30 Ago Alarico: quella tomba e quel tesoro nel Busento…
Dal libro di Amerigo Giuseppe Rota (Rossini Editore) importanti rivelazioni sulla sepoltura in Calabria del re dei Visigoti e le prospettive di un’adeguata valorizzazione del sito
di Anna Maria Ventura
Il libro “Alarico. Barbaro, cittadino romano e cristiano …E il rovesciamento dei topoi anti-barbarici” di Amerigo Giuseppe Rota (Rossini Editore) è di un interesse non comune. Dei tanti che ci passano fra le mani senza lasciare traccia, questo volume ci trascina invece in mondi che potrebbero sembrare apparentemente distanti e aridi, quello della Storia e dell’Archeologia, resi però accattivanti da una scrittura coinvolgente, che rende la lettura strumento di conoscenza e di interpretazione critica dei fatti.
L’autore, geologo e dipendente pubblico, appassionato cultore e ricercatore di fonti e documenti storici, reinterpreta alla luce di una visione della Storia intesa come magistra vitae, eventi drammatici della realtà di oggi. Perciò, avvincente come un romanzo, il libro è come una sorta di macchina del tempo che ci porta indietro, con una scrittura chiara, di chi ama quello di cui racconta e che perciò riesce a passare, filtrare, e contagiare. Troviamo connessioni tra ciò che capita negli anni descritti di Roma, e momenti più vicini a noi, portando avanti parallelismi che rendono i concetti ancora più fruibili, e con ciò il messaggio che ogni evento non capiti improvvisamente, ma che sia la somma di più cause, arriva limpido. L’opera si allunga dal IV al V secolo d. C.. raccontando il declino e il collasso della società romana, tra debolezza e confusione, ma anche con tanta linfa.
Protagonista del volume è Alarico, re dei Visigoti dal 395 d. C. alla morte. L’autore del celebre saccheggio di Roma del 410 d. C. si sposta a sud, imbarcandosi per l’Africa, ma la morte lo coglie, all’apice del successo, a Cosenza. Secondo Giordane, qui viene sepolto insieme ai suoi tesori, nel letto del fiume Busento, fatto temporaneamente deviare. E se vero è il racconto, lì il corpo del re rimane ancora oggi.
L’autore, nel compiere il suo percorso storico, rovescia molti luoghi comuni, a cominciare da quello generale che pensa agli ultimi decenni dell’lmpero romano con automaticamente in mente orde barbariche che varcano il Limes e spazzano via città e villaggi… E invece le cronache narrano di tanti cosiddetti barbari che già vivevano al di qua dei confini imperiali, e spesso lavoravano e militavano per Roma. Da tempo gli studiosi non parlano più di “invasioni barbariche”, ma fondamentalmente di un fenomeno di immigrazione di massa (specie secondo gli storici tedeschi) simile a quello che vede anche oggi dall’Africa venire verso l’Europa, con la moltitudine di persone che disperatamente tenta di sfuggire da fame, guerre, carestie.
Tornando ad Alarico, nel testo di Rota si riportano puntuali notizie storiche relative a preziosi reperti e gioielli sicuramente depredati da Roma (410 d. C.) dai Visigoti, alcuni dei quali molto probabilmente sistemati proprio nella tomba del sovrano. Vista la fede cristiana del nobile goto, oggetti preziosi potrebbero essere stati deposti nella sua tomba, come la menorah, il candelabro a sette bracci degli israeliti, depredato da Tito in Gerusalemme (nel Tempio di Salomone) nel 70 d. C., quale elemento di spicco del favoloso corredo funebre che ha reso ancor piu leggendaria la sua memoria, avvolta da una misteriosa aurea.
Da esperto geologo, Rota accenna alla ricerca geo-archeologica cui da anni sta partecipando, e riporta di un sito (mai indicato in passato) tra i dieci individuati, che potrebbe effettivamente ospitare la tomba segreta dei Visigoti in quanto collimante in modo davvero sorprendente con il sito di sepoltura descritto da Jordanes nella Getica (550 d. C. circa), la principale, se non unica, fonte storica relativa a questo evento.
Importanti, potrebbero essere, ovviamente, le ricadute economiche per Cosenza e la Calabria derivanti da un’opportuna identificazione e valutazione della sepoltura di Alarico. A tal proposito, Rota scrive: “ritengo che la società civile e le istituzioni calabresi farebbero bene ad attivare un’oculata promozione a riguardo, oltre ad avviare opportunamente la ricerca della tomba che secondo le fonti storiche sarebbe dunque ubicata proprio nei pressi della città bruzia. L’importanza del personaggio e la forte attrattiva che lo stesso esercita su una moltitudine di persone, sono di tutta evidenza”.
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