
25 Ott Alessandro Campi, il politologo, saggista e opinionista cresciuto a Catanzaro
Intervista esclusiva al professore da tempo trapiantato a Perugia, che mantiene stretti i rapporti e l’affetto con la sua città d’origine
L’abbiamo visto (e apprezzato) tante volte in tv come fine e acuto commentatore politico, ospite dei vari talk show, e in questi ultimi tempi di più, considerati i cambiamenti profondi che hanno investito la scena politica italiana, a partire dall’ascesa perentoria della destra di Giorgia Meloni.

Professore ordinario di Scienza politica e Relazioni internazionali all’Università degli Studi di Perugia, fondatore e direttore del periodico “Futuro Presente”, dal 2010 direttore del trimestrale “Rivista di Politica” (Rubbettino), già segretario generale della Fondazione “Ideazione”, attualmente direttore dell’Istituto di Politica e membro (insieme a Giuliano Amato, Giulio Tremonti, Luciano Violante e Gianni Letta) del Comitato di Presidenza dell’Associazione “Italiadecide”, editorialista dei quotidiani “Il Messaggero” e “Il Mattino”, autore di saggi e libri scientifici tradotti in molti Paesi (Usa, Argentina, Polonia, Ucraina, Spagna, Brasile e vario altro), ma autore anche di testi divulgativi come l’ultimo – e fortunato in libreria – “L’ombra lunga del fascismo” scritto con Sergio Rizzo per Solferino editore.
Un personaggio di indubbia caratura nazionale, che, non sono in molti a saperlo, è originario calabrese, essendo nato nel 1961 a Catanzaro, dove ha vissuto sino alla maturità liceale. Da tempo residente nel capoluogo umbro, ha ancora legami stretti con la terra e la città d’origine, dove vivono diversi suoi famigliari. Lo abbiamo intervistato per “Calabria Mundi”.


talkshow televisivi italiani
Prima domando d’obbligo al professore, corregionale e collega.… Cosa pensi in cuor tuo della Calabria e dei calabresi?
Penso alla Calabria con tristezza per le difficoltà economiche in cui versa e per lo stato di paralisi sociale in cui si trova, anche se per fortuna non mancano fermenti ed eccezioni. Penso ai calabresi con affetto, ma spesso con rabbia: mi chiedo come possano sopportare certi soprusi senza reagire: mi riferisco alla criminalità organizzata, ma anche ad una classe politica che ha devastato il territorio e vissuto di clientele per decenni. Ma ci sono le eccezioni Ogni tanto si sente di giovani che avviano attività imprenditoriale sfidando un ambiente ostile. Sono loro, nonostante tutto, la speranza della Calabria.
Esiste, secondo te, un’identità, una peculiarità calabrese?
Direi il carattere ombroso e fiero. E una certa scontrosità nei rapporti personali, compensata però da una grande generosità.
E dei calabro-umbri? Diversi di loro “contano”, ricoprendo posizioni di prestigio.
In Umbria, a Perugia in particolare, esiste una comunità calabrese molto forte, ben inserita nel mondo professionale, soprattutto in campo medico. Esistono anche un paio di associazioni che organizzano raduni e cene tipiche. Ho rapporti con molti calabresi ormai stabilmente trapiantati in questa parte d’Italia. Ma confesso che le associazioni a sfondo “etnico” non mi piacciono e dunque non le frequento.
Cosa pensi della celebre riflessione di Corrado Alvaro sulla Calabria “in perenne fuga da sé stessa?”: cioè eternamente incapace di guardare alle proprie possibilità e alle proprie vocazioni?
Mi sembra un’immagine calzante. Direi, per completare il pensiero di Alvaro, che i calabresi sono in fuga da loro stessi anche perché costretti dalle circostanze: ancora oggi, moltissimi giovani debbono lasciare la loro terra se vogliono trovare un’occasione di lavoro e far valere il loro talento.

In cosa ti senti calabrese? E in cosa no?
Lo stereotipo vuole i calabresi possessivi e gelosi, e io non lo sono. Mi sento calabrese, sarà banale dirlo, soprattutto nelle abitudini alimentari, che mia moglie trova insopportabili.
Cosa manca invece a Perugia, e cosa trovi solamente a Perugia?
Perugia è una tranquilla città provincia, un po’ chiusa e sonnolenta, ma ha un tenore di vita invidiabile, come del resto tutta l’Umbria. C’è una dolcezza nei paesaggi e nei borghi di questa regione, che in effetti non ha eguali nel resto d’Italia.
Veniamo a Catanzaro. La tua infanzia, la tua gioventù. Ricordi, rimpianti…
Ricordi tanti, ovviamente: le estati trascorse a Copanello, i lunghi pomeriggi a giocare per strada (oggi sarebbe impossibile), le passeggiate a Villa Trieste. Il rimpianto, ovviamente, è essere dovuto partire dopo il diploma, per poter continuare gli studi all’Università.
Gli amici di Catanzaro che ti mancano…
Molti, e molto. Ma per fortuna ho mantenuto contatti con molti di loro: sia benedetto Facebook!
Calabresi cui ti senti particolarmente legato, e calabresi che sono stati fondamentali per la tua vita e la tua carriera.
Gennaro Marullo è un nome che dice poco: era il mio professore di filosofia al liceo, al quale debbo le mie prime letture importanti. Non l’ho mai dimenticato. Quanto alla carriera, l’ho svolta interamente fuori dalla Calabria.


