma “semplicemente” di rispondere e argomentare circa la sua incontenibile (quanto sacrosanta) passione per “la cultura della luce”. Una peculiarità creativa e stilistica, e non solamente estetica, come vedremo… Ma anche qualcosa di profondamente correlato ai temi della salvaguardia dell’ambiente, dello sviluppo sostenibile, della comunicazione e del linguaggio. Una vera “cultura” appunto, una maniera di intendere e affrontare il campo con un approccio ampio, consapevole, colto, e propriamente “illuminato”, forte degli studi e delle esperienze pregresse.

L’illuminazione, allora – potremmo dire così – non come accessorio e inutile orpello, come sovrastruttura onusta e barocca. Ma, all’esatto opposto, come un nuovo elegante “vestito” da porre accanto e sul manufatto architettonico, per esaltarne forme e slancio. Un’architettura nell’architettura, dunque. Una meta-architettura intesa come connubio di arte, scienza, tecnica. E come foto-grafia: cioè disegno fatto con la luce, e luce che disegna.

Tutto ciò, con l’obiettivo di sottrarre spazio all’inquinamento luminoso. Ridurre i consumi energetici. Non interferire con le abitudini dei volatili. Dotare gli spazi interni di una radiazione calda e accogliente, e quelli esterni di scenari affascinanti e suggestivi, capaci di lasciare libertà al grande teatro “naturale”, o storico-naturale, dell’ambiente circostante. E di notte, a quello immenso e magico del firmamento.

Fin dalle prime fasi della sua carriera, De Rito ha indagato a fondo, con metodo e curiosità, la disciplina architettonica, maturando esperienze significative nel campo della riqualificazione urbana e di quella paesaggistico/ambientale, della progettazione architettonica, dell’interior design. Una ricerca ininterrotta, appassionata, meticolosa, concentrata sulle differenti modalità di impiego della luce naturale e artificiale: una materia di cui è diventato tra i principali esperti in Italia, e che nel marzo del 2004 lo ha portato a condurre il suo primo seminario sulla disciplina del linguaggio luminoso come parte integrante del processo progettuale architettonico complessivo.

Ha poi curato, organizzato, partecipato ad innumerevoli incontri e convegni su questo affascinante argomento: a Reggio Calabria, Venezia, Cosenza, e Roma dove nel 2021 ha argomentato sulle modalità eccezionali, sorprendenti e innovative, con cui i progettisti dell’antichità romana avevano gestito e canalizzato la luce naturale all’interno del Pantheon attraverso il cosiddetto “oculus”: l’occhio, il foro circolare di 9 metri di diametro posto al centro della cupola, da cui penetra la luce naturale dentro, e che ha consentito fondamentali studi di astronomia.

Sui temi della luce come comunicazione e linguaggio, l’architetto ha ricevuto premi e riconoscimenti, come quello per la progettazione dell’illuminazione del Castello Svevo di Cosenza, Concorso di idee (2005), pubblicato ed esposto a Montreux. Pubblicato invece da Aracne, il progetto “Luci sullo stretto” (2015) in occasione dell’iniziativa “100 Idee per Reggio Calabria Città Metropolitana” presentato presso la sede della Facolta’ di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ha poi elaborato uno studio sperimentale sulle disabilità visive con un progetto patrocinato dall’Unesco (2015).

Rendering dell’illuminazione esterna di un casale in Calabria

L’illuminotecnica è per lui, dunque, e giustamente, questione fondamentale, indispensabile da conoscere nel profondo come disciplina tecnico-scientifica che sta alla base della buona architettura. Anche se non è da sola sufficiente a poter “far bene”, se privi delle necessarie connessioni interdisciplinari. Per cominciare, con la Fisiologia e psicologia della visione e della percezione luminosa dell’occhio umano. E poi con l’ergonomia dell’illuminazione e del comfort visivo. Quindi con l’architettura e il design, nella consapevolezza della luce adatta per interni o esterni, edifici, monumenti, piazze, giardini. E ancora con l’Elettrotecnica: ossia con l’impiego dell’elettricità nell’illuminazione, e la necessaria competenza sulle varie tipologie di lampade e di impiantistica. Infine, con la Regolamentazione sulla sicurezza (illuminazione di emergenza). E come detto prima, con gli studi e le norme sul risparmio energetico e l’inquinamento luminoso.

