17 Mag Assunta Servello: nell’obbiettivo la bellezza e la luce del vero
L’affermata fotografa originaria di Spadola (Vv), una vita a Roma nel gran mondo dello spettacolo che conta, ha ritratto le più celebri dive televisive e i grandi set di scena
di Anna Morabito
Fotografare, per lei è partecipazione, contatto diretto, scavo e rivelazione. Libera nelle sue progettualità, con una personalità complessa e completa, Assunta Servello è capace di muoversi in solitaria, senza però mai rinunciare allo scambio e al confronto con gli altri. Un’esperta dell’immagine vive il suo mestiere con passione e talentuoso tecnicismo. Professionista affermata, negli anni ha stretto con i set di scena più prestigiosi, un rapporto denso, ricco di stimoli e con risultati di assoluta qualità. Tanto per dire, in questi giorni sono sue le foto che pubblicizzano sulle locandine le fiction come “Brennero”, che qui “spoileriamo”, girata a Bolzano e in onda nel 2023; e quelle che promuovono spettacoli di intrattenimento, come il nuovo programma di Carlo Conti “The Band”, in onda il venerdì sera su Rai 1. Sul set delle varie fiction, con i suoi scatti racconta i personaggi e le scene ambientate: è questa la miglior pubblicità per indurre lo spettatore ad appassionarsi e poi a visionare il prodotto. Dove c’è una storia, c’è anche un luogo da interpretare.
Si definisce pigra, ma da quello che ci ha raccontato, chi ci crede? Calabrese originaria di Spadola, vicino a Serra San Bruno (Vv), oramai una vita vissuta a Roma dove ha studiato Sociologia, Assunta Servello approda nel mondo professionistico della Fotografia per puro caso. Nel 1981, durante una festa a Roma, si ritrova a scattare allegramente foto, senza sapere che di lì a poco la sua vita sarebbe stata rivoluzionata dalla partecipazione ad un corso di formazione indetto dalla Regione Lazio, aperto a solo 20 partecipanti. A quella festa, quella giovane donna che fotografa per puro divertimento, ma che ha già una buona cultura visiva, si fa notare tra i docenti di un corso innovativo per quegli anni, che ne intuiscono le potenzialità.
I workshop sono tenuti da sceneggiatori, giornalisti, registi, ed è uno di questi a proporle di lavorare come fotografa di scena sul set di una serie televisiva che andrà avanti per diversi mesi, e che di fatto darà il via ad una carriera che poi la Rai consoliderà, ormai più di trent’anni fa, e che farà diventare Assunta Servello la fotografa di fiducia delle tre reti principali della Tv di Stato, la Rai.
I compensi che riceve per cominciare, sono alti. E in più, per un lavoro che la diverte. Assunta accetta comunque il rischio, si mette in gioco, affronta le proprie paure, e sopporta agevolmente qualche frustrazione transitoria. In quegli anni, il lavoro è intenso, ovunque la chiamano lei c’è, presente e proattiva con la sua macchina fotografica e il suo entusiasmo di far parte di un mondo, quello televisivo, stimolante e impegnativo, e dove la qualità è fondamentale, impegnata a catturare l’”attimo fuggente” sui set.
Nel 1985 è incaricata come fotografa ufficiale della trasmissione “Quelli della notte” con Renzo Arbore, programma destinato a lasciare il segno nella storia del piccolo schermo, e che influenzerà anche il modo di parlare della gente, trasmesso in diretta in seconda serata. Scatta le sue foto, le stampa a notte fonda, e la mattina dopo eccole prontamente consegnate in Rai.
L’incontro fondamentale per la svolta della sua carriera è con Sergio Zavoli, il grande giornalista allora presidente della Rai, che ne apprezza il lavoro e la sensibilità e che la segnala alle testate “Radiocorriere Tv” e “Epoca”, per le quali realizzerà un’infinita serie di ritratti di personaggi del cinema, della politica e della cultura, come Sergio Leone, Federico Fellini, Franco Zeffirelli, Roberto Benigni, Enzo Biagi. In questo lavoro, il rapporto fra testo e immagine deve essere necessariamente ripensato a favore di quest’ultima, con la foto che diventa informazione autonoma e non più semplice didascalia o riempitivo. È questo per lei il periodo di maggiore attenzione e cura nel ritrarre gli artisti. Le foto devono essere accattivanti per il pubblico, una sorta di calamita per portarlo ad approfondire gli articoli. In un’Italia, quella degli anni ’80-‘90, che sta profondamente cambiando i paradigmi di lettura della realtà, si apre una nuova forma di linguaggio che offre molteplici spunti di interpretazione. E comunque, alla fotografia “per tutti”, oggi possibile con gli smartphone, la Servello oppone la sua esperienza decennale, quella di un tempo in cui era indispensabile tecnica e abilità, quando le foto non potevano essere cancellate e ritoccate, quando lo scatto poteva e doveva essere quello e solo quello: preciso, fulmineo, unico, irripetibile.