Secondo te, alla Calabria mancano le idee? Cosa suggerisci?
Non mancano le idee, ma le occasioni e gli strumenti per realizzarle. Il contesto purtroppo non aiuta. Aprire un’impresa o un’attività commerciale è difficile nel resto d’Italia, immaginiamo in Calabria. Il mio suggerimento, purtroppo, è quello che ho sperimentato sulla mia pelle: fare fagotto e andare altrove, magari per poi ritornare, anche se non accade quasi mai.
Progetti dell’Istituto di Politica per la nostra regione?
L’Istituto è nato da poco, ma contiamo di organizzare presto convegni e seminari anche in Calabria, sfruttando i nostri referenti presso l’Università di Arcavacata.
Hai pubblicato diversi lavori con Rubbettino. E anche la “Rivista di Politica”: non una “rivista politica”, ma appunto “di” politica. Com’è il rapporto con la casa editrice, e con quale ambizione è partita questa rivista?
L’editore Rubbettino è appunto la dimostrazione che con tenacia e intelligenza anche in Calabria possono nascere iniziative importanti, di livello nazionale. Il rapporto con Florindo Rubbettino è ottimo: ha accettato di pubblicare la “Rivista di Politica” nella convinzione che potesse diventare un punto di aggregazione per studiosi e ricercatori soprattutto giovani. La scommessa è stata vinta: il trimestrale è ormai uno dei più affermati e autorevoli a livello nazionale nel campo degli studi politici
La politica degli ultimi anni: troppo autoreferenziale, retorica e propagandistica?
Tutte queste cose insieme, purtroppo. Manca attenzione ai bisogni reali delle persone.

scritto con Sergio Rizzo
Cosa invece gradirebbe l’Istituto di Politica, qual è alla fine la sua proposta di politica?
Più che proposte facciamo analisi e ricerche in modo indipendente. Di sicuro crediamo, sul piano della proposta, che vada cambiato il linguaggio: quello della politica attuale è volgare e spesso sguaiato e tiene lontani i cittadini da ogni forma di partecipazione.
Cultura e politica. Un binomio ancora possibile? Ancora necessario?
Senza una base ideale, la politica è povera e priva di orizzonti. L’immaginazione politica è fondamentale per l’azione politica. Una politica senza idee, si risolve in pragmatismo e, in prospettiva, in affarismo. Non ho mai creduto alla “politica del fare”: le passioni e gli ideali sono altrettanto necessari. La politica non è soltanto amministrazione.
Non è che, effettivamente, questo rapporto per tempo vitale e fecondo, si è risolto in un distacco irrecuperabile e definitivo?
Da quando sono entrati in crisi i partiti di massa, non ci sono più luoghi di riflessione ed elaborazione.
Tu scrivi che questo declino potrebbe essere addirittura salutare…
È salutare essersi liberati da partiti che erano delle gabbie ideologiche e organizzative. Ma con l’acqua sporca della militanza, abbiamo buttato anche il bambino delle passioni ideali.
Nel tuo recente libro “Trasformazioni della politica”, pubblicato proprio da Rubbettino, scrivi anche che siamo in un’età post-ideologica.
Esatto, ed è un bene: l’ideologia è il contrario del pensiero, purché non ci si riduca, come oggi, ad una politica come pura tecnica del potere, peraltro a beneficio di pochi.
Come uscire dal guado italiano? Come uscire, invece, dal guado calabrese?
La ricetta è la stessa per il livello nazionale e locale: dobbiamo ritrovare le ragioni ideali del nostro stare insieme, quelle che una volta si chiamavano la missione comune di una società organizzata.
Il Presidenzialismo, il Premierato. Proposte vere o suggestioni?
Parliamo di riforme costituzionali da decenni. Quante volte si è detto di rafforzare i poteri dell’esecutivo per rendere più celeri i processi decisionali. La verità è che siamo ancora una democrazia parlamentare che funziona sempre peggio. Il governo Meloni ha in animo di lavorare ad una modifica costituzionale di stampi presidenzialista. Vedremo…
Il lavoro nell’Università, cosa ti piace di più e cosa meno?
Il rapporto con gli studenti è spesso gratificante, anche se la preparazione delle ultime generazioni lascia molto a desiderare. Il limite maggiore è l’autoreferenzialità del mondo universitario, il fatto che i docenti debbano perdere ore e giornate a occuparsi di incombenze amministrative, e l’eccesso di competizione che spesso esiste tra colleghi.
Sei un volto noto tra i politologi e gli opinionisti televisivi. Ti fa piacere? Ti infastidisce? Qualche aneddoto a riguardo?
Talvolta mi capita di essere riconosciuto per strada: fa sempre piacere, anche se la popolarità televisiva, per chi fa il mio mestiere, non va presa troppo sul serio, essendo per definizione effimera. Basta non comparire in video per qualche settimana e la gente si dimentica di te. La cosa curiosa è che spesso mi fanno i complimenti per essere intervenuto a trasmissioni dove in realtà non sono mai stato. Ma la cosa che più spesso mi sento dire è: “ti ho visto in televisione”. Non “ti ho sentito”. Non conta quello che dici, di cui nessuno si ricorda, conta il fatto di essere dentro quello scatolone. Questo la dice lunga sul perché quello televisivo sia in fondo un mondo effimero, se non fosse per la soddisfazione che ne viene alla vanità.
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