Casa privata, 2016

Ricordando il fatto che in Italia l’illuminotecnica è governata da ogni singola regione, e che in altri Paesi europei come la Francia è invece obbligatorio presentare un dettagliato e preciso calcolo illuminotecnico se si vogliono vedere approvate le stesse licenze edilizie (non a caso Parigi è per eccellenza la “ville lumière”, oltre che per l’illuminismo filosofico, proprio per la sua magnifica e spettacolare illuminazione stradale), secondo il dire e il pensare senza mezzi termini dell’architetto De Rito, intanto la luce colorata dovrebbe essere usata con vera e grande parsimonia, ed esclusivamente, così argomenta senza indugio: “per segnalare iniziative o eventi: come, ad esempio, quella di colore rosso per la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne; o quella blu per la giornata mondiale sull’autismo”. E invece, ecco che se ne fa un uso smisurato e smodato dappertutto, e nella maggior parte delle nostre città inghiottite dall’inquinamento luminoso, o al contrario, malamente illuminate, quindi con poca sicurezza per il cittadino.

In primis– spiega De Rito – la luce è sicurezza. Anche se quando si tratta di illuminazione pubblica, è giusto che un occhio vada al controllo dei consumi energetici, considerando con ciò fondamentali i sistemi dinamici, crepuscolari o similari. La violenza delle luci colorate, realizzate e ‘sparate’ senza criterio, è un altro problema. E anche una sorta di violenza, cui bisogna resistere. Nei centri storici, la luce usata per valorizzare edifici e monumenti ha assoluta necessità di mani esperte, e dell’intervento di competenti. Non si può improvvisare, se non si vogliono creare scempi.”

E nel privato, invece, qual è la situazione, e quale, se c’è, secondo Lei, la “soluzione”?

Anche per quanto riguarda la progettazione di edilizia privata, lo studio della luce naturale o artificiale, è fondamentale. Dobbiamo comprendere che anche gli spazi privati appartengono alla collettività, poiché uno spazio privato ha anche una ricaduta di dominio pubblico. Attualmente mi sto occupando della ristrutturazione di un casale in Calabria, il cui progetto illuminotecnico è stato pensato per creare suggestivi scenari, in sintonia con quello della luce naturale del Sud all’imbrunire: una riconosciuta meraviglia di armonia, poesia e bellezza. La scelta dei corpi illuminanti incassati a luce indiretta, evita l’inquinamento luminoso e crea suggestivi e affascinanti scenari notturni.

Esempi virtuosi di illuminotecnica nelle città calabresi?

Con Nik Spatari al MuSaBa nel 2000

C’è molta ignoranza a riguardo, con tanti improvvisati che cercano di dar ‘luce’ ad importanti opere di architettura. Ma non succede solo in Calabria. Non ho visto ancora un Piano della luce, la nostra Regione non ne ha alcuno, che preveda la tutela dall’inquinamento luminoso, il risparmio energetico, lo sviluppo sostenibile e la tutela delle nostre città e dei nostri centri storici. Non dimentichiamo che, come si diceva prima, il buon uso della luce sta a significare anche sicurezza pubblica.”

Il monumento, l’edificio, la piazza, il posto che Le piacerebbe illuminare in Calabria?

Partirei dal Castello Svevo di Cosenza, manufatto importante e superbo, che domina strategicamente la vallata. Nel 2005 ho partecipato con il mio studio al Concorso di Idee “Cosenza vive il Castello” il progetto è stato premiato per la qualità della proposta. Avevo capito già da allora l’importanza della luce, e il fatto che la luce colorata deve unicamente segnalare iniziative o eventi, e così è stato nel mio progetto. Mi piacerebbe lavorare anche per il MuSaBa, lo spazio laboratorio museale nella Locride dei miei cari amici Nik Spatari ed Hiske Maas: lì vedrei una luce lenta e strategica nei sentieri colmi di sculture e murales dei sette ettari di spazio tra le arti, con oi “Il sogno di Jacob” sontuosa opera di Spatari. E ancora, la Cattolica di Stilo, di rilevanza internazionale. Fuori dai confini calabresi mi piacerebbe poter progettare ‘meglio’ la luce di Piazza del Campidoglio a Roma, a valorizzare il progetto architettonico del sommo Michelangelo Buonarroti, nato scultore e poi divenuto tanto altro…”.

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