Per ben 15 anni, Assunta Servello è sul set del “Maresciallo Rocca”, grazie ad Adriano Ariè, uno dei produttori televisivi e cinematografici italiani più noti, e ritrae innumerevoli volte il compianto Gigi Proietti di cui conserva un ricordo straordinariamente intenso. “Ma ho fatto anche tanto lavoro senza percepire compensi – aggiunge – perché mi sentivo fortunata, e l’ho fatto per il piacere di farlo. Pensavo fosse giusto restituire ciò che mi era stato donato, e mi è sembrato bello e doveroso donare questi scatti agli amici e in particolari occasioni”.
La parola scritta, a volte fa fatica a bastare a sé stessa. E allora interviene l’immagine, che è arte. E lì contano anche gli occhi di chi guarda. Arrivare all’inquadratura giusta, è frutto di una ricerca lunga, che parte dal rispetto di chi si ha davanti, e di ciò che siamo noi. La fotografia ritaglia un momento preciso, in cui il gesto, l’espressione del volto, ci comunicano la concreta capacità del fotografo di fissare l’attimo, l’emozione, la poesia che sottende alla realtà.
Ci sono tanti episodi importanti e curiosi nella carriera di Assunta. E tante le attestazioni di stima. Per esempio, quella dell’attrice Isabella Ferrari, pronta a dare alla Rai la liberatoria per la pubblicazione di sue foto non particolarmente riuscite, ma con in cambio la presenza della Servello sul set di scena. O quello di Claudia Cardinale ritratta cinquantenne, cui la Servello non poteva far sparire le rughe dal volto (fotoshop non esisteva…) e con unico alleato l’attento lavoro sulla luce. Risultato sorprendente. E la Cardinale entusiasta e riconoscente. Nell’ambiente televisivo, Assunta Servello ha fama di essere bravissima a ritrarre le donne. E tante tra loro vogliono perciò essere ritratte solo da lei, che è capace come poche altre anche di instaurare comprensione, fiducia e collaborazione. Lei ne passa al vaglio espressioni, movimenti del volto e dello sguardo, della testa, delle mani e del corpo. Infiniti mondi che si agitano, che parlano di carattere, ma anche di fragilità. Che hanno bisogno di essere “rassicurati”, accolti, curati, esplicitati naturalmente e senza enfasi.
Durante le pose, Assunta parla di ciò che vede negli occhi di queste donne, e sa coinvolgerle con spontaneità, senza mai farle sentire oggetti, senza aggredirle, cercando di capire tramite un ascolto profondo, come si sentono, cosa sentono, e come vogliono essere fotografate, quali loro parti tenere perciò nascoste e quali far balzare avanti. Quello che fa e quello che vede nel, e con, l’obiettivo, diventa così una sorta di attività maieutica, una maniera di far nascere e sbocciare una verità. “Per me queste donne sono tutte belle, e sentirsi dire che nelle mie foto si riconoscono, è il più bel complimento che possano farmi” – chiarisce sinteticamente Assunta. E questo rapporto privilegiato con le “dive”, si trasforma talvolta in vera amicizia, come quella che Assunta ha con l’attrice Veronica Pivetti.
Un inno alla bellezza è dunque, il suo. E al mistero del femminile. Questo l’impegno particolare della fotografia di Assunta Servello, a sintesi di incontro fra due sensibilità, con la foto in cui forma e contenuto combaciano, sintesi e racconto sono l’istantanea di un’intera vita. Al termine del nostro incontro, chiedo ad Assunta Servello quali programmi ha per il futuro, e la anticipo elencando: una mostra personale, un approfondimento sul lavoro svolto… Mi risponde che sì, ma è pigra… Ridiamo… ma siamo certi che stavolta la “spinta” necessaria c’è.
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