Dici “Li’quo” e dici elisir…

L’azienda di Nicola Campanella, a Trebisacce (Cs), valorizza i migliori prodotti della tradizione agricola calabrese trasformandoli in superbi liquori artigianali, a cominciare da quello, apprezzatissimo e benefico, alla carruba

di Roberto Messina

Si presenta alla vista con un magnifico colore ambrato scuro e limpido; all’olfatto con note coinvolgenti ed intense; il gusto è dolce-naturale con sentore del cacao che le carrube, per paziente infusione, trasferiscono al liquore. Il risultato, è un infuso avvolgente, che al palato esplode in un complesso di sfumature che spaziano dal cacao, appunto, alla vaniglia anch’essa tipica delle carrube.

Nicola Campanella, titolare di Li’quo

Nicola Campanella, trentottenne titolare di “Li’quo”, l’azienda di Trebisacce, in provincia di Cosenza, che produce con sapienza e amore questo delizioso e comunque non massificato preparato, sua “punta di diamante”, lo abbiamo conosciuto grazie alla comune amica Monika Sannicola, chef titolare del “Bohemian Restaurant” di Mormanno (Cs), “scouting” di aziende e talenti enogastronomici, organizzatrice e testimonial di eventi prodotti del food e del beverage made in Calabria, considerati  veri e propri marcatori culturali molto potenti (l’ultima partecipazione agli incontri  gastronomici dell’area Lounge di Casa Sanremo, spazio vip nell’ultima recente edizione del Festival canoro).

La carruba è un frutto prezioso e benefico. Contiene vitamine e proprietà antiossidanti utilissime a contrastare i danni dei radicali liberi. Poi varie vitamine del gruppo B, la C, la E, la J e la K implicata nella corretta coagulazione del sangue. E ancora, sali minerali in quantità come potassio, magnesio, fosforo, calcio, zinco, selenio e ferro. Quindi tante fibre, pectine e polifenoli. Il liquore alle carrube è un ottimo digestivo dopo i pasti, e un buon aperitivo. Oltre queste caratteristiche, l’infuso è anche un disinfettante interno naturale.

La carruba è il frutto del Carrubo, albero sempreverde spontaneo, poco esigente, diffuso nell’area mediterranea e originario della Siria, con habitat idoneo il clima caldo, anche secco ed arido, ma non freddo (ideale, dunque, la Calabria appenninica e pedemontano\costiera).

L’albero e il frutto della carruba

Nell’antichità il frutto era utilizzato come sostentamento per gli uomini, grazie al suo grande potere energetico, poi un po’ dimenticato, è anche chiamato “Pane di San Giovanni” perché si dice che il Santo se ne nutrisse durante i lunghi periodi di ascesi e romitaggio nel deserto. Sono anche note le sue proprietà come sostituto del cioccolato, per chi è allergico al cacao.

E’ inoltre alimento dimagrante, astringente, antiemorragico, antiacido, antisecretivo gastrico.  In arabo “Carruba” vuol dire “carato”, e veniva usata come unità di misura per l’oro. In Marocco, i berberi consumano i frutti del carrubo per placare i disturbi digestivi; mentre nell’antico Egitto, i suoi baccelli, mescolati a miele, farina d’avena e cera venivano utilizzati per la cura di malattie intestinali.

Nel suo laboratorio lungo la costa jonica calabra, Nicola Campanella realizza comunque diversi altri liquori, che sono un’esplosione di gusto e fantasia a chilometro zero: da quello con foglie di alloro a quello di mirto selvatico, da quello di gelsi neri a quello di arancia. E ancora, di basilico, fiori d’arancio, pigne, fichi, olive, rucola…. Tutto con materia prima il ben di Dio locale. Tornando al prodotto di punta, ci racconta che i “baccelli” di carruba vengono raccolti uno ad uno a fine estate. Più precisamente, vengono “marrati” (tradotto: vengono scossi con un lungo bastone, per poi farli cadere in un lenzuolo) al seguito di una ricetta laboriosa, ma altrettanto affascinante da eseguire, un procedimento tramandato da generazioni, fino ad oggi.

