Con Luigi Condemi di Fragastò, un “ripasso” del galateo tra passato e presente

Nel prezioso libro del magistrato della Corte dei Conti e docente universitario alla Luiss e alla Lumsa di Roma, originario di Marina di Gioiosa (Rc), edito da Laruffa, una dotta, esaustiva e utile riflessione sulle regole fondamentali del bon ton, per non dimenticare il valore delle buone maniere e la fondatezza etica che è loro sottesa

di Roberto Messina

Il giudice-scrittore Luigi Condemi di Fragastò

“L’etica dell’etichetta (Vecchio e nuovo bon ton)”, Editore Laruffa, è l’ottavo volume di Luigi Condemi di Fragastò, calabrese di Marina di Gioiosa (Rc), magistrato della Corte dei Conti e docente universitario alla Luiss e alla Lumsa di Roma. Uscito qualche tempo fa ma sempre di grande attualità. I primi sette sono di narrativa pura. In questo, invece, si è voluto cimentare con un manuale di galateo. Ne è risultato un libro gradevole sotto ogni aspetto.

Una vita da giurista. E un’altra da scrittore. In mezzo: cinquant’annni di passioni. Un cammino di rapimento sempre nuovo. E una ricchezza di contenuti capace di veicolare con leggerezza messaggi profondi. In uno dei suoi precedenti libri dal titolo “Dalla Calabria al Pianeta” (Spirali) la regione d’origine con cui Condemi, ha un rapporto viscerale, è alimento storico, brodo di coltura di narrativa, poetica, estetica che attraversano penisola e continente in lungo e in largo. E’ però la medesima ricchezza di sentimenti a veicolare le riflessioni. La stessa eleganza a generare un linguaggio “vicino”, aderente, coinvolgente. Luigi Condemi di Fragastò, pur continuando ad indossare la toga e a tenere le lezioni dalla sua cattedra universitaria, riesce in compiute “evasioni” letterarie, che lo hanno incluso da tempo a pieno titolo nella “Repubblica dei narratori di razza”.

Bravo, Condemi. Onorato di esser suo amico. E bravo anche stavolta, per aver saputo scrivere un’opera-saggio che non soltanto contiene le regole fondamentali del bon ton (trattarle tutte è quasi impossibile, visto che sarebbe stato necessario confrontarsi con tutto lo scibile e le attività umane), e quindi il concetto generale di “pulitezza” nell’agire, che dà la vera misura del gentiluomo (o della gentildonna) ma che le rivede sotto il profilo letterario e ricercando l’etica e la morale che stanno alla loro base.

Libro con dedica personale….

Per tutto il complesso argomento in oggetto, valga questa considerazione di Melchiorre Gioia: “La ‘pulitezza’ è un ramo della civilizzazione: ella consiste nell’arte di modellare la persona e le azioni, i sentimenti e il discorso in modo da rendere gli altri contenti di noi e di loro stessi, ossia acquistarci l’altrui stima ed affezione entro i limiti del giusto e dell’onesto, cioè della ragione sociale (…) La pulitezza è il fiore della morale, la grazia che l’abbellisce, il colore che amabile la rende ed amena”.

La chiave di lettura del libro, è contenuta nel suo incipit: “Un mondo senza regole è uguale al caos. Le regole sono alla base dell’ordine. Senza ordine il molto è poco, con l’ordine il poco è moltissimo”. Lo stesso Autore, prima di cimentarsi nella trattazione di questo manuale, ha espresso non pochi dubbi e parecchie perplessità. Ha perciò premesso che: “scrivere un libro che abbia per argomento le regole relative all’uso delle ‘buone maniere’, che dovrebbero connotare i comportamenti del gentiluomo e della gentildonna, significa correre il rischio di apparire saccenti e cattedratici”.

Se, poi, si volesse ricercare pure l’etica di queste regole, cioè effettuare un’indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo di fronte ai due concetti del bene e del male, il rischio di apparire anche presuntuosi diventerebbe più reale. D’altro canto, chi avesse in animo di trattare tale argomento non avrebbe scelta: o evitare di parlarne (e, quindi, rinunciare a scriverne), oppure cimentarsi comunque (e, quindi, correre il rischio di cui sopra). Luigi Condemi ha optato per la seconda soluzione…

Con Luigi Condemi a Roma, per la presentazione
del suo libro “Dalla Calabria al pianeta” (Spirali)
all’Hotel Excelsior di via Veneto, nel 2008

Il risultato è un volume veramente pregevole in cui sono diffusamente esposte, in forma letteraria, le comuni regole del galateo, da quelle antiche che ebbero il loro momento genetico al tempo del Rinascimento con Baldassarre Castiglione, a quelle moderne, ricercando, ove possibile, l’etica che le sottende. Oltre a una breve ricostruzione storica delle opere del Castiglione, di Monsignor della Casa e di Melchiorre Gioia, l’Autore ha insistito sul ‘bon ton’, oggi sovente bistrattato dai comportamenti di gran parte della società, anche da persone appartenente al mondo politico, giornalistico (radio, televisione) e dai giovani in genere.

Insomma, sono indegnamente trascurati e vilipesi i canoni del “saper vivere” nella società odierna. Ed è un gran peccato! I rapporti famigliari, sociali e istituzionali (politici, giudiziari, di amministrazione) nonché quelli sentimentali (fidanzamenti, matrimoni, coppie di fatto); gli inviti, i ricevimenti, le amicizie, la moda, l’arredamento, la tavola, i concerti rock, ecc., sono soltanto alcuni degli argomenti trattati. Il tutto accompagnato da interessanti aneddoti esplicativi. Insomma, un libro da tenere in evidenza in casa, nella consapevolezza che potranno verificarsi occasioni per utilmente consultarlo… A cominciare dal primo importate invito che presupporrebbe appunto un’elegante quanto da tempo “inabituale” apparecchiatura della tavola, degna appunto di grandi occasioni.

Eccovi, a riguardo, un bel “ripasso” per la corretta disposizione di piatti e piattini, bicchieri, tovaglioli, bottiglie di vino, cestino del pane, oliera, saliera e via dicendo.

Per prime le posate, generalmente di argento o di sheffield. A destra del piatto, vanno i coltelli da carne e pesce, con il taglio della lama rivolto verso l’interno. Quindi il cucchiaio. Sulla sinistra, le forchette appaiate e sfalzate, e quella per il pesce. Davanti al piatto, in senso orizzontale, le posate da dolce e da frutta: forchettina con il manico rivolto a sinistra; il coltellino con lama verso il piatto: poi il cucchiaino: entrambi col manico rivolto a destra. Bicchieri, in alto sulla destra, a scendere obliquamente verso le posate: quello grande per l’acqua; quelli per il vino rosso, il bianco e il dessert; un flute per lo champagne, questi ultimi due messi di lato.

Poi ancora un piattino a mezzaluna a sinistra per l’insalata. E bottiglie d’acqua e vino, saliera, oliera, formaggiera, sistemati in punti diversi della tavola in modo simmetrico e accessibile ai vari commensali. Facile a dirsi, ma non proprio a farsi. Forse, meglio invitare i nostri autorevoli ospiti, al ristorante à la carte più vicino…

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