DA LAMEZIA A REYKJAVIK PER AMORE DELLA MUSICA

Pamela De Sensi, flautista, organizzatrice di concerti, editrice, è dal 2003 in Islanda, entusiasta per la qualità della vita e soprattutto per la grande considerazione, il rispetto e il sostegno che qui le Istituzioni danno alla cultura e alle attività musicali, assai diversamente e in maniera “fantasticamente esagerata rispetto all´Italia”.

di Roberto Messina

Pamela De Sensi davanti all’ Hof Concert Center di Akureyr, con il suo primo libro-favola musicale pubblicato dalla sua casa editrice öfrahurð (trad. Porta magica) che ha vinto
un premio come migliore produzione e pubblicazione dell´anno 2013.

A Pamela De Sensi l’amore per la musica, per il flauto in particolare, si rivela evidente e incontenibile già da piccola, come nella migliore delle biografie: “Sono cresciuta tra le note dell’Opera italiana – racconta -. Mia madre era una cultrice di musica e fin da bambina sapevo già tutto di Traviata, Bohème, Aida e via dicendo. E chi erano la Tebaldi, la Callas, Carreras e Domingo… Anche se inconsciamente, mamma mi ha fatto appassionare da subito al mondo dei suoni, avviandomi agli studi quando avevo otto anni. A Lamezia c’era una pubblicità di un corso gratuito di musica, e lei iscrisse me e mio fratello. Era con il professor Franco Fazzari, trombettista. Non so quanti bambini c’erano all’inizio, ma so che dopo un paio di mesi il numero diminuì notevolmente: il prof. Fazzari amava la disciplina e non voleva assolutamente, e giustamente, dei perditempo. Io da buona testarda, non ho buttato la spugna. Anzi, più le cose si facevano difficili, più mi prefiggevo di superarle presto e bene”.

Originaria di Lamezia Terme, Pamela De Sensi nel 2003 lascia la cittadina calabra per la capitale dell’Islanda, Reykjavik, dopo varie esperienze e studi in Italia e all’estero che la entusiasmano e la fanno optare senza tentennamenti per il gran salto Oltralpe.

Sono stata sempre convinta che non sarei rimasta in Italia – spiega – perché sapevo che qui non avrei potuto vivere di musica. Sono andata via per andare incontro all’arte e alla carriera. A Roma, durante i miei studi in Conservatorio, avevo conosciuto un organista islandese che mi ha incantata raccontandomi del suo Paese e in particolare della considerazione, del rispetto, del sostegno convinto che questa nazione e le sue Istituzioni riservano alla Cultura in tutte le sue forme e in particolare alla Musica. Così, quando mi ha detto che c’era un Concorso per insegnante di Flauto in un Conservatorio islandese, mi sono lanciata, e con mia sorpresa sono stata presa: anche se giovane, avevo un buon curriculum. Una partenza comunque combattuta, dacché ero stata chiamata contemporaneamente come insegnante di flauto nelle Scuole medie in due paesi calabresi. Lasciare la famiglia per andare al ‘Polo Nord’ non è stato uno scherzo. E ringrazio di aver avuto una mamma ‘super’ e moderna, che mi ha insegnato a fare le esperienze prima di giudicare cosa è buono e cosa no. Sono partita lasciando il mio ‘mondo certo’ per un ‘nuovo mondo’, con l’incognita del futuro. Mi chiedi perché poi sono rimasta in Islanda? Quel famoso organista che mi ha trascinata, è diventato mio marito. Poi qui mi sono sentita da subito, come mi piace dire, come un bulbo in un terreno fertile: impossibile non fiorire. La cultura musicale in Islanda e in Scandinavia in generale, è fantasticamente esagerata rispetto all´Italia”.

Con il famoso compositore islandese
Atli Heimir Sveinsson
al´Ambasciata islandese a Vienna

Torniamo indietro. La tua è stata dunque, come si dice, una vocazione?

Per il temperamento che ho, non la chiamerei vocazione. Ma passione pura. Qualcosa di cui sono totalmente dipendente… ma mai intossicata.

Cosa ami più dell’Islanda. Cosa ti dà?

Tutto. Dalla natura stupenda, alla cultura immensa. Mi dà modo di coltivare e realizzare i miei sogni di musicista. Qui è considerato un mestiere a tutti gli effetti. Dico questo, in base ad una delle mie ultime esperienze a Lamezia Terme, in Comune, dove mi ero recata per rinnovare la carta d’identità. Un funzionario mi ha chiesto cosa facevo ‘ora’ di mestiere… Ed io ho risposto: ‘la stessa cosa che c’è scritto qui nella carta di identità in scadenza: la musicista’. La sua risposta è stata: ‘sì ho capito, ma di lavoro cosa fa?’.