Grande varietà di liquori, tutti con materie prime di eccezionale qualità

Mia nonna – spiega – non sapeva e non voleva fare diversamente. La raccolta così espletata, era, ed è ancora, come una festa… Senza trascurare il fatto che le piante da cui cogliamo i frutti furono collocate qui dal mio bisnonno nei primi anni del ‘900. Per partire con questa avventura, mi sono avvalso di un finanziamento del progetto ‘Resto al Sud’, circa 30mila euro, e abbiamo acceso lo starter con la prospettiva entusiasta di fare qualcosa di utile e di significativo per noi, ma anche per il territorio, valorizzando, commercializzando e promuovendo questo e altri suoi prodotti naturali”.

“Li’quo” da qualche anno dice la sua nel mondo del beverage, con al timone Nicola, laurea in Scienze Giuridiche all’Università di Catanzaro e imprenditore agricolo per incontenibile vocazione e “questione di famiglia” nelle di cui proprietà si producono essenzialmente olio d’oliva e agrumi. Qui ha maturato competenze di base e poi altre di specializzazione con vari attestati: di “Potatura”, “Gestione uliveti” “Gestione aziende agricole”.

Il liquore di carrube in particolare – prosegue con evidente tono appassionato – è stato subito ben accolto per la sua naturalezza, il suo richiamo al passato e alla tradizione, il suo spirito ‘bio’. Ritengo ci sia diverso spazio da cogliere tra bar, lounge, ristorazione, gastronomia, e anche distribuzione, dove posizionarlo con efficacia. La soddisfazione, comunque, non è solo per noi e per il nostro prodotto, ma per come piano piano si sta finalmente facendo avanti la Calabria che guarda a sé stessa, che non vuol essere più appendice coloniale al saldo della grande organizzazione distributiva, ma l’esatto opposto: una regione autopropulsiva, che si proietta fuori e conquista per le sue indubbie e numerose qualità ed esclusività.”  

Alcune fasi della lavorazione

L’idea alla base di tutta la produzione, è qui decisamente, dunque, la valorizzazione di quanto da sempre viene coltivato, curato e portato su in maniera artigianale. Troppo spesso – fa giustamente notare lo stesso Campanella – si assiste alla lavorazione di materie prime non stagionali, finalizzata al raggiungimento di più elevati volumi di vendita, a discapito della qualità, della sicurezza alimentare, e soprattutto del mancato rispetto del “calendario biologico”, o ancora e meglio, come si dice in botanica, del cosiddetto “tempo balsamico” che la natura chiede e impone per la produzione agricola appunto praticata “secondo natura”.

Il risultato finale, per Li’quo, è l’assoluta idiosincrasia e totale intolleranza per qualunque ipotesi di approvvigionamento di materie prime di dubbia provenienza o per l’adozione di metodi di coltivazione e di raccolta intensivi che incidano negativamente sulla genuinità dei prodotti e sull’economia locale, magari spingendo i produttori ad un sempre più frequente abbandono delle coltivazioni territoriali. 

Gli uliveti di famiglia

Per la nostra azienda – spiega a chiare lettere Campanella – l’obiettivo primario resta rispettare un rigoroso calendario di produzione dell’intero periodo annuale, per offrire una visione trasparente degli ingredienti che andranno a comporre le ricette dei liquori. Considerato il diffuso fenomeno delle frodi alimentari, è di fondamentale importanza lavorare anche per far circolare una buona educazione alimentare che sappia rivendicare con decisione e fierezza il diritto alla salute e alla sicurezza degli stessi prodotti, assieme al rispetto per madre natura e per i suoi ‘tempi’”. 

Li’quo. Un’altra bella e significativa storia di bella e significativa Calabria. Un altro passo nella direzione giusta per essere ottimisti e alimentare la speranza.

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