15 Ago All’Hotel Parco dei Pini: nella montagna silana, a parlare di mare
Davanti ad un numeroso e partecipe pubblico, presentato a Villaggio Mancuso (Taverna, Cz) il libro “Dal mare felice” (Academ editore) dedicato agli incanti del medio Ionio catanzarese
di Roberto Messina
Meraviglia, emozione e soddisfazione, per la magnifica giornata trascorsa nella “nostra” Sila (Cotronei me genuit) con il “nostro” libro (per Academ editore) dedicato al “nostro” mare (una vita trascorsa nel “miglio blu” tra Copanello e Soverato).
Nel magico altopiano (dove, diciamocelo, resta ancora tutta da giocare la partita della sua valorizzazione\promozione, considerato l’immenso potenziale; mentre può essere considerata in parte avviata quella della sua tutela) accoglienza, ospitalità e cordialità oltre ogni aspettativa, in occasione della nuova presentazione (dopo quella di Stalettì) del volume “Dal mare felice. Incontri, racconti e testimonianze dallo Ionio catanzarese” (acquistabile su: https://www.academgroup.it/libri/dalmarefelice/) organizzata dall’Hotel Parco dei Pini (Villaggio Mancuso, comune di Taverna), la bella struttura diretta (Comunicazione e marketing) con rara gentilezza e professionalità da Fabio Rondinelli. Un esperto manager (e non solo, vantando nonostante la giovane età una multiforme e qualificata esperienza professionale in vari campi), aperto come pochi altri alle “ragioni” della cultura, dell’arte e dello spettacolo come momenti di crescita, ma anche di “benessere” individuale e collettivo, da offrire non rapsodicamente, ma “incluse nel prezzo”, alla clientela e al territorio.
Parlare di mare (e di Mediterraneo) in montagna? Un ossimoro? Una contraddizione? Tutt’altro, come ci ha fatto intendere lo storico Fernand Braudel, di cui è stata ricordata la celebre definizione del “Mare Nostrum” (quindi anche dello Ionio) quale “mare di montanari”: un mare, dunque, popolato non solo da marinari e marinai delle terre di basso (medi-terraneo, appunto, mare tra le terre), ma pure da quelli di “altura”. Uno spazio liquido sotto e accanto le rocce impervie e arcigne, le catene montuose più severe d’Europa, con le loro genti capaci di resistere, di piegarle, e di prosperare. Un continente aquatico vocato a unire, anziché a separare (come fa, invece, l’oceano), permettendo la navigazione sotto costa al riparo tra la miriade di golfi, insenature e anfratti, e spingendo all’incontro e allo scambio di civiltà. Oltre che ad abituare corpo e intelletto alla mobilità, alla pluralità, all’incertezza, al fato. E al coraggio di sfide, viaggi, perigli, scoperte…
Il Mediterraneo e lo Ionio sono in effetti dei canti corali. Dimensionati e calati nella complessità, nella polifonia e nella verticalità, proprio come una musica antica, leggibile a chiare note sul pentagramma. Costituiscono un universo curvo e “ondeggiante”, l’opposto di quello piatto schiacciato sullo schermo del nostro pc, e gravido di rotondità mitologiche, fertile e gonfio di storia. Custodito da un sole che acceca, ma che sa anche guidare. E dal vento che soffia a volte ipnotico e ammaliante, e altre che sorregge e sprona come un compagno di strada benefico e taumaturgo.
Lo Ionio è il mare di Omero, Odisseo, Ulisse, San Paolo, Pitagora, Annibale, Cassiodoro, Nosside, Zaleuco, Lilio. Giganti, leggende del sapere, con cui si devono fare ancora i “conti”, perché con loro sono di fatto nate e\o cresciute letteratura, poesia, filosofia, matematica, astronomia, zoologia, scienza, legge. Tutto questo, laddove, e quando, si è anche cominciato a “contare” e a “sentire” il tempo presente moderno con sottobraccio il calendario (poi detto “gregoriano”) dei giorni, mesi e anni cui siamo tutti abituati.
