02 Mag Antonio Belvedere: da Cutro a Parigi, passando per lo Studio di Renzo Piano
Il giovane architetto con famiglia originaria del crotonese, dopo anni di alta formazione e grande esperienza sul campo, è impegnato nella capitale francese per la progettazione di imponenti opere di respiro internazionale
di Riccardo Guerrieri
Chi avesse finito gli studi di Architettura e facesse già le prime esperienze professionali, sarebbe certamente contento di leggere una simile offerta di lavoro: « Stiamo cercando architetti con tre anni di esperienza nella fase APD (ante progetto definitivo) e PRO (progettazione) per progetti su larga scala in Francia e all’estero ». L’annuncio viene dallo Studio parigino « Belvedere Architecture », fondato dal calabrese Antonio Belvedere, nato Catanzaro nel 1969, ma di famiglia di Cutro (Kr). Laureatosi a Firenze e formato alle dipendenze del celebre Renzo Piano, del quale diventerà ben presto un prezioso collaboratore, l’architetto ha deciso infine di volare con le proprie ali dal 2019. A Parigi, il suo studio è nei pressi della bella chiesa di « Saint Ambroise », a due passi dalla fermata « Voltaire » della metropolitana, al 76 di rue Sedaine nell’11° arrondissement. La facciata è anonima, ma basta guardare attraverso la vetrata per scorgere vari modelli in legno bianco di futuri edifici, e affissi ad una parete gli strumenti che gli architetti utilizzano per costruirli. È all’interno di questo vasto spazio laborioso, che sono stato assai cordialmente accolto dall’architetto Belvedere e consorte.
Il sito dello Studio « http://www.belvederearchitecture.com » è ricco di informazioni sull’attività professionale e sui progetti ultimati o in corso, e basta conoscere un po’ di francese o d’inglese per rendersi conto del lungo percorso effettuato da questo calabrese doc. La conversazione a viva voce con i coniugi è stata così interessante che riportarne i temi e condividerli con i lettori di Calabria Mundi è non solo cosa buona e giusta, ma anche utile, in particolare, penso, per i giovani architetti calabresi che possono trovare in Belvedere un valido punto di riferimento.
« Sono nato a Catanzaro, settimino, in ospedale, con due mesi di anticipo, ma la mia famiglia è di Cutro – ci racconta -. Mio padre era falegname, poi si è convertito a fare serramenti in alluminio, anche se è un mestiere che a lui non è mai piaciuto, perché amava essenzialmente il legno. La mia è una famiglia di artigiani e questo ha avuto un’influenza indiretta sulla mia professione. In effetti, papà mi aveva proposto di fare la scuola di tornitore meccanico a Crotone. E così è stato, studi da tornitore-saldatore durante le Superiori. Poi ho pensato che magari sarebbe stato bene fare un’altra cosa… Quasi per caso, ho deciso per architettura, che si è rivelata una buona scelta per l’esperienza fatta con i materiali, e per aver frequentato i cantieri con mio padre. Esperienza che mi sono trovata utilissima dopo. Ed ecco come sono entrato da Renzo Piano: il suo prestigioso Studio faceva la riconversione del Lingotto di Torino, con tanto di Museo, Pinacoteca Agnelli, e cosi via. Era un concorso vinto nel 1986 e ci avevano lavorato per più di tredici anni, con tutti un po’ stanchi. Tredici anni di progetto possono sfinire… Allora si era deciso di portare questo progetto a Parigi e quindi si cercava gente a Parigi, ed io ero già qui… Ho fatto un colloquio con Bernard Plattner, che mi ha chiesto se avessi esperienze di cantiere : in quanto architetto non ne avevo, ero fresco di laurea, ma ecco che gli anni da serramentista e tornitore meccanico si sono rivelati preziosissimi… In realtà avevo fatto una tesi di laurea sulla città di Parigi, sull’Asse storico che va dal Louvre alla Défense. Ero arrivato al colloquio nello studio di Piano con venti metri di disegni fatti a mano su questo celebre Asse. Era il 1999. La cosa che ha fatto la differenza rispetto ai tanti ragazzi presenti al colloquio, è stata la mia esperienza in materia. Da giovane laureato mi veniva da pensare più al lato intellettuale e creativo, assai meno a quello costruttivo. Ma alla fine si è rivelato un valore aggiunto. Da Piano, mi sono occupato di tante cose fino al 2019. Dopo qualche anno, sono diventato associato, poi partner, quindi direttore. Negli ultimi cinque anni, da co-direttore, ho costruito praticamente io gran parte di quello che abbiamo fatto, occupandomi del Lingotto di Torino, della Pinacoteca Agnelli con l’avvocato Agnelli con cui avevamo regolarmente delle riunioni. Poi del Masterplan della Columbia University a New York, ed infine del Parlamento di Malta. Per venire ad oggi, il mio Studio è attivo a Parigi dal 2019 ».
