
01 Apr Antonella Loiero, grandi eventi a Firenze
Incontro con il direttore esecutivo della prestigiosa Fondazione Palazzo Strozzi, originaria di Simeri Crichi
di Roberto Messina
Foto di copertina in bianco e nero di Stefano Rovai
Da molti anni Antonella Loiero è una delle protagoniste del panorama culturale italiano e fiorentino in particolare (anche se lei fiorentina proprio non è, ma originaria di Simeri Crichi, in provincia di Catanzaro).
Nella città del giglio è venuta qualche anno addietro per dare sfogo alla sua grande passione: l’organizzazione di mostre ed eventi culturali di alto profilo, dopo alcune significative esperienze presso altri istituzioni romane. Una vera “vocazione” per soddisfare il suo bisogno di “bellezza”. E una grande soddisfazione per essere, oggi, direttore esecutivo della Fondazione Palazzo Strozzi, una vero punto di riferimento in questo campo, a Firenze, e nel mondo. Propriamente al primo posto nel mondo, secondo le classifiche di Trip Advisor, e al secondo nella più recente classifica del magazine Travel & Leisure, è uno dei maggiori centri organizzatori di mostre temporanee, come le Scuderie del Quirinale a Roma, Palazzo Reale a Milano e Palazzo Grassi a Venezia.
Abbiamo incontrato Antonella Loiero nello “Strozzi Caffè”, un vero concentrato, oltre che di delizie per il palato, di melting pot, con un via vai internazionale tra le superbe architetture del Rinascimento edile privato e gentilizio eretto intorno al ‘500 da Simone del Pollaiolo: artisti, tecnici, studiosi e visitatori d’ogni parte del mondo, con una piacevole babele di lingue e visi diversi, ma tutti ugualmente sorridenti all’arte, ugualmente presi dallo stupore…
Lo sguardo gira intorno, ammirato, lungo lo splendido cortile circondato sui quattro i lati da archi e colonne con i capitelli corinzi, diventato un rifugio urbano d’élite nel cuore della città. Antonella Loiero risponde alle domande con estrema cordialità. La conversazione comincia col sottolineare la “responsabilità” molto grande, sua e della sua Istituzione, nella città col maggiore numero di turisti d’arte al mondo…

“Firenze non è facile – chiarisce – e occuparsi di una Fondazione che organizza grandi mostre è un delicato impegno. E’ la città con i musei più amati e più visitati del mondo, e proprio per questo il compito è ancora più arduo. Deve sollecitare e risvegliare la curiosità culturale di coloro che vengono a Firenze, attratti innanzitutto, dai capolavori di artisti come Donatello, Leonardo, Michelangelo, Botticelli, Raffaello”.
A cosa state lavorando attualmente?
“Abbiamo da poco inaugurato la mostra ‘Tomas Saraceno. Aria’, il più grande progetto realizzato dall’artista in Italia, con un percorso di grandi installazioni che propongono esperienze partecipative e immaginative per ripensare il modo in cui abitiamo il mondo, in una nuova riflessione sul rapporto tra uomo, architettura e natura. Per il prossimo autunno, Palazzo Strozzi celebrerà la superstar globale dell’arte contemporanea Jeff Koons, attraverso una mostra, la prima retrospettiva a lui dedicata in Italia, che ne ricostruisce gli oltre 40 anni di carriera, ospitando opere iconiche e fondamentali della sua produzione provenienti dai più importanti musei e collezioni a livello internazionale”.
Che tipo di ricerca culturale, e a quale livello di qualità e quantità, si effettua a Palazzo Strozzi?
“La missione della Fondazione Palazzo Strozzi è triplice e comincia dal creare un’offerta culturale di qualità internazionale attraverso una gestione sostenibile, poi dallo sviluppare sinergie con istituzioni culturali nazionali e internazionali. Obiettivo strategico è quindi ampliare il proprio ruolo di laboratorio culturale nel settore dell’arte contemporanea, per posizionare meglio Palazzo Strozzi come istituzione italiana e internazionale di riferimento per il contemporaneo e la qualità dell’offerta”.
Luogo simbolo per la vita del Palazzo, è il citato storico cortile rinascimentale, una piazza aperta alla città in cui ogni anno transitano oltre due milioni di persone e in cui vengono organizzati concerti, performance, installazioni di artisti contemporanei.