In cosa sei impegnata adesso? Che tipo di produzione e ricerca musicale stai effettuando?

Il mio prossimo progetto è un Cd di musiche per flauto e coro di autori contemporanei islandesi. Un progetto voluto da me e che coinvolgerà il coro veneto “Libera Cantoria Pisani”, con cui collaboro da anni. Uscirà a dicembre 2021 pubblicato dall’ICE Classic. Sto poi lavorando ad un progetto internazionale con il mio ensemble di flauti “Aulos” per una tournée nei Paesi nordici, con un programma dedicato interamente alle donne, musiche di compositrici contemporanee. Negli ultimi cinque anni mi sono impegnata nel repertorio contemporaneo anche con la collaborazione di grandi compositori islandesi e non, interessati a scrivere per me. Ho un programma ‘in evoluzione’ da solista (flauto alto/basso/contrabasso e loop station) che ho eseguito un po’in tutto il mondo. La scorsa primavera sarei dovuta andare in Giappone, ma purtroppo la situazione sanitaria non era confortevole. Spero di riuscirci il prossimo anno.

Pamela De Sensi premiata dal precedente presidente islandese
Ólafur Ragnar Grímsson

La tua più grande soddisfazione in questo tuo lavoro con e nella musica?

Poterci vivere. Non lo considero come un lavoro, anche se pretendo che gli altri lo facciano e con il massimo del rispetto. E’, come detto, una passione, perciò sono contenta, entusiasta di poterla portare avanti quotidianamente e condividerla con allievi e colleghi.

Questo “lavoro” nella musica, e quello per la musica: cosa ti piace di più e cosa meno?

Non lo chiamiamo lavoro, allora siamo intesi, perché perderebbe la sua carica di emozioni e passioni. Mi sono sempre detta che il giorno che suonerò per “lavoro” dovrò smettere, perché non sarò più degna di far parte di questo mondo. Quello che mi piace di più, è la carica di emozioni ed energia che mi attraversa ogni volta che suono in pubblico. Vivo di musica ed è questa la cosa stupenda. Quello che mi è piaciuto meno, è stato suonare in orchestra, perché sono il tipo che ama decidere cosa e come suonare…

Il presidente islandese
Guðni Thorlacius Jóhannesson
consegna a Pamela De Sensi
il riconoscimento per il contributo reso alla nazione con l´attività musicale ed editoriale

L’attività musicale italiana. La trovi adeguata all’esigenza e alla storia del nostro Paese?

Purtroppo no. Ed è anche per questo che vivo all´estero. In Italia ci si è adagiati e cullati sull’imponente storia musicale del passato, non creando valide prospettive per le generazioni future di compositori ed esecutori. Inoltre, si investe poco e male nelle realtà locali. Penso a tutte le Associazioni musicali che ci sono in Italia e che devono competere una contro l’altra per ottenere i pochi finanziamenti pubblici a disposizione. E poi il mondo dei finanziamenti è un’incognita, oltre che un’assurdità. Ma via! Com’è possibile pretendere di anticipare le spese, per vedere erogato il finanziamento solo dopo gli eventi. Un paradosso. E un nonsense. Oltre che un’evidentissima penalizzazione che inficia a priori il lavoro di chiunque. 

L’attività musicale in Islanda. Com’è organizzata? Che paragone con la nostra?

Cominciamo proprio dai finanziamenti, che sono molto più semplici da chiedere, e se vengono concessi, vengono erogati prima che la manifestazione abbia inizio. Si ha così il vantaggio di poterci contare al 100%. Nel 2013 ho fondato una Casa editrice e discografica con la quale organizzo regolarmente concerti e manifestazioni culturali. Ho avuto esperienze con Associazioni musicali in Italia e ci sono davvero differenze abissali. I finanziamenti pubblici sono pubblicizzati per tempo e resi accessibili a chiunque e, come ho detto prima, è facilissimo richiederli, tutto velocemente e semplicemente online. Naturalmente non è matematico che vengano concessi. La Commissione che si occupa della decisione, lavora comunque con l’ottica di dare a tutti uguali possibilità di poter fare progetti, cercando di promuovere le giovani generazioni.

Insomma un altro mondo… Allora dacci una tua idea di riforma, un progetto per rilanciare la musica, i conservatori, le orchestre, i concerti, l’occupazione degli artisti italiani. Da cosa partiresti? E per approdare dove?

