Angelo Manetti, il navigatore calabrese con De Gama e Colombo

Forse nessun altro al mondo prima di lui ha intrapreso esplorazioni geografiche tanto estese, dalle cosiddette Indie Orientali a quelle Occidentali, e per giunta insieme ai più grandi esploratori della terra…

di Giuseppe Pisano

Angelo Manetti (o Manetto, o Manetta), resta ancora oggi un personaggio incredibilmente sottovalutato, pressoché sconosciuto e per nulla valorizzato. Le notizie su di lui si evincono da un datato 1770, scritto dall’abate umbro Cesare Orlandi, che racconta di aver ricavato da un antico manoscritto il fatto che fece parte della celeberrima spedizione marittima portoghese capitanata da Vasco de Gama, che portò, nel 1498, alla scoperta delle cosiddette “Indie Orientali”, fino a Calcutta.

L’itinerario di viaggio di Vasco de Gama, da Lisbona a Calcutta, 1497

Per tutto il Medioevo, l’Oceano Indiano aveva avuto scarsi e assai problematici contatti con il Mediterraneo, occorreva esser attrezzati, e non era da tutti, per superare la barriera musulmana, attraversare l’Egitto e le zone desertiche inospitali. Il grande merito del viaggio della flotta portoghese al seguito di de Gama, consistette appunto nel porre in contatto tali ambienti, aprendo il passaggio a sud-est, cioè la via diretta di comunicazione fra Atlantico e Oceano Indiano. Pare che la scelta del comandante di effettuare questa delicata quanto quasi “impossibile” spedizione, fosse stata suggerita, prima di morire, dal re Giovanni II, che allora ricopriva anche la carica di Gran Maestro dei cavalieri di Cristo di Tomar. Al finanziamento avevano concorso i Sernigi, banchieri fiorentini stabilitisi in Portogallo, la nazione i cui abitanti, per la loro grande attività evangelizzatrice esercitata in tutto il mondo, meritarono da Papa Pio XII (lo stesso Papa che proclamò San Francesco da Paola “Patrono della gente di mare italiana”) l’appellativo di “popolo crociato e missionario.”

Tra i 160 membri dell’equipaggio (molti di loro avevano già partecipato ai viaggi di Diogo Cào e Bartolomeo Diaz, effettuati tra il 1485 e il 1488) a bordo delle 4 navi che salparono da Lisbona l’8 luglio 1497 e giunsero dopo avere doppiato il Capo di Buona Speranza, fino a Calcutta, c’era, dunque, anche Manetti. Di quale fosse, però, il suo vero ruolo in quest’ardua spedizione, che vide tra l’altro la decimazione di buona parte dei partecipanti ammalati di scorbuto, non è dato sapere. Potrebbe essere stato, per usare la definizione dello storico Jacques Heers, uno dei “cavalieri navigatori”. Di certo si sa che Angelo Manetti appartenesse ad una famiglia aristocratica di Aiello, paese infeudato dai Cybo, la casata del papa Innocenzo VIII, con Giovanni Battista Cybo il pontefice che grazie ad alcuni studi effettuati di recente, pare sia stato il vero artefice, lo sponsor, del viaggio di Cristoforo Colombo. L’Orlandi ci fa sapere anche che la famiglia Manetti si era stabilita in Massa Carrara, la città dove dimoravano i Cybo. I legami tra le due famiglie erano da sempre molto forti e nel ‘700 il Conte Giovanni Battista Manetti rivestiva addirittura la carica di Segretario di Stato per conto della casa ducale di Modena.

Particolare del testo di Cesare Orlandi

Questi legami secolari tra le famiglie Manetti e Cybo e la notizia, riportata sul manoscritto antico, che Angelo Manetti partecipò ad uno o più viaggi, non escluso il primo di Cristoforo Colombo, gettano nuovi interrogativi sulla scoperta dell’America da parte del genovese, avvalorandosi maggiormente la tesi, portata avanti principalmente dallo studioso Ruggero Marino, di una “regìa” Vaticana e di papa Innocenzo VIII nella spedizione ultraoceanica, con la probabilità che Colombo, e forse anche il nostro Manetti, appartenessero ad una setta, non esclusa quella dei cavalieri di Cristo (eredi dei Templari) che perseguiva appunto un disegno voluto dalla Chiesa di Roma, di portare ad una nuova crociata alle soglie del ‘500, per la riconquista del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Il tomo dell’abate umbro ci informa anche che il Manetti, dopo avere fatto ritorno ad Aiello: “si ritrovò alla battaglia di Seminara con il gran Capitano”, quel Consalvo da Cordova a comando della cavalleria contro i francesi.

Aiello Calabro con i resti del Castello

Manetti rimane, si diceva, sconosciuto e non valorizzato, a cominciare dalla sua terra. Non esistono monumenti, vie o piazze dedicate a lui in Calabria, e nemmeno nel suo paese d’origine… Nessuna commemorazione, nessuno studio, nessun convegno su questo personaggio straordinario, che ha contributo a conoscere e cambiare il mondo. Incredibile, ma tant’e’…

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