Nata nel 2006 come primo esempio di fondazione culturale pubblico-privata in Italia, la Fondazione Palazzo Strozzi ha prodotto e organizzato oltre cinquanta mostre che spaziano dall’arte antica a quella moderna e contemporanea, come testimoniano le collaborazioni con artisti come Ai Weiwei, Carsten Höller, Marina Abramović o esposizioni di grande successo e acclamate dalla critica come Pontormo e Rosso Fiorentino o Verrocchio, il maestro di Leonardo.
“Questo vivace dialogo fra tradizione e innovazione rende Palazzo Strozzi un laboratorio unico dove produrre nuove opere d’arte, rendere possibili importanti campagne di restauro, nuovi studi e scoperte, stimolare il confronto su temi rilevanti della società contemporanea, cercare nuovi modi di comunicare e rendere accessibili la cultura e l’arte. Sempre sperimentando nuove opportunità e forme di coinvolgimento del pubblico, centrale è infatti la ricerca nel campo dell’educazione, attraverso un ricco public program e un’articolata offerta per giovani, scuole, famiglie e pubblici speciali, come persone con Alzheimer, Parkinson e autismo”.
Il lavoro nel Museo, cosa Le piace di più e cosa meno?
“Lavorare con e per la ‘Bellezza’ è un privilegio assoluto, che riesce a far superare anche gli aspetti cosiddetti ‘spiacevoli’”.
E’ il genio solitario a trovare le grandi idee, o il genio di gruppo?
“Un progetto espositivo è il risultato di più fattori: a cominciare da un organizzazione di fama internazionale come la Fondazione, un direttore generale dinamico e competente come Arturo Galansino; i curatori, storici dell’arte, esperti conoscitori dell’artista e/o del periodo storico raccontato nella mostra. E poi il lavoro di squadra di tutti i collaboratori, fondamentali per poter realizzare in modo eccellente il progetto”
La popolarità a Firenze e nel mondo dell’arte. Le fa piacere? La infastidisce?
“Firenze mi ha accolto in modo straordinario. E’ una città che ti porta a mettere radici, con un’ottima qualità di vita. Si cammina a piedi o in bicicletta, e ci si conosce tutti. Sono felice della – se così possiamo chiamarla – ‘popolarità’”.
Veniamo alla terra d’origine.
“La Calabria ha delle potenzialità enormi e i calabresi hanno uno spessore culturale molto elevato”.
Esiste secondo Lei un’identità, una peculiarità calabrese?
“Certo, io mi sento, e mi sentirò sempre, una ‘calabrese’ cittadina del mondo”.
Cosa pensa della celebre riflessione di Corrado Alvaro sulla Calabria “in perenne fuga da sé stessa?”
“E’ come se i calabresi per poter emergere avessero bisogno di andare via. Non dimentichiamo i professori universitari, chirurghi, imprenditori di origine calabrese che hanno successo in tutto il mondo”.
In cosa è calabrese? E in cosa no?
“Testardaggine, determinazione, forte senso dell’ospitalità e dell’amicizia. Ho lavorato molto negli ultimi anni per scrollarmi di dosso la tendenza al lamento e al vittimismo”.
Simeri Crichi e Catanzaro. La sua infanzia. Ricordi. Rimpianti.
“Simeri Crichi è il paese della mia infanzia. E’ il ricordo del caminetto acceso d’inverno, e del mare più bello del mondo d’estate. A Catanzaro, ho invece solo frequentato il Liceo. Ho bei ricordi in entrambi casi, e nessun rimpianto. Semmai potrei avere dei rimorsi, meglio avere rimorsi che rimpianti.”
Le ragioni che l’hanno spinta a lasciare la regione e scegliere in particolare Firenze?
“Mi ero già spostata dalla Calabria a Roma per studiare, poi ci ho vissuto e lavorato per tanti anni. Quando mi hanno proposto di venire a Firenze, per occuparmi delle mostre di Palazzo Strozzi, ho da ‘cittadina del mondo’, accettato senza pensarci, e con entusiasmo”.
Una rapida “carriera” la sua…
“Ho un grande avvenire dietro le spalle…”
Una pubblicazione o una mostra cui si sente particolarmente legata?
“Ho avuto e continuo ad avere grande soddisfazione da tutte le mostre organizzate. E’ un mestiere, il mio, che si rinnova continuamente, con sempre nuovi stimoli e accrescimenti culturali”.
Da quali passioni è animata Antonella Loiero?
“La curiosità, la conoscenza, la ricerca del nuovo”.
Lei è una pioniera della progettazione culturale “istituzionale”, da quando la cultura non aveva ancora nulla da spartire col baraccone politico e commerciale di oggi. Decenni dopo, è ancora valido questo impegno?
“Certo non bisogna mai mollare. Fai, fai… qualcosa resterà!”
