CALABRIA COME ARCADIA…

E’ opera di Gian Vincenzo Gravina (da Roggiano, Cs) la nascita della prestigiosa Accademia

di Pasqualina Postorivo

E’ opera del calabrese Gian Vincenzo Gravina, letterato e giureconsulto, la nascita dell’Accademia dell’Arcadia, istituzione culturale destinata a diventare celebre e importante. Uomo rispettabile e colto, dalla vita vivace e interessante, ricca di incontri con i massimi esponenti e pensatori politici europei del XVIII secolo.

Di indiscutibili doti letterarie, sorrette da una ferrea istruzione impartitagli da Gregorio Caloprese (anch’egli calabrese, originario di Scalea, nonché suo cugino), la fama di Gravina giunge oltre Italia. Tramite il principe di Scalea, intreccia un fitto rapporto con l’Arcivescovo di Taranto, Francesco Pignatelli, nipote del futuro papa Innocenzo XII dalle cui mani sante riceverà il titolo di “Abate” (conferimento di immediato prestigio sociale per chi era di umili origini) e la nomina a suo “Agente speciale” presso la corte Pontificia.

Ritratto di Gian Vincenzo Gravina

Monsignor Pignatelli vuole con sé Gravina a Roma, consentendogli l’accesso tra i potenti, e per merito di papa Innocenzo XII, la cattedra di Diritto civile all’Università La Sapienza. Nella città eterna, dopo la morte della regina Maria Cristina di Svezia e in un periodo di rinascita culturale, fonda l’Accademia dell’Arcadia nei giardini di Palazzo Corsini alla Lungara, rinomati per essere parte del primo orto botanico del mondo. All’Accademia aderiscono 14 letterati romani tutti appartenenti al Circolo della regina Cristina di Svezia che risiedette nello stato Pontificio dopo aver abdicato al trono, dal 1655 alla morte (1689), e poi le più alte personalità delle varie regioni d’Italia. Gravina scrive le “Leggi arcadiche” in elegantissimo latino e sul modello delle 12 tavole, proclamandole in una sua acclamata “Oratio”.

L’Accademia è un’importante società di intellettuali, letterati, filosofi scienziati per lo più di scuola galileiana, che si riuniscono in diverse delegazioni (le “Colonie arcadiche”), ognuna con un proprio “Custode della cultura”. Si tratta di un’ammirevole organizzazione, capillare, ben distribuita sull’intero territorio italiano, degna delle più moderne associazioni culturali, tra i cui membri si annoverano artisti, poeti, musicisti, capi di Stato, ecclesiastici, scienziati della scuola galileiana.  

Ritratto di Pietro Metastasio

Le adunanze dei partecipanti (chiamati “Arcadi” in riferimento ai pastori-poeti greci), sono un lieto ritrovarsi in congeniale compagnia per leggere i propri poemi. Il sodalizio teorizza una via alternativa al “cattivo gusto” barocco, ricollegandosi idealmente alla classicità e al poema di Jacopo Sannazaro che esalta e rievoca il carattere evasivo dell’attività poetica tramite il “travestimento”: gli accademici prendono i nomi d’arte dei protagonisti delle opere di carattere bucolico greco-latine (Opico Erimanteo è quello di Gravina e Artino Corasio quello di Pietro Metastasio), recitano nel “Bosco Parrasio” sotto l’insegna detta “sampogna di Pan” (il Dio protettore di pastori e greggi). I resoconti delle adunanze vengono conservati nel cosiddetto “Serbatoio”: cioè la segreteria di Palazzo Altemps, lo stesso Museo che oggi custodisce l’effige del profilo del legislatore Arcadico.

Momento determinante della vita di Gravina è l’incontro con il giovane Pietro Trapassi, futuro riformatore del melodramma italiano. Colpito dalla sua grande capacità di improvvisare versi, lo accoglie amorevolmente in casa e nella sua scuola, avviandolo a severi studi giuridici. Poi adotta il giovane come figlio, e gli cambia il nome in Metastasio (dal greco “meta” e “stao”, da cui “metastasis”, “metastaseos”), che vuol dire “trapasso”.

E’ il periodo in cui l’Accademia versa in una situazione difficile per via dei dissidi tra Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni (Custode generale dell’Arcadia e Cofondatore) che portano ad uno “scisma” ed alla nascita di una nuova Accademia, detta “Dei Quirini”. Solo la morte di Gravina fa ricongiungere le due scuole di pensiero, rifuse in una sola, ancora oggi attiva: l’Accademia dell’Arcadia, appunto.

L’editore Mario Postorivo

Nel tempo si susseguono le iniziative a lui dedicate. Uomini colti istituiscono Premi letterari e Mostre, con l’effigie marmorea di Gravina che veglia silente e austera a Roggiano Gravina, in provincia di Cosenza, il paese che gli ha dato i natali e che si fregia del suo nome: lo stesso luogo che registra l’impegno appassionato di due figure cruciali per la memoria del letterato: il poliedrico artista Francesco Guzzolino e l’editore Mario Postorivo. Francesco Guzzolino, pittore, scultore, scrittore e commediografo in lingua calabrese, scava per ricostruire negli archivi le vicende delle famiglie Caloprese-Gravina. Mario Postorivo, editore, filantropo e grande lettore, dopo aver dedicato la vita alla valorizzazione della cultura e del libro, contribuisce agli studi graviniani con la pubblicazione del volume “Gian Vincenzo Gravina in Nuove Ricerche Archivistiche”, un prezioso testo in cui sintetizzano con cura ed al contempo essenzialità, vita e opere del giovane Gravina.