Immagino sia stata una decisione presa non alla leggera… Sua moglie, Marinella Orioni, è professoressa di Francese ed anche scrittrice. In cosa contribuisce nell’attività dello Studio?
« Di padre sardo e di madre neerlandese, partecipa essenzialmente alla costituzione dei dossiers per i concorsi. Ma la vita dello studio è determinata molto dalle commesse dirette, anche importanti, che vengono dal ‘network sviluppato’’. Nel ruolo di partner, nello studio Piano, avevo relazioni dirette con i clienti a San Francisco, in India, a Malta… Il progetto di Comino, l’isola dell’arcipelago maltese, mi è stato affidato perché in precedenza avevo disegnato il Parlamento di Malta su un sito Unesco, ed avevo coordinato la totalità del progetto, anche un teatro sulle rovine del vecchio « Opera House », struttura inglese. Avevo anche disegnato il sito ‘Gate’, la porta della città capitale barocca, ed in quest’operazione c’era anche il Parlamento. Per i Maltesi è stata una forma di continuità : Comino è un’isola iscritta nell’elenco dei siti di carattere naturale, delle aree protette, una sorta di Unesco per i siti. E’ cominciato così il lavoro su quest’isola, per rifare un albergo e un insieme di abitazioni. Attualmente stiamo lavorando al Museo del cinema di Mosca, al padiglione d’ingresso al Cern, il Centro di ricerca nucleare di Ginevra. Con Renzo Piano avevo disegnato il Centro visitatori, dopo di che mi hanno chiamato per il Padiglione d’ingresso di un altro sito del Campus di ricerca. Tra pochissimo cominceremo un nuovo progetto a Bombay, in India, ed un altro a San Francisco. Insomma, effettivamente una larga attività internazionale. Quasi tutti i clienti con i quali lavoravo quando ero con Piano, sono venuti qua da me. È stata una bellissima cosa, un riconoscimento del buon lavoro effettuato e un’attestazione di fiducia per quello che si andrà a fare».
Attualmente, nel suo team, che ho visto all’opera, in quanti siete?
« Una decina di persone, di nazionalità diverse. Un australiano, una coreana, una russa, un colombiano, un francese e qualche italiano ».
Le attività svolte dallo Studio Belvedere hanno tanti Paesi lontani come zone di lavoro. Ha la possibilità di recarsi ogni tanto in Calabria ?
« Certo, proprio perché sono sempre in giro nel mondo, ci vado volentieri almeno una volta l’anno con i miei. A Cutro c’è mia madre e ci ritroviamo tutti in famiglia. L’estate ho assoluto bisogno di tornare a casa mia. Quando sono a Cutro, tra gli amici andati via, sono l’unico a parlare in dialetto. Mi piace il dialetto, anche quando mi rispondono in italiano… Con mia madre parlo il cutrese, con i miei fratelli l’italiano ».
Immagino che quando va a Cutro il suo tempo sia limitato… A chi e a cosa lo consacra?
