CARMELO FODARO, la pittura TRA SENSUALE BELLEZZA E ENIGMATICA VISIONE

Viaggio tra stupore e meraviglia, nella raffinata opera dell’artista originario di Borgia, in provincia di Catanzaro, dove è possibile ammirare un suo davvero spettacolare ciclo realizzato per abbellire la locale Sala consiliare

 di Roberto Chiarella  

“Il tempo sospeso”, olio su tela

Davanti all’arte e alle scene pittoriche del maestro Fodaro si avverte la sensazione di rimanere sospesi nella dimensione dello stupore e della meraviglia, catturati dalla bellezza che, come afferma Platone “è l’unica idea visibile”.

E’ difficile ingabbiare la sua pittura dentro un movimento o esaurirla dentro definizioni stereotipate, essa è il teatro della memoria, della nostalgia dell’infinito, dello spaesamento, della decontestualizzazione degli oggetti e delle figure, dell’anacronismo, del tempo che attende di essere evento, dell’attimo che dà senso a tutto e che la pittura sa cogliere. L’arte compie il suo miracolo quando l’artista riesce a sottrarre, al divenire incessante e al caos vorticoso, e poi a fissare in una dimensione metafisica e in uno spazio iperreale, aspetti, realtà, oggetti trasfigurati nella loro bellezza, restituiti alla loro originaria purezza, quasi avvolti nel loro mistero.

La bellezza insomma si rivela in un attimo straordinario (kairòs) che anela all’eternità. Riportare alla luce e richiamare dunque lo sguardo su cose che altrimenti sarebbero ingoiate dall’oblio, cannibalizzate dal tempo e da un disumanizzante edonismo capitalista capace di sterilizzare ogni forma di resistenza legata all’immaginazione e alla creatività, sembra il compito del Maestro.

“Al di qua di Itaca”, olio su tela

In questo senso Fodaro con la sua arte ridà vita al tempo, alla nostalgia delle cose, fa rivivere la memoria, mette in primo piano le fratture della civiltà contemporanea, ne denuncia il carattere disorientante e alienante, l’impetuoso nichilismo contro cui sembra infrangersi ogni possibile speranza. Possiamo tranquillamente affermare come proprio lo spaesamento è la cifra drammatica della contemporaneità, che l’artista riesce a rappresentare in modo efficace in alcuni suoi quadri, alludendo alla necessità del recupero della memoria e della ricchezza dei simboli, dei segni del passato, dell’inesauribile ricchezza dei miti fondativi della nostra civiltà.

Le ferite della memoria soprattutto hanno generato la deformazione della nostra civiltà, l’orrore della violenza, reso informe il nostro presente ed enigmatica la percezione del nostro futuro. Fodaro ha piena consapevolezza del valore del passato e dell’antichità, e non può essere altrimenti perché, come scrive Salvatore Settis “il classico riguarda non solo il passato, ma il presente e una visione del futuro”.

Buona parte della sua produzione recente (pensiamo alle opere che abbelliscono la sala consiliare di Borgia, suo paese natale) e quella recentissima incentrata sulla rivisitazione dei miti, vanno in questa direzione. Alberto Sughi, lungimirante critico che si è occupato della sua opera, scrive a tal proposito: “Fodaro si muove dentro un immaginario museo dove appesi alle pareti, si presentano i miti della grande pittura… In questo straordinario museo delle cere si muove inquietante una bellezza senza necessità, una bellezza che non può svelare a nessuno le sue ragioni d’essere. La pittura di Carmelo pur così permeata di bellezza si fa carico di rispondere con un messaggio allarmante e drammatico: l’uomo di oggi ha perduto il rapporto con la sua storia, con la sua cultura, con la sua identità”.

“Orfeo ed Euridice”, olio su tela

Ritorna in questo giudizio la cifra essenziale della pittura del Nostro artista: la ricerca quasi ossessiva della bellezza resa nella sua sensualità da una straordinaria enfasi cromatica, dal lirismo del colore, dalla cura maniacale dietro ogni pennellata, dalla capacità tecnica, stilistica che definirei artigianali nel senso più alto del termine; una bellezza fortemente allusiva, che sa lusingare, affascinare perché – come sottolinea il critico Sergio Rossi a proposito di alcune tele – si tratta della “contemplazione di una bellezza casta e irraggiungibile che tanto più si allontana quanto più ci sembra di toccarla con mano”. In questo senso possiamo parlare di un’arte poetante, ovvero capace di incarnare nell’immagine la forza inesauribile della bellezza, come se nelle sue opere si incontrassero la suggestione della poesia e la straordinaria forza evocativa delle immagini.

Aspetto colto in modo efficace da Fortunato Bellonzi, che a proposito della pittura di Fodaro, sottolinea: “il nitore dei segni, il loro valore realmente incisivo, come si dicono incisive le parole che hanno particolare potenza di imprimersi nella nostra mente perché immediatamente comunicanti le realtà di cui sono portatrici”.

Altre volte la bellezza viene riproposta in una tensione drammatica ed inquietante che induce a percepirla come “l’inizio del terribile”, per l’audace tentativo di spingere il suo sguardo e portarlo al cospetto dell’ignoto, dell’impensabile, dell’enigma: l’ultima frontiera della grande arte. Qui la misteriosa natura della bellezza non può esaurirsi sul piano estetico, ma deve essere ricondotta sul piano ontologico della verità. Essa è thàuma, genera turbamento e insieme meraviglia. In questo senso bellezza e “pensiero poetante” si intrecciano mirabilmente e non a caso portano Platone a concepire “la bellezza come lo splendore del vero”.

Roberto Messina con Carmelo Fodaro
nel suo studio di Borgia

Osservando le tele di Fodaro si ha la nitida sensazione di essere di fronte allo “spettacolo della verità”: rapiti, non opponiamo alcuna resistenza di fronte alla loro forza enigmatica, perché avvertiamo qualcosa che ci manca; sorpresi dal bello cerchiamo di oltrepassare il limite costitutivo della condizione umana e nel silenzio e nell’immobilità, che sembrano avvolgere in un’atmosfera sacra la pittura, di aprirci un varco verso il “celeste confine”, per abbandonarci ad una profonda dimensione della conoscenza, dove lo sguardo diventa visione che fa balenare per un attimo la pienezza irriducibile ed originaria dell’Essere.