Mare e montagna. Ionio e Sila catanzaresi. La “grande bellezza” che stupisce e seduce tra natura e paesaggi-profili che incorniciano e rimettono al mondo, e al tempo stesso dal mondo del quotidiano riescono a togliere e allontanare con quel che serve per potersi abbandonare all’incanto, alla tranquillità, al silenzio, alla pace, al “respiro”. Ad una gioia che è alla fine semplice: quella del mare e dei monti, appunto, quella delle spiagge e dei boschi. Quella che se non dà veri e propri “insegnamenti”, riesce intanto a far scoprire le buone “energie” di cui abbiamo assoluto bisogno per ritemprarci, rasserenarci e poter continuare a sperare.
È nella spontaneità, nella naturalezza del “meridiano calabro”, che il tempo e l’abitare lo spazio trovano altro e giusto ritmo. Altra e soave armonia. Altra e buona logica. Fattori che si sostengono e alimentano con lo snodarsi e ri-velarsi di un luogo che è grande patrimonio di tutti e per tutti, e quindi cosa da tutelare e preservare, di cui andare orgogliosi e sentirsi fieri e fortunati.
Tra i tanti spunti di riflessione emersi nel corso dell’incontro, quello importantissimo del turismo “mare-monti”: altra incredibile opportunità “regalata” a piene mani a chi vive da queste parti, considerata la grandiosità territoriale primigenia e, ancora, la sua particolarità geologica mutevole che dal basso porta rapidamente ad altezze vertiginose, e su cui bisognerebbe “investire”, mentre poco o nulla è stato fatto finora, tranne molte parole, e comunque quel poco, fatto in maniera assolutamente insufficiente a poter generare vera e solida economia, sviluppo, cambiamento. A poter tracciare nuovi percorsi e nel contempo a estirpare “cattive abitudini” e “vizi” di forma e di sostanza inoculati e radicati nel tempo, a sanare “ferite” aperte e insufficienze strutturali e specifiche. Una cosa non più rinviabile per poter stipulare un nuovo contratto di “sana convivenza” tra luoghi di montagna e nuclei rivieraschi, utile a contrastare il disorientamento, la confusione, l’inettitudine pressoché generalizzate, che ammorbano da tempo lo scenario. Urgente sarebbe, infatti, la necessità di cambiare rotta, di poter condurre ben protetti da buone ragioni, buone regole e buone pratiche, sotto l’agognata, munifica e sublime “verità” di un cielo sfavillante rimesso in terra, e di un mare dalle profondità stregate spinto in alto tra mille colori.
Mare e terra, allora, come uno specchio riflesso. Una sincronia ontologica. Un legame inestricabile, forte della lezione “geografica” professata stavolta da Valery e Camus, che li vogliono giustamente contigui e interconnessi.
Un sincero grazie per quanto potuto “provare” in questa felice diuturna esperienza silana, allora, a Fabio Rondinelli, alla proprietà del Parco dei Pini, ai relatori (Vincenzo Fulvio Attisani, Filippo Capellupo, Sebastiano Tarantino), al moderatore (Massimo Brescia), e al davvero bel pubblico, numeroso, attento e partecipe, che ha assicurato il migliore e caloroso “abbraccio” che ci si potesse attendere.
Tanti nuovi incontri fatti nell’occasione, e poi anche il piacere e l’”orgoglio” di poter accogliere e salutare preziose conoscenze pregresse, tra cui: Carmela Bueti, Lidia Elia, Rosa Spina, Nicolina Mafalla con il figlio Gabriele (mamma e fratello di Carmelo, collega giornalista e editore con Academ), Gianni Laino, Pino Mancuso, Antonio Marrone, Saverio Migliaccio, Santino Pascuzzi, e “last but not least”, Nicola Cucci, tra le massime autorità locali nel suo ruolo importantissimo e fondamentale di Comandante del Reparto Carabinieri per la Biodiversità, di Catanzaro.
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