
11 Feb “Caprino Nicastrese”, la riscoperta del formaggio calabrese dalle infinite virtù
Prodotto dal latte della capra autoctona del lametino, tra i “formaggi storici” del meridione, inserito nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food, ad elevata digeribilità, ricco di proteine, vitamine polifenoli antiossidanti, minerali, il progetto di ricerca Canestrum Casei condotto dalla fondazione Ager, ne rivela l’alto valore nutrizionale e nutraceutico
di Gianpaolo Lanzellotti
Storia e tradizione di un territorio, riemergono nel sapore deciso e genuino di un prodotto caseario dalle straordinarie proprietà, la cui riscoperta può giovare a un’intera comunità. Si produce dal latte di una specie animale conosciuta in Calabria già dal lontano ‘800 come “vacca dei poveri”, per il suo valore in ordine al nutrimento dell’intera popolazione. Stiamo parlando della capra, e nel caso di specie, della capra Nicastrese, autoctona del territorio di Lamezia Terme, già inserita nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food. Dal suo latte deriva uno dei cosiddetti formaggi “storici” del Meridione d’Italia, il Caprino Nicastrese, le cui virtù sono state anche recentemente al centro del progetto di ricerca Canestrum Casei condotto dalla fondazione Ager (Agroalimentare e Ricerca) allo scopo di determinare il valore nutrizionale e nutraceutico di 15 formaggi storici del Sud e per definire strategie volte al rilancio e alla valorizzazione delle produzioni locali e delle filiere ad esse collegate.

con la sua distintiva striatura nera
sulla regione fronto-nasale e le corna a lira aperta
Elevato contenuto di proteine nobili (triplo rispetto a quello di altri comuni formaggi caprini), vitamine e polifenoli dalle capacità antiossidanti. Il latte munto dalla Nicastrese, riconoscibile dalla sua distintiva striatura nera sulla regione fronto-nasale e dalle corna a lira aperta, concede queste preziose proprietà a un formaggio buono e – dettaglio per nulla trascurabile – ad elevata digeribilità. Quest’ultimo aspetto, dai risultati della ricerca condotta, sarebbe dovuto alla minore presenza di caseina, cui si aggiunge una grande varietà di vitamine e una maggiore quantità di calcio e fosforo. Secondo alcuni dati illustrati dalla dottoressa Margherita Addis, dell’Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna (AGRIS), il Caprino Nicastrese godrebbe infatti anche di un ottimo apporto e di un buon livello di vitamine liposolubili (E ed A), insieme alla presenza di grassi polinsaturi con un ottimo rapporto fra Omega 6 e Omega 3. Altro fattore da non sottovalutare è il suo valore energizzante prodotto dalla ulteriore presenza di taurina, quella sostanza che comunemente conosciamo come ingrediente alla base di tanti energy drink in commercio.
A contribuire largamente nello sviluppo dell’elevato valore nutraceutico di questo prodotto caseario, come confermato ancora dalla stessa ricerca, il fattore decisivo sarebbe proprio lo strettissimo rapporto con il territorio di produzione, con il suo clima, le sue specificità e, conseguentemente, con l’alimentazione degli animali nelle loro zone di pascolo. “Con il cambiare delle stagioni, cambia la qualità dell’erba e di conseguenza il loro contenuto – spiega la professoressa Adriana Di Trana – mentre la capacità antiossidante totale manifesta valori più elevati in primavera e leggermente più bassi in estate, il contenuto in polifenoli totali ha un andamento crescente con il procedere delle stagioni, con un evidente aumento che va da gennaio a giugno”.
Il legame a doppio filo con il territorio di origine e di allevamento della razza caprina Nicastrese pone, peraltro, l’ulteriore opportunità di sostenere le produzioni locali in un’ottica dal duplice valore, e che sa di grande occasione. Se da un lato, infatti, per le amministrazioni locali vige l’obbligo di favorire, in un territorio storicamente votato all’agricoltura e alla zootecnia, le piccole imprese che operano nella filiera e quanti volessero promuovere l’arte casearia locale; dall’altro lato, serve anche un indirizzo che consenta a questi ultimi di proiettare nel futuro la “grande innovazione” del ritorno alle origini, delle produzioni locali e delle sue forme e tecniche più tradizionali.

Il merito del progetto Canestrum Casei, coordinato dal docente dell’Università di Palermo, Massimo Todaro, è in tal senso quello di aver curato proprio gli aspetti legati alla comunicazione e alla vendita dei formaggi scelti, tra cui il Caprino Nicastrese, scegliendo con un approccio di neuromarketing, il packaging e le etichette più adatte. Un grosso contributo per i piccoli allevatori e produttori, che hanno avuto dunque modo di approfondire, e in altri casi di poter avviare, i fondamentali aspetti legati alla promozione del prodotto.
D’altro canto, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, nel turbinio di disagi e difficoltà, tra queste c’è certamente il valore della terra, delle tradizioni squisitamente locali e della necessità che per progredire, sovente, è necessario fare qualche passo indietro. Cominciare da un assaggio che porta in tavola benessere, genuinità, e la storia di una Calabria capace di produrre prelibatezze dalla sua biodiversità, è un buon punto di partenza.
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