Inizierei con istituire Orchestre giovanili comunali, con componenti di età non superiore ai 30 anni. Questo darebbe possibilità di ulteriore formazione, di stimolo, oltre che avviare al lavoro chi vuol intraprendere la carriera di musicista. Si potrebbero organizzare le feste del paese sfruttando le orchestre giovanili. Si potrebbe produrre così diffondere la cultura, che è la base della vita civile di un Paese e spesso anche della sua buona economia.Oltre l’Orchestra comunale, anche una Compagnia teatrale e di balletto. Se non nasce e sviluppa dai piccoli centri, l’arte resta un’attività di nicchia riservata ad un’élite. Magari cominciando dalla mia Lamezia, con il Comune in prima linea per gestire la cosa direttamente, perché funzioni grazie a professionisti qualificati identificati per ogni settore. Necessario, poi, il coinvolgimento degli autori calabresi, commissionando ai compositori nuovi brani, agli scrittori nuovi testi di teatro etc. Sono certa che se ne avrebbe un gran giovamento in ogni senso e in ogni campo”.

Sulla famosa spiaggia di Thorlasfn (che a Pamela ricorda quella di Lamezia)

Torniamo all’Islanda e alla sua capitale. Com’è alla fine Reykjavik? Come ci si vive? La cultura è rispettata, ma è anche molto cara e “nordica”. Pregi e difetti, visti da una calabrese come te.

Molto cara è un eufemismo. Importando tantissimo, il tenore di vita è molto diverso che in Italia. I prezzi di tanti prodotti sono pazzeschi visti dagli occhi di un’italiana, per giunta calabrese. Abituata ad avere prodotti freschi dall’orticello di mio padre, è difficile andare a fare spesa e pagare così tanto per prodotti insapore, ma è sopportabile visto che gli stipendi sono più che adeguati. Sicuramente un difetto è la “nordicitá”, la chiusura della gente, ma in quasi vent’anni che vivo qui, le cose sono molto cambiate, anche perché viaggiando tantissimo, gli islandesi si sono sempre di più europeizzati e meridionalizzati in questo. Il popolo ama così tanto l´Italia, che essere un italiano qui ti dà una marcia in più.

Raccontaci della casa editrice e discografica che hai fondato e che dirigi.

Davanti al vulcano-ghiacciaio Snæfellsjökull che ha ispirato
il celebre libro di Jules Verne “Viaggio al centro della terra”.

La mia casa editrice/discografica si occupa principalmente di edizioni di musica classica e contemporanea per bambini e ragazzi, da quest´anno ho incrementato la produzione anche con un ramo dedicato alla musica colta. L´idea di fondare una casa editrice/discografica è nata dalla completa assenza in Islanda di edizioni di musica dedicate ai più piccoli. La cosa mi ha molto colpita, essendo il Paese molto attento alla formazione musicale e culturale in genere, delle giovani generazioni. La mia è tutt’ora l’unica in Islanda ad occuparsi di questo. Il prossimo 4 ottobre terremo un concerto dedicato alla figura di Vivaldi e al suo brano più famoso: le ‘Quattro Stagioni’. Come vedi ho l´Italia sempre nel cuore… 

I tuoi musicisti preferiti. E quelli islandesi.

Non ho dei musicisti preferiti in particolare. Di sicuro quelli grandi del passato li amo molto di più, perché appunto più genuini e spontanei nell´esecuzione.

Una musica e un musicista cui ti senti particolarmente legata?

Sicuramente il Concerto per flauto in Re maggiore di Carl Reinecke. Quando comprai il mio primo flauto, ricordo andammo al negozio di Solimeo a Catanzaro Lido, ben fornito. Visto che conosceva mio padre e vedendo anche l’entusiasmo di una bambina nel comprare il suo primo strumento, il signor Solimeo mi disse di scegliere uno spartito che mi avrebbe regalato. Presi il più difficile che trovai, appunto il Concerto di Reinecke, e decisi che quando sarei riuscita a suonarlo avrei potuto definirmi flautista. É stato uno dei brani che ho suonato al diploma e che ancora oggi suono con molto piacere, ripensando a quella bambina di 8 anni…

E i tuoi interpreti?

Marta Argerich è tra quelli che adoro. Penso che ormai ci si soffermi troppo sulla tecnica ed esteriorità, e che la vera musica che ti fa venire i brividi siano davvero in pochi ad eseguirla. Non sto dicendo che la tecnica non è importante, anzi è indispensabile, è la tecnica a darci la possibilità di far volare le emozioni nascoste nel nostro cuore. Però tanti interpreti questo lo hanno dimenticato.

E tra i musicisti calabresi del passato?