« In effetti, non ho granché tempo di fare il giro degli amici, come vorrei. Intanto, ci chiama pure e giustamente il mare… Su richiesta del sindaco, una volta ho partecipato alla Via Crucis. Abbiamo Individuato quattordici postazioni in giro per la città e fatto dei micro spazi urbani con panchine, illuminazione, luoghi di riposo. Si è messa poi mano alla pavimentazione, utilizzando pietre venute da Gerusalemme. Quando il fornitore ne ha mandato un campione, è successa una cosa ‘curiosa’: è stato subito portato in chiesa per farlo benedire… E’ il lato forse un po’ naïf della mia gente di Calabria, che mi intenerisce, e che si oppone decisamente, spiritualmente e poeticamente, al mio quotidiano che si svolge nella piena modernità asettica».
Ha detto che va ogni estate a Cutro. Ci porta i figli? Che nazionalità hanno?
« Abbiamo due figlie italo-olandesi e a casa si parlano tre lingue. La più grande, fra poco avrà 18 anni e prenderà anche la cittadinanza francese. La più piccola, 14. Cosa faranno da grandi, lo si vedrà nel futuro, ma sembra che non vogliano fare l’architetto! Hanno troppo sofferto, a sentirle dire, della mia assenza. Ho viaggiato per questo lavoro tantissimo.»
Ha di nuovo accennato alla grande attività internazionale svolta. Ha incontrato difficoltà?
« Ho navigato come un pesce nell’acqua, non so per quale motivo. Ma forse lo so. Sono cresciuto a Cutro, ma a casa mia siamo andati tutti via. Ho un fratello, Claudio, che è ingegnere biomedico all’Istituto Rizzoli di Bologna, e che fa il giro del mondo due volte l’anno. Abbiamo avuto questa fissazione di fare lavori che permettessero di viaggiare, di muoversi e collezionare nuove esperienze. Claudio è così, viaggia tantissimo, fa conferenze in tutto il mondo, è specialista nelle protesi del ginocchio. Mia sorella ha fatto la cantante lirica per tanti anni ed ha cantato anche all’Arena di Verona, poi si è spinta fino in Giappone, Russia, America. Abbiamo avuto tutti questa piccola ossessione del viaggiare. Senza voler rinnegare niente. Solo il desiderio di fare esperienze di vita. Anche la lingua è stata una sfida continua per me, pure se vissuta in modo tranquillo. Andare da Cutro a Firenze significava imparare bene l’italiano; da Firenze a Parigi, imparare il francese che non ho studiato a scuola. A Parigi, nello Studio di Piano, è stato subito evidente che l’inglese perfetto era indispensabile per fare strada. Quindi ho dovuto rimettermi sotto. Tutto è andato bene. Ho solo fallito nell’apprendimento dell’olandese, che mia moglie Mirella utilizza con le figlie in casa. Facendo un bilancio di tutto, è stata una bella corsa, faticosa ma bella. Faticosa per dover lavorare con gente di cultura estremamente diversa e che è legata da una cosa : il rispetto. È questa per me la chiave che apre tutte la porte. Se arrivi in un luogo con l’idea di imparare, per poter dare un contributo partendo dai valori di un posto specifico, impiegando e dimostrando umiltà e rispetto, la gente ti accoglie a braccia aperte, e poi potrai fare quello che vuoi ».
La gente di Cutro è reputata essere assai radicata nel territorio, Lei ci racconta invece di una famiglia che ha potuto e saputo mantenere il legame con la propria terra, però allargandosi entusiasticamente all’estero.
« Sì, potrei dire che casa mia a Cutro è come un’enclave internazionale in un contesto meraviglioso, bellissimo, unico, magico, solare, ospitale, ma al tempo con una storia ricca e complessa e a volte forse un po’ chiuso su se stesso».
All rights reserved (Riproduzione riservata) – Foto Riccardo Guerrieri, Studio Belvedere Parigi