
16 Gen Con “Penelope”, Max Marra alla BAF 2023
Alla 18.ma edizione della Fiera d’arte contemporanea di Bergamo, l’artista paolano sorprende e attrae con la sua ultima scultura polimaterica ispirata al mito di Ulisse

Con l’opera scultorea “Penelope” (2003) il calabrese Max Marra (nato a Paola, una vita artistica fervida in Lombardia tra Monza, Milano e poi in Europa, in incontenibile processo creativo multidisciplinare vissuto e materializzato attraverso un’originale opera di integrazione tra disegno, pittura, scultura e installazione\performance), ha decisamente at-tratto, attirato a sé, sorpreso. E poi, anche felicemente “accolto” e trattenuto i visitatori della 18.ma edizione della BAF-Bergamo Arte Fiera, una delle più interessanti rassegne d’arte contemporanea d’Italia, che anche quest’anno ha fatto centro, con la partecipazione di oltre 160 gallerie d’arte significative del panorama nazionale, disposte lungo un elegante e razionale allestimento sugli oltre 6.500 mq del padiglione B (altri 6.500 mq per il padiglione A di IFA-Italian Fine Art, destinati alla parallela Fiera dell’antiquariato con migliaia di collezionisti di tutto il Nord Italia e in parte anche dall’estero in un importante percorso dai tratti museali lungo oltre dieci secoli di storia e cultura).
Grazie a queste due rilevanti mostre-mercato, il capoluogo orobico si è consolidato in questi anni come importante polo culturale, oltre che economico, dell’arte, contribuendo al riconoscimento della città di Bergamo (insieme a Brescia) quale Capitale italiana della Cultura 2023. La risposta del pubblico ha premiato anche stavolta la competenza, l’entusiasmo e lo sforzo degli organizzatori impegnati nel recupero e rilancio “post-pandemico” della kermesse: Sergio Radici (direttore artistico e curatore degli eventi collaterali) e Gianni Zucca e Armando Fusi (responsabili, rispettivamente, dell’area espositiva di BAF e IFA).

foto Luigi Angiolicchio
Venendo a Marra e alla sua poetica (si ricorda una sua recente grande Mostra antologica al Marca di Catanzaro nel 2021, a cura di Teodolinda Coltellaro) al di là della ricerca spinta avanti in ogni direzione con evidente sintonia “simpatetica” con linguaggi, materiali e stilemi delle avanguardie storiche, essa risulta altrettanto esplicita nella radice mediterranea e calabra, rintracciabile e lì a fare capolino lungo l’intero suo percorso, com’egli stesso rivela a Gianbattista Bonazzoli: “Il legame con la terra d’origine è un punto di sensibilità creativa predominante. Ogni riferimento alla materia incontrata, sia naturale: legno, terra, carbone, corda; sia in forma di scarto industriale: metallo, leghe leggere, lamiera, catrame, piombo, è stato essenziale. Le corde intrecciate e gli stracci lacerati ritornano sovente nelle mie opere, come gesti arcaici e automatici che rievocano i nodi dei pescatori e i teli consunti dal mare e dal vento che ricoprivano le barche rientrate sulla spiaggia”.

Sperimentazione, inedito, avanguardia e terra d’origine. Contaminazione, assemblaggio, mito e mare nostrum. Marra ne fa impliciti temi in questa “Penelope” presentata alla XIII Florence Biennale “Eternal feminine” a cura di Fortunato D’Amico, scultura polimaterica di oltre due metri esposta in giustamente privilegiata evidenza all’ingresso della BAF, corredata da una simbolica valigia “estroflessa” (quella, assai metaforica, di Ulisse) e da un’altra cassetta con del cordame navale, memore del periglioso peregrinare, ma pure del legame col passato, della speranza e della bramosia di ritorno. Viaggio e attesa: due forze uguali e contrapposte, in un’irrisolvibile sindrome, fanno la cornice, ma anche la radice, il succo, la quintessenza dell’esistenza umana.
Considerata l’abituale attenzione di Max Marra verso la realtà sociale, i problemi cangianti della contemporaneità e quelli invece eterni della condizione umana, non si può non trovarci dentro anche un forte richiamo al dramma della migrazione, dello sradicamento, della solitudine, della violenza sulle donne e della parità di genere, della crisi climatica, della necessità di invertire o almeno frenare la tendenza ferale allo sfruttare indiscriminatamente il pianeta. Oriente e Occidente restano comunque i punti cardinali e i poli delle sue opere concettuali (che, va considerato, sono state contemporaneamente proposte alla BAF da varie gallerie) come coordinate terrestri ad ispirazione dei suggestivi e catartici suoi “campi cosmos” in dialogo con l’universo, il silenzio, lo spazio, così come negli altri lavori “Dune d’Oriente”, “Archeologie”, “Sacre presenze mediterranee”, “Attraversamenti”.

A sx: “Cieli di cosmos”, 2013

Opere d’arte fortemente materiche, e dunque organiche, evidentemente più inclini all’astratto e all’informale, in Marra si ritrovano per incanto in un davvero misurato, controllato, calibrato quadro compositivo, che regala il piacere visivo e spirituale di un sostanziale equilibrio, appunto non solamente formale, ma concreto, vitale, profondo, pregno di senso e come custode di un mistero, di un segreto, di un qualcosa che racchiude una “verità”. Così, con Penelope”, l’opera e l’artista si svelano nuovamente come irrinunciabili voci di speranza, di prospettiva, di poesia: fattori di cui c’è ancora gran bisogno e di cui non si può fare a meno.
All rights reserved (Riproduzione vietata) – Foto ritratto di copertina, Michele Biglioli