Cilea e Longo sono i miei preferiti.

Veniamo alla terra d’origine. Cosa pensi in cuor tuo della Calabria e dei calabresi?

É inutile dire che ho la Calabria stampata nel cuore e nell´anima. Penso che questa nostra “grande madre” abbia molto potenziale, ma che non venga assolutamente sfruttato. Non so bene a chi dare la colpa, se a noi calabresi o alle Istituzioni. Certo è che bisogna iniziare a fare le cose subito, senza delegare all´infinito e senza dire che le Amministrazioni precedenti hanno fatto di peggio.

Cosa ti manca di più della tua terra?

Direi più di tutto la mia famiglia e il contatto con la gente con cui sono cresciuta. Poi anche le cose a cui non dai peso quando sei in Calabria, ma ne senti inevitabilmente la mancanza: come sedermi in riva al mare nel Golfo di Sant´Eufemia, ed aspettare il tramonto, mangiare un tartufo gelato a Pizzo …e potrei continuare all’infinito.

Torneresti a vivere in Calabria?

Sicuramente non adesso. Non so se in futuro, ma senza dubbio vorrei essere più attiva e cercare di far qualcosa di più per la mia terra.

Esiste, secondo te, un’identità, una peculiarità calabrese?

Su questo non ho dubbi. L’essere testardi, veraci, passionali, l’arte di arrangiarsi e tanta creatività: un calabrese può creare da un piccolo fiore un grande giardino. I calabresi che vivono come me all´estero, sanno di cosa parlo. Dove c’è un ambiente che può valorizzare, il calabrese diventa inevitabilmente un’eccellenza nel suo campo.

In cosa sei calabrese? E in cosa no?

In concerto da solista al Museo di Arte contemporanea di Reyljavík

Sono calabrese sicuramente nella testardaggine. Non mi sento calabrese per la mia iperattività, sono abituata a fare le cose tutte e subito.

In cosa islandese e in cosa no?

Non credo che il mio essere italiana/calabrese sia cambiato nel tempo, vivendo qui in Islanda. Forse di una cosa dò credito agli islandesi: avermi insegnato che bisogna pretendere i propri diritti esercitando i propri doveri, e che l´onestà è fondamentale in tutto ciò che fai. 

Lamezia… Ricordi? Rimpianti?

Tantissimi ricordi stupendi e nessun rimpianto, non è nel mio carattere.

Calabresi cui ti senti particolarmente legata e calabresi fondamentali per la tua vita e la tua carriera?

Ce ne sono tanti, ma due persone in particolare le porto sempre nel cuore: il mio insegnante di Diritto, il prof. Trapuzzano, e quella di Lettere, la prof.ssa Andricciola, dell’Istituto “V. De Fazio”.  Mi hanno insegnato molto di più che le materie di scuola, e porto il loro esempio ancora nel cuore. Purtroppo non ho figure professionali tra i calabresi che siano state fondamentali nella mia carriera, però devo riconoscere che la famiglia Pollice con le sue stagioni concertistiche, mi ha fatto sognare in un futuro nel magico mondo della musica, e così è stato.

Da quali passioni è animata Pamela De Sensi?

La passione per la vita e la musica.

In Islanda quali sono i tuoi luoghi del cuore?

Ce ne sono tantissimi, è una terra davvero stupenda, la natura è il monumento del Paese. Se dovessi scegliere solo un posto, direi una spiaggia in particolare che è al sud dell’isola. Lì dove un fiume famoso per i salmoni incontra l´oceano e ci sono spesso le foche. Questo posto mi piace tanto, forse perché mi ricorda un po’, per la sua forma, il Golfo di Sant´Eufemia. 

E in Italia e nel mondo?

In tournée cameristica in Spagna

Roma in tutto il suo splendore, una città in cui ho vissuto tanto e senza dubbio una tappa importantissima della mia vita. Poi c’è Siracusa, Ortigia, dove ho fatto i miei veri primi passi da flautista. Nel mondo il mio posto del cuore è il Messico, in particolare la costa. Lì esattamente venti anni fa ho fatto la mia prima tournée all´estero, un cumulo di emozioni e tantissimi bei ricordi.

Il posto più bello che hai visitato?

Una spiaggia vicino a Siracusa, dove ho potuto fare il bagno tra i fenicotteri rosa, mi sembrava di stare in paradiso.

Qualche aggettivo per definire l’Islanda e la sua capitale?

Efficiente.

E qualcun altro per Lamezia, la Calabria?

Disordinata. Stupenda.

Il tuo motto?

Insisti e resiti che vinci e